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Proteste al CPR di Torino: «Condizioni ignobili e abusi della polizia sulle persone trattenute»

Abusi giornalieri dietro le mura dei centri di detenzione

Photo credit: LasciateCIEntrare (Il CPR di Corso Brunelleschi a Torino)

Nella serata di sabato 4 febbraio è scoppiata una rivolta all’interno del CPR di corso Brunelleschi a Torino duramente sedata con l’intervento della polizia in assetto antisommossa e l’uso di gas lacrimogeni. Sono state tre le aree coinvolte e nelle mense è partito un incendio. Le proteste si sono ripetute anche domenica 5 febbraio. Ci sono stati dei feriti, alcuni dei quali non sono stati soccorsi adeguatamente, altri portati in ospedale, di cui però non si conoscono le condizioni.

L’assemblea No Cpr di Torino ha scritto in un comunicato che «la protesta è partita per via delle orrende condizioni di detenzione e delle forme di tortura che l’ente gestore ORS Italia, con il sostegno della questura, attuano giornalmente. Da dentro ci raccontano che il cibo è avariato e contiene psicofarmaci, le celle sono fredde, manca acqua calda e le sezioni sono piene di spazzatura. Ci raccontano di una stanza adibita ai pestaggi».

Testimonianze che trovano conferma di quali siano le condizioni in cui versano i centri di detenzione in Italia in diversi rapporti usciti nell’ultimo periodo, come il report-denuncia “Delle pene senza delitti – anno dopo” sul CPR di Milano realizzato dalla rete Mai più lager – NO ai CPR, o il libro collettaneo “Dietro le Mura” a cura della campagna LasciateCIEntrare, e che nelle ultime settimane sono per la prima volta apparse in prima serata grazie ai servizi di Striscia La Notizia, in cui emergono riassunti i soprusi e gli abusi che i detenuti subiscono.

Ma le proteste di Torino ci dicono anche che la situazione nel centro di detenzione di corso Brunelleschi non è per nulla migliorata nonostante la chiusura a settembre 2021 dell’“ospedaletto”, ossia l’area di “isolamento” 1 dove il 23 maggio 2021 si era suicidato Moussa Balde abbandonato in quel buco nero dopo aver subito un brutale pestaggio a Ventimiglia, e l’8 luglio 2019 venne trovato morto un altro ragazzo, Hossain Faisal, bengalese di 32 anni, vittima di violenza all’interno dello stesso centro e posto in isolamento punitivo per 22 giorni, senza possibilità di chiedere aiuto visto che i campanelli di allarme vicino ai letti non erano funzionanti.

Le carenze interne al CPR non sono evidentemente legate solo a queste gabbie di isolamento o ad altri problemi. E’ proprio fallita, se mai avesse rappresentato dal punto di vista etico una alternativa praticabile, qualsiasi via riformista che indicava la possibilità di “umanizzare” i CPR e “renderli dei luoghi idonei” al trattenimento di persone che non hanno commesso alcun reato se non un illecito amministrativo e che potrebbe essere perfino sanabile. Nessun governo ha mai realmente messo in discussione l’istituzione CPR. Infatti, le modifiche legislative hanno sempre riguardato il periodo massimo di trattenimento o questioni di “contorno”, che hanno avuto un impatto relativo sulle condizioni del trattenimento. Addirittura il decreto Lamorgese del 2020 ha esteso le possibilità di procedere all’arresto di coloro che sono accusati di violenza e danneggiamento alle cose, rendendo possibile l’arresto da parte della polizia anche non in flagranza di reato. Secondo l’avv. Gianluca Vitale di Torino «la ragione e la finalità sono evidenti: si è inteso colpire e reprimere i migranti che prendono parte alle frequenti proteste contro le condizioni di vita dentro i Cpr e per la libertà, con ulteriore erosione dei diritti dei migranti trattenuti”2.

Per non lasciare solo chi è dentro – riporta Radio Onda d’Urto che ha intervistato Olivia, una solidale torinese – «nel tardo pomeriggio di domenica 5 un gruppo di solidali si è trovato nel prato di Corso Brunelleschi dando vita a un presidio mobile in solidarietà con i reclusi. Durante questo momento alcune persone sono salite sul tetto dell’area bianca al grido di libertà. Le battiture si sono alternate alle urla di protesta. Numerosi fuochi sono stati accesi costringendo i vigili del fuoco ad entrare nella struttura».

E a distanza di poche ore dalle rivolte di Torino, all’alba di lunedì mattina altri trattenuti, questa volta del CPR di via Corelli a Milano, hanno protestato dando fuoco a diversi materassi per le ignobili condizioni di detenzione. «Altri – scrive la rete Mai più lager No ai CPR – si sarebbero uniti con disperati gesti di autolesionismo e alcune persone sono state portate in ospedale».

Il malfunzionamento dei CPR non è perciò legato a qualche lacuna, a qualche prassi illegittima o a qualche eccesso da parte di un singolo ente gestore, ma è complessivo e strutturale. E’ l’istituzione stessa della privazione della libertà per un reato amministrativo che deve essere totalmente messa in discussione, fino a decretare la definitiva chiusura dei CPR.

  1. L’ “ospedaletto” è una serie di cellette da due posti (laddove normalmente le celle sono da sette posti) collocate in una struttura “a batteria”, come un pollaio; dove ognuna di queste cellette ha davanti un minuscolo cortiletto per “fare l’aria”, come in carcere, ma stretto fra dei muri e con le sbarre anche in alto, a coprire la vista libera del cielo. Cfr. Dietro le mura, LasciateCIEntrare
  2. Cfr. Dietro le mura, LasciateCIEntrare.

Redazione

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