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Violenza e tortura: un elemento strutturale della società occidentale

Appunti sul volume «Migration and Torture in Today’s World» (Edizioni Ca' Foscari, 2023)

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La storia della tortura è una storia antichissima quanto quella dell’umanità. Nonostante la dominante convinzione secondo cui la tortura appartenga al passato oppure sia perpetrata solo in determinate parti del mondo, la tortura era e resta in realtà una pratica largamente diffusa nella società occidentale. E´ una tortura dal volto moderno, che si serve di tecniche e strumenti altrettanto moderni e sofisticati, ma non per questo meno disumani e crudeli.

L’ambito in cui oggigiorno la tortura trova la sua attuazione più subdola è quello delle migrazioni contemporanee. A parlare non sono soltanto le voci di chi l’ha subita in prima persona e i report delle organizzazioni internazionali, ma anche le innumerevoli condanne della Corte di Strasburgo agli Stati europei per violazione del divieto di tortura e di pene inumani o degradanti, che rivelano il carattere recidivo e strutturale di tale fenomeno.

«Migration and Torture in Today’s World» 1, un volume curato da Fabio Perocco, 2 per Edizioni Ca’ Foscari, mette in luce esattamente tale aspetto, soffermandosi proprio sul carattere strutturale e globale della tortura. Il volume contiene contributi di taglio storico, sociologico, socio-giuridico, antropologico e medico.

Come afferma Perocco nel suo saggio «Torture, Structural Violence and Migration» 3, la tortura coinvolge ogni area del mondo, e soprattutto, non è un evento isolato, bensì una pratica regolare, sistemica e innanzitutto pianificata. I campi di detenzione in Libia, i crimini della rotta balcanica, la violenza a cui sono sottoposti i migranti nel paese di origine, di transito e di arrivo, non sono un caso, ma il risultato di consapevoli scelte politiche, e soprattutto, il prodotto di un determinato sistema sociale.

La tortura a cui sono sottoposti i migranti non è soltanto un elemento intrinseco della società capitalistica occidentale, ma è al contempo propedeutica e necessaria per il mantenimento di tale sistema economico e politico. Siccome infatti il migrante risulta fondamentale per il sistema neoliberale in quanto forza lavoro da sfruttare a basso costo, è necessario che vengano create le condizioni che facilitino e normalizzino tale sfruttamento. La tortura dunque così come tutti gli atti lesivi della dignità umana, deumanizzando il migrante e riducendolo a un mero oggetto, svolge la funzione di renderlo docile e accondiscendente, dunque maggiormente sfruttabile nel mercato del lavoro. In tal senso, lo scopo della tortura non è soltanto quello di denigrare e “annientare” la persona migrante, ma soprattutto quello di svalutare la sua forza lavoro e quindi “normalizzare” il suo sfruttamento a livello sociale, propugnando l’idea secondo cui il migrante sia per sua natura meno degno di godere degli stessi diritti di cui dispone la maggior parte della società. In altre parole, dunque, generando e diffondendo razzismo.

Il legame tra tortura e razzismo è estremamente profondo. Come sottolinea Perocco, la tortura è la concretizzazione del razzismo sul corpo dei colonizzati e degli oppressi. Da sempre infatti la tortura è stata diretta solo ad un determinato gruppo di persone, quello che Gramsci definirebbe i subalterni. In tal senso l’uso della violenza razzista non è mai fine a stessa, ma è sempre strettamente connessa con l’egemonia economica, e soprattutto, non è mai diretta contro il migrante, in quanto singolo individuo, ma sempre in quanto soggetto collettivo. Citando Perocco:

«il razzismo è nato con e per il capitalismo».

L’esternalizzazione della violenza e il suo celamento sono caratteristiche peculiari delle democrazie occidentali. Le politiche securitarie, la criminalizzazione della migrazione, le pratiche selettive e restrittive nell’ambito migratorio sono la linfa vitale per le pratiche di tortura e di trattamenti inumani e degradanti. Lo scopo di tali politiche e di tali pratiche non è altro quello di incentivare e mantenere i rapporti ineguali di potere nella società, in poche parole di creare ripartizione: gli utili e gli inutili, i degni e gli indegni, i legali e gli illegali.

Dunque, soltanto l’annullamento di tali differenze, la creazione di rapporti sociali di uguaglianza su scala globale, il ripensamento radicale del nostro modo di stare al mondo potrà ribaltare tale paradigma e annullare la violenza perché non più necessaria.

«… bisogna farsi una nuova pelle, sviluppare un pensiero nuovo, tentare di costruire un uomo nuovo» 4.

  1. Scarica il volume, Edizioni Ca’ Foscari, Venezia, 2023, p. 39
  2. Docente di Sociologia delle Disuguaglianze presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia
  3. Scarica il saggio
  4. Fanon, F., Die Verdammten der Erde, Suhrkamp, 2021, p. 267

Liliya Chorna

Nata in Ucraina, cresciuta nel Sud Italia, da anni vivo in Germania, dove lavoro a diversi progetti nel campo della migrazione. Nel 2020 ho conseguito a Napoli la laurea in Comunicazione interculturale in area euro mediterranea con una tesi in Tutela internazionale dei migranti. Guardare alle migrazioni da diverse angolature, in particolare dalla prospettiva post coloniale, mi offre lo spazio per pensare e lavorare ad una collettività più giusta e solidale. Per me l'impossibile è reale.