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Idlib. Almeno una bambina e altri nove civili sono stati uccisi il 25 febbraio durante il bombardamento di dieci scuole, mentre continua l'ultima escalation del conflitto - Ph: Save the Children
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Aumentano le aree di conflitto nel mondo e il numero di bambini uccisi o mutilati

"Fermate la guerra contro i bambini": il rapporto di Save the Children

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«Pensavo che il cecchino mi avrebbe risparmiato. In fondo, avevo saltato la staccionata solo per andare a riprendere il pallone che era finito dall’altra parte. Di solito, spara raramente ai bambini. Ma questa volta l’ha fatto. Mi ha sparato alla gamba. Io non me n’ero nemmeno accorto. Ho capito che mi aveva sparato solo perché ho visto la carne che pendeva dalla mia gamba, il sangue che usciva» racconta Isaac, 14 anni dello Yemen. «Solo poche ore dopo il dolore divenne insopportabile. Non ho mai sentito niente di simile a questo dolore prima».

Souleymane viveva in un villaggio del Burkina Faso. E’ stato costretto a fuggire dalla sua casa improvvisamente, nel cuore della notte, quando uomini armati hanno attaccato il suo villaggio, picchiando suo padre. La sua famiglia è partita senza niente, viaggiando per tre giorni, dormendo al freddo pungente, fino a raggiungere un rifugio di fortuna. «Ancora oggi se qualcuno si avvicina alla nostra tenda Souleymane trema e urla di terrore», dice suo padre.

«Ero al fiume a nuotare con degli amici quando dei soldati ci ha portato nella foresta con la forza – ricorda Jean, un ragazzo che viveva nella provincia del Kivu, nella repubblica democratica del Congo -. Ci hanno picchiati, torturati per sette mesi e poi ci hanno insegnato ad uccidere, a fumare canapa e rapire le persone. Abbiamo sofferto molto».

Queste di Isaac, Souleymane, Jean sono solo alcune delle testimonianze raccolte da Save The Children nel suo settimo rapporto intitolato “Stop the war on children1, “Fermate la guerra contro i bambini“. Un rapporto che evidenzia una preoccupante tendenza non solo ad un aumento delle aree di conflitto ma anche al peggioramento delle condizioni dei bambini costretti a viverci.

Secondo il rapporto condotto sulla base delle ricerche del Peace Research Institute di Oslo, dell’Uppsala Conflict Data Program’s Georeferenced Event Dataset, incrociato con i dati demografici del Gridded Population of the World e delle Nazioni Unite, 449 milioni di bambine e bambini vivono in zone di conflitto.

Nell’ultimo anno, più di 8mila di loro sono stati uccisi o mutilati, per una media di 22 bambini al giorno.

I Paesi più colpiti sono Afghanistan, Somalia e Siria, guarda caso, si legge nel rapporto di Save The Children, le principali nazionalità di provenienza delle persone che hanno perso la vita nel naufragio di Steccato di Cutro (KR). Tanto per rispondere a quanti si chiedono perché un genitore accetti il rischio di mettere il proprio figlio in una barca scassata per attraversare il mare.

Il continente più colpito è l’Africa con 180 milioni di bambini costretti vivere in zone ad altro rischio. Percentualmente però è il Medio Oriente il territorio più pericoloso con una media di un bambino su tre minacciato dalle guerre.

Da sottolineare che i dati raccolti da Save The Children sono sicuramente sottostimati, in quanto l’aumento delle aree di guerra e l’inasprirsi dei conflitti in queste stesse aree, rende difficile, se non addirittura impossibile, raccogliere e verificare le informazioni.

“Rispetto agli anni precedenti – si legge nel rapporto -, dal 2019 al 2021 si è registrato un forte aumento del numero di casi di negazione dell’accesso umanitario”. In altre parole, agli operatori sanitari è stato precluso l’accesso alle zone di guerra col risultato di rendere impossibile, non solo di monitorare la situazione, ma anche di soccorrere i bambini colpiti.

Lo Yemen, l’Afghanistan e la Repubblica Democratica del Congo, si legge nel rapporto, sono in cima alla lista dei dieci Paesi in cui i bambini hanno pagato di più il costo della guerra. Seguono in ordine: Siria, Mali, Repubblica Centroafricana, Nigeria, Burkina Faso e Myanmar.

L’organizzazione non manca di sottolineare come la copertura mediatica data dai media occidentali alle tante guerre che ci sono nel mondo, sia assolutamente sproporzionata. Un esempio, è il conflitto in Ucraina che ha ricevuto una attenzione da parte dei media cinque volte superiore rispetto a quella data a sopracitati dieci paesi più colpiti dalle guerre messi assieme.

“Con le crescenti esigenze umanitarie a livello globale – conclude il rapporto -, la narrativa prevalente è stata che semplicemente non ci sono risorse sufficienti per rispondere a tutti i bisogni. Tuttavia, l’escalation della crisi ucraina e la risposta immediata ed efficace dei donatori hanno dimostrato che quando esiste una volontà politica e finanziaria collettiva, il sistema di aiuti può muoversi in modo efficace ed efficiente per garantire il sostegno ai bambini più bisognosi”.

Save The Children promuove infine una petizione per chiedere al Governo italiano di sostenere la campagna per applicare la giurisdizione universale e perseguire i crimini commessi contro un bambino in qualsiasi parte del mondo.

  1. Scarica il rapporto in inglese (clicca qui)

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.