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Mai Viste Prima. Bandiere per inusuali appartenenze

Dalla scuola di italiano al laboratorio artistico e sovversivo

Foto di Luca Chiaudano

Una bandiera è una striscia colorata di stoffa, in grado di suscitare senso di appartenenza. E se a unire le persone fosse la capacità di ridere senza motivo? Studentesse e studenti di italiano come lingua seconda hanno disegnato undici stendardi mai visti prima, rappresentativi di caratteristiche che hanno scoperto di avere in comune durante un laboratorio di arte partecipata, ideato dall’artista Noura Tafeche con Codici | Ricerca e Intervento capofila del progetto FAMI Milano L2, attivo dal 2019 al 2022.

«Il nome Codici Ricerca e Intervento – raccontano i responsabili del progetto – non indica soltanto la nostra organizzazione indipendente, ma spiega anche quello che facciamo e che vogliamo fare. Infatti il nostro obiettivo è approfondire fenomeni sociali, ma da una prospettiva particolare, non solo di ricerca – la ricerca fa parte del nostro nucleo – bensì in un’ottica di intervento all’interno di percorsi che hanno come obiettivo il cambiamento sociale. Questo avviene andando sempre a sostegno di organizzazioni che operano nel terzo settore. Il laboratorio Mai Viste Prima si è inserito quindi in un contesto specifico che è quello del progetto FAMI L2, che ha come protagonista la rete di scuole di italiano come lingua seconda (da qui L2) esistente a Milano. Il progetto è stato realizzato da 17 partner e 14 di questi erano scuole di italiano. Oltre al coordinamento delle attività di insegnamento dell’italiano, si è voluto approfondire che cosa significa imparare l’italiano, che non è soltanto imparare la grammatica o stare in classe, ma significa anche costruire mattone dopo mattone la propria identità in un paese nuovo. Quindi imparare l’italiano non vuol dire solo sapersi relazionare con la pubblica amministrazione, i servizi sanitari, la scuola ma significa anche trovare dei punti di contatto con delle persone che sono simili e al tempo stesso sono diverse».

In una prima fase il laboratorio ha stimolato il dialogo attraverso il gioco. Estraendo una carta da un mazzo creato ad hoc, studentesse e studenti hanno trovato domande come: «In quali luoghi ti senti davvero a casa?». Sahar, ad esempio, ha risposto che: «Gli amici sono la patria». Boury, Shirin e Ndiate hanno invece scoperto di condividere il sentimento della nostalgia per il proprio paese. Domanda dopo domanda, studentesse e studenti hanno capito di essere unite da innumerevoli passioni, avversioni ed esperienze. Dettagli, in apparenza frivoli, rivelatori di nuove, inusuali appartenenze.

«Un po’ la provocazione del laboratorio è stata quella di partire dall’elemento più istituzionale che c’è, più monolitico che c’è» spiega il team ideatore. «Per noi era la bandiera e volevamo andare oltre ad essa. Ci sono diverse domande alla base: quanto sono rappresentative le bandiere? quanto rappresentano le nostre caratteristiche? basta dire sono egiziano, sono italiano, sono tunisino per definire una persona? basta il suo genere o la sua età, basta il luogo dove è nato? Probabilmente no, quindi l’altro concetto da cui siamo partiti è proprio quello di celebrare la differenza, ma trovando nuovi punti di contatto più rappresentativi», sottolineano Cristina Cavallo e Andrea Rampini, responsabili del progetto insieme all’artista Noura Tafeche e Camilla Pin Montagnana.

In una seconda fase, Tafeche ha elaborato con studentesse e studenti gli stimoli raccolti, cercando dei tratti grafici che permettessero il passaggio dalla parola all’immagine. In alcuni casi gli schizzi sono stati disegnati dalle stesse persone partecipanti, mentre in altri casi sono il frutto di lunghe negoziazioni. Sono così nate le undici bandiere, consultabili e scaricabili sul sito web maivisteprima.org. Le opere in stoffa, cucite da Khady Faye Ep Ndiaye, a ottobre 2022 sono state esposte presso Triennale Milano e sono ora pronte per andare in giro per l’Italia. 

«Crediamo che la potenza del laboratorio sia costituita da vari elementi: il primo è quello di aver stimolato il dialogo tra gli studenti e le studentesse, che altrimenti non avrebbero avuto altro modo di relazionarsi tra loro se non all’interno delle classi di italiano, e di averli portarti alla scoperta di come la lingua italiana possa essere usata per scoprire ciò che ci piace fare, per condividere ciò che sappiamo fare, i ricordi o le nostalgie, ossia tutto ciò che poi è stato rappresentato nelle bandiere. Il secondo sono le unioni di competenze diverse: da un lato noi di Codici Ricerca e Intervento forniamo formazione, soprattutto formazione partecipata quindi il nostro modo di relazionarci alle due classi dove si è svolto il progetto è stato differente da quello delle insegnanti che hanno fornito un supporto fondamentale; dall’altro la presenza di un artista che ha poi interpretato il livello visivo con simboli, anche quelli condivisi e negoziati, disegnati sotto forma di schizzi e poi trasformati in un bozzetto che è stato poi portato alla sarta. Tante professionalità diverse che hanno portato alla creazione di 11 bandiere: sovversive e inusuali», affermano i referenti.

Il laboratorio “Mai Viste Prima. Bandiere per inusuali appartenenze” ha avuto quindi non solo la capacità di stimolare l’apprendimento della lingua italiana, ma anche la volontà di coinvolgere studentesse e studenti in iniziative culturali a cui solitamente non partecipano. Noura Tafeche ha avuto l’intuizione nel 2018, quando ha portato la bandiera della Terra che aveva appena finito di realizzare a una manifestazione:

«Durante il corteo molte persone, incuriosite da questo nuovo vessillo, mi hanno domandato a quale nazione appartenesse o che origine avesse».

Per Andrea Rampini, ricercatore di Codici Ricerca e Intervento: «Inventare nuove bandiere è un modo per ripensare i confini che all’apparenza dividono una persona dall’altra, prendendosene gioco. Le bandiere che conosciamo non sono in grado di cogliere l’incredibile complessità di ogni singola persona».

«Crediamo fortemente nella replicabilità, vorremmo esporre le bandiere non perché crediamo che siano appartenenze universali – forse lo sono – ma perché crediamo che si possano creare nuove appartenenze e nuove rappresentazioni, perché crediamo che quello che debba circolare è il messaggio insito in questo laboratorio», concludono i referenti del progetto.

Stefano Bleggi

Coordinatore di  Melting Pot Europa dal 2015.
Mi sono occupato per oltre 15 anni soprattutto di minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta e richiedenti asilo; sono un attivista, tra i fondatori di Libera La Parola, scuola di italiano e sportello di orientamento legale a Trento presso il Centro sociale Bruno, e sono membro dell'Assemblea antirazzista di Trento.
Per contatti: [email protected]