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Crotone: tanta indignazione per questa ennesima strage di Stato

Diverse organizzazioni chiedono che si apra un'inchiesta e di fermare l'ipocrisia: serve un cambio delle politiche sull'immigrazione

Sono tante le voci di sdegno e di cordoglio per le vittime e le famiglie che hanno perso i loro cari di fronte all’ennesimo naufragio che per molte organizzazioni rappresenta una tragedia annunciata. A Steccato di Cutro, provincia di Crotone, le salme aumentano di ora in ora, si temono oltre 100 morti.

Se il primo pensiero, per tutte loro, è giustamente per le persone naufragate – che sono partite da luoghi martoriati (Pakistan, Afghanistan, Iran, Siria) per cercare in Europa una vita migliore – e di vicinanza per i sopravvissuti, è anche importante che si inizino ad accertare le reali dinamiche e individuare gli eventuali soggetti responsabili del mancato intervento di soccorso di domenica scorsa, e nel contempo che si faccia chiarezza sulle responsabilità politiche per cui il Mediterraneo è diventato in questi anni un cimitero.

«Questa ennesima tragedia ci riempie di dolore, ma non ci impedirà, in nome di queste vittime e di tutte le vittime, di indagare e di interrogare», scrive Mediterranea Saving Humans che accusa il governo «con i cadaveri ancora distesi sulle spiagge calabresi», di insistere con la campagna elettorale.

Il ministro degli Interni Piantedosi ha infatti affermato che la soluzione alle morti in mare sarebbe quella di “bloccare le partenze“, mentre la Presidente del Consiglio Meloni ha parlato di “responsabilità dei trafficanti“.

«Ma le uniche partenze finora bloccate dal governo – contesta Mediterranea – sono quelle delle navi di soccorso civile. Le uniche alternative del governo per migliaia di donne uomini e bambinǝ, dovrebbero essere o la morte in mare o i campi di detenzione in Libia, in Turchia o da qualche altra parte. E il traffico illegale esiste solo perché non vi sono canali d’ingresso legali in Europa. In ogni caso il governo dimentica di dire che la tragedia umanitaria che ha trasformato il Mediterraneo in una grande fossa comune, non è iniziata oggi. Sa benissimo, Meloni, che senza alternative sicure, i trafficanti continueranno a proliferare e a fare i loro affari. Ma la “difesa dei sacri confini della Patria”, questa sporca propaganda che continua a inquinare qualsiasi dibattito sulle migrazioni, ha bisogno del suo tributo di sangue innocente».

Medici per i Diritti Umani ricorda che «sono passati quasi 10 anni dal 3 ottobre 2013, quando un barcone libico utilizzato per il trasporto di migranti naufragò a poche miglia da Lampedusa provocando la morte di 368 persone. Nel frattempo oltre 20mila persone hanno perso la vita sulla rotta del Mediterraneo centrale. Questa tragedia era ampiamente prevedibile ed altre certamente ne seguiranno se non cambia completamente l’approccio europeo alle politiche dei flussi migratori dall’Africa e dall’Asia».

Anche per MEDU «appaiono inaccettabili le prime dichiarazioni del governo italiano il quale, lungi dal riconoscere qualsiasi tipo di corresponsabilità, si limita a lanciare invettive contro trafficanti e scafisti e a ribadire la necessità di bloccare le partenze dei migranti “esigendo il massimo della collaborazione agli Stati di partenza e di provenienza”». L’Ong afferma poi che non appaiono accettabili nemmeno le dichiarazioni di queste ore dell’Unione europea, la quale attraverso la voce della commissaria Von der Leyen invita “a raddoppiare gli sforzi” nell’implementare l’attuale politica migratoria europea di chiusura ed esternalizzazione delle frontiere. «Se le istituzioni nazionali ed europee al di là delle dichiarazioni di circostanza, intendono realmente prevenire la prossima strage nel Mediterraneo non resta che attuare una radicale revisione della politica di gestione dei flussi migratori dell’ultimo decennio».

Dello stesso avviso, l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione la quale chiede di «fermare l’ipocrisia di fingere che il motivo principale delle tragedie nel mar Mediterraneo non sia nelle politiche di chiusura delle frontiere e di esternalizzazione dei confini e del diritto di asilo, ma nei trafficanti di uomini e donne; così volutamente si confondono cause ed effetti anche di quest’ultima strage perché è evidente che il traffico di esseri umani è la conseguenza della impossibilità di esercitare la libertà di movimento delle persone».

Mediterranea pone poi alcune domande direttamente al governo italiano considerato che da almeno tre anni la rotta verso le coste calabresi è una delle più battute e che nel corso del 2022 sono approdate in Calabria oltre 18.000 persone.
«Sono state dotate la nostra Guardia Costiera e la Guardia di Finanza che operano in quest’area di mezzi e uomini adeguati a tutelare la vita delle persone in arrivo? Che cosa si aspetta ancora a mettere in mare qui, così come nel Mediterraneo Centrale, una nuova straordinaria missione istituzionale, italiana ed europea, di ricerca e soccorso? E, più nello specifico del naufragio della scorsa notte, quando è arrivata notizia alle Autorità competenti di questa imbarcazione in pericolo a qualche decina di miglia dalle coste italiane? Oltre a osservare dall’alto con il velivolo EAGLE1 che ha sorvolato il barcone alle 22.30 circa di ieri, quali misure ha adottato l’Agenzia europea Frontex, che è presente in zona anche con un pattugliatore della polizia di frontiera della Romania? Dove si trovava ieri notte questa motovedetta contrassegnata dalla sigla MAI, che risultava operare nei giorni scorsi tra il porto di Crotone e Roccella Ionica? Sono state adottate tempestivamente tutte le misure necessarie a soccorrere le persone che erano in pericolo di vita in un mare dove le condizioni meteorologiche stavano rapidamente deteriorandosi?».

Le organizzazioni non si limitano solo a contrastare la narrazione e le dichiarazioni del governo, ma indicano proposte concrete per prevenire ulteriori morti.

Nell’immediato MEDU chiede al governo italiano e all’Unione europea di «farsi carico dell’attivazione di una vasta e credibile operazione di ricerca e soccorso in mare, una Mare Nostrum europea che possa presidiare le aree più critiche del Mediterraneo e prevenire ulteriori tragici naufragi».

Mediterranea chiede con «ancora più forza che siano aperti canali legali e sicuri d’ingresso in Europa, che i campi di detenzione in Turchia come in Libia siano evacuati, che l’Italia e l’Europa mettano in mare un’adeguata missione di soccorso istituzionale, che le navi della Flotta civile siano messe in condizione di operare senza ostacoli e criminalizzazione».

Asgi ribadisce la necessità che «si adottino politiche credibili volte a garantire l’ingresso sicuro delle persone straniere in Italia, specie se richiedenti asilo, attraverso la modifica della legislazione italiana in materia di migrazione. E’ urgente prevedere al più presto nuove norme che consentano a chiunque ne abbia la necessità e i requisiti un ingresso regolare e sicuro in Italia mediante procedure semplici e veloci di rilascio di visti d’ingresso per richiesta di asilo o per ricerca di lavoro».

Redazione

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