Si è svolto a Roma, dal 19 al 21 ottobre 2022, il XVI Congresso nazionale della “Società Italiana di Medicina delle Migrazioni” (S.I.M.M.) dal titolo “La SIMM: 30 anni + le epidemie. Nuove disuguaglianze, nuove sfide” che ha celebrato i 30 anni della Società Scientifica con un biennio di ritardo a causa della pandemia da COVID-19.
La S.I.M.M. scrive nel preambolo delle raccomandazioni finali che il congresso è diventato per questo occasione di riflessione su ciò che la pandemia ha insegnato in termini di equità nella salute e nell’accesso ai servizi sanitari. «Il Congresso – spiega – si è svolto inoltre nel pieno di una guerra europea che è, tra le altre, causa di migrazione forzata e che interroga il sistema di welfare italiano nel riuscire a dare risposte adeguate, utilizzando questa esperienza per garantire diritti spesso non estesi a tutte le persone immigrate. Proprio nei giorni di svolgimento del Congresso, inoltre, è cambiato l’assetto governativo con possibili implicazioni sulle politiche future di accoglienza e protezione dei migranti».
Nel marzo 2022, la SIMM era stata un’attrice fondamentale nella stesura della Dichiarazione di Erice su “La Salute dei Migranti. Una sfida di equità per il sistema sanitario pubblico” (2 aprile 2022)”. Molte delle raccomandazioni non esplicitate nel testo finale del congresso trovano spazio in quel documento.
Cosa l’epidemia ci ha insegnato sulle diseguaglianze
Dal punto di vista epidemiologico, la pandemia da COVID-19 ha amplificato le disuguaglianze pre-esistenti, confermando – anche alla luce delle ricerche presentate durante il Congresso – l’impatto dei cosiddetti ‘determinanti sociali’ o ‘strutturali’ sulla salute, sull’accesso ai servizi e sull’assistenza sanitaria, a causa del ‘gradiente sociale’ in grado di sfavorire, insieme ad altri gruppi socialmente vulnerabili, anche migranti, richiedenti protezione internazionale (RPI), rifugiati e minoranze etniche.
Sul piano operativo, la pandemia ci ha insegnato che sospendere le attività ordinarie per far fronte solo all’emergenza può essere inevitabile all’inizio, ma pericoloso nel lungo termine, in quanto esclude la risposta ad altri bisogni assistenziali di natura strutturale (compresa la necessaria prevenzione ed il follow-up delle patologie cronico-degenerative e la tutela della salute mentale).
Sulla base delle oggettive difficoltà che, ancor più durante la pandemia, sono state vissute da una rilevante parte di migranti, RPI, rifugiati e minoranze etniche nell’accedere a servizi e prestazioni indispensabili, riteniamo necessario ribaltare il concetto di ‘hard to reach’: invece di considerare “difficili da raggiungere” i destinatari socialmente emarginati è piuttosto da considerare tale, purtroppo, il Sistema Sanitario Nazionale.
Raccomandazioni di carattere generale:
- raccogliere dati di salute/assistenza disaggregati per comunità immigrate/’etnie’ /genere, in modo da consentire analisi specifiche e definire adeguati interventi coerenti ai bisogni rilevati;
- monitorare – in particolare attraverso l’utilizzo dell’Health Equity Audit – l’effetto degli interventi in termini di effettiva capacità di contrasto delle disuguaglianze nella salute e nell’assistenza a carico di migranti, RPI, rifugiati, minoranze etniche e soggetti fragili (ad esempio i senza dimora);
- garantire percorsi di formazione continua in senso transculturale e con un approccio di genere di tutte/i le/gli operatori che operano nei servizi, in particolare in quelli a bassa soglia, quelli dedicati al percorso nascita, all’attuazione della L.194/78, ai programmi di screening, nei centri antiviolenza, nei centri di accoglienza per RPI;
- promuovere interventi di formazione rivolti sia a professionisti sia a studenti universitari, favorendo partnership con associazioni di studenti e università, e coinvolgendo in progetti di tutela e promozione della salute dei migranti.
- rafforzare la capacità di governance istituzionale, con particolare riferimento al Ministero della Salute, per favorire un coordinamento regionale delle politiche relative a salute e migrazione, superando le disomogeneità presenti sul territorio nazionale, rilevate dal monitoraggio svolto dalla SIMM attraverso l’utilizzo di 13 indicatori specifici;
- promuovere l’arrivo e l’ingresso legale e sicuro dei migranti (ad es. tramite corridoi umanitari e agevoli flussi per i migranti economici);
- prendersi cura delle reti locali mantenendole ricche e vitali attraverso il dialogo fra i GrIS, le diverse anime presenti nei territori e il livello centrale della SIMM, in modo da legittimarne la presenza nei territori stessi.
Raccomandazioni relative a gruppi specifici:
Minori
I trend demografici in atto necessitano di politiche che favoriscano la natalità, anche tra la componente straniera oggi presente strutturalmente in Italia; obiettivo primario essendo sempre il supremo interesse del minore e creando reti istituzionali tra i servizi del Sistema Sanitario, gli enti locali, il Terzo Settore e le comunità con background migratorio che abitano i territori.
Preminente appare:
- la riforma della legge sulla cittadinanza che permetta ai nati da famiglie straniere e che abbiano concluso un ciclo primario di scuola in Italia (Ius culturae) di sentirsi italiani a tutti gli effetti;
- l’innalzamento del livello di istruzione dei minori stranieri, con particolare attenzione a quello delle bambine, promuovendo l’uguaglianza di genere, arma efficace per la prevenzione di varie forme di violenza familiare e sociale (es. mutilazioni genitali femminili, matrimoni precoci e forzati);
- promuovere l’educazione sanitaria tra le famiglie e le comunità etniche in tutte le fasi del percorso nascita e nelle occasioni di accesso ai servizi di tutela della salute dei minori allo scopo di intercettare situazioni a rischio, informare sui percorsi sicuri di presa in carico.
A questo proposito si raccomanda in particolare:
- il diritto alla registrazione di nascita per ogni bambino nato in Italia, indipendentemente dal possesso del permesso di soggiorno dei genitori, modificando il comma 2 dell’articolo 6 del decreto legislativo 286/1998;
- l’adozione di direttive nazionali chiare per le famiglie che volessero ricorrere alla Circoncisione Rituale Maschile (CRM) garantita nell’ambito del SSN, in base al principio di riduzione del danno, che porti all’adozione di percorsi assistenziali omogenei che ne garantiscano la pratica in sicurezza e con oneri sostenibili da parte delle famiglie (vedi position paper Simm).
Gruppo salute donne
- L’ accesso delle donne ai servizi sanitari che si occupano della salute riproduttiva è facilitato dalla figura della mediatrice linguistica culturale la cui formazione dev’essere omogenea per quanto riguarda modalità di utilizzo, ruolo nella relazione terapeutica con la paziente straniera;
- Va promossa la formazione dei professionisti sugli indicatori clinici di violenza sia sessuale che domestica, con particolare riferimento al loro riconoscimento nelle donne/minori immigrati, e vanno definite linee guida specifiche per la loro presa in carico, dato che le linee guida attuali non ne tengono conto;
- Devono essere monitorati gli indicatori dell’accesso delle donne straniere ai servizi maternoinfantili e alla contraccezione, oltre che all’IVG sia chirurgica che farmacologica;
- È necessario che l’Osservatore Nazionale degli Screening (ONS) analizzi per cittadinanza i dati di quelli oncologici per monitorare quanto l’essere straniera influisca sull’adesione e sugli esiti. Va inoltre coinvolta nell’offerta degli screening anche la popolazione straniera non regolare, garantendone l’inserimento nei programmi attraverso i codici STP/ENI.
Salute mentale
- Abbassare la soglia d’accesso ai servizi territoriali, indipendentemente da domicilio o residenza, anche al fine di consentire trattamenti precoci prevenendo i ricoveri d’urgenza;
- organizzare in ogni DSM almeno una equipe dedicata, secondo quanto previsto dalle linee guida del Ministero della Salute, per la presa in carico adeguata chi ha subito violenza intenzionale;
- formare gli operatori alla psichiatria transculturale e garantire mediatori culturali nei servizi di salute mentale.
Richiedenti protezione internazionale e rifugiati
- I centri di accoglienza devono avere un rapporto utente/operatore sufficiente a poter cogliere i bisogni di salute sul nascere, e non solo quando la situazione è ormai emergenziale;
- garantire l’individuazione precoce dello stato di vulnerabilità, già nei centri di prima accoglienza cui far seguire la presa in carico in centri dedicati e con personale allo scopo formato.
Migranti privati della libertà (carcere e centri per il rimpatrio)
- l’approccio ai migranti privati della libertà deve essere multidisciplinare e improntato in senso transculturale, a partire dalla verifica delle condizioni dei luoghi di detenzione;
- va favorito l’empowerment dei soggetti coinvolti lasciando loro la possibilità di esprimere giudizi e feed-back sul sistema del quale fanno parte.