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Photo credit: Alessio Romenzi, rapporto Save the Children
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Minori stranieri non accompagnati: poche luci e molte ombre nel sistema di accoglienza italiano

Il nuovo rapporto di Save the Children: “Nascosti in piena vista-Frontiera Sud”

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Oltre centomila minori stranieri non accompagnati sono arrivati sulle coste italiane negli ultimi 10 anni, con una media di 15mila presenze annue nel sistema di accoglienza italiano. Sono i dati raccolti e analizzati da Save the Children nel suo ultimo rapporto dal titolo “Nascosti in piena vista-Frontiera Sud” che segue la pubblicazione “Nascosti in piena vista – Frontiera Nord”. Il lavoro di ricerca è curato dal giornalista Daniele Biella, con il contributo del fotoreporter Alessio Romenzi, e condotto nei mesi estivi del 2022, periodo dell’anno con più arrivi via mare.

Gli autori hanno visitato i luoghi di sbarco, le strade delle città e dei centri di prima accoglienza dei punti nevralgici della Calabria (regione per la quale il 2022 è stato un anno senza precedenti in termini di arrivi con gli oltre 16mila registrati, di cui almeno 1.200 minori soli) della Sicilia e dell’isola di Lampedusa, punto di approdo con i numeri più alti di tutto il bacino europeo.

Il rapporto – spiega l’organizzazione – traccia diversi percorsi seguiti dai minori stranieri dopo lo sbarco, e in particolare esamina le condizioni della prima accoglienza, le criticità legate alla permanenza promiscua e prolungata dei più giovani negli hotspot, l’alienante attesa del trasferimento nei centri e, infine, la permanenza nelle comunità. Si presentano le storie di minori che si allontanano per raggiungere una destinazione finale in un altro Paese europeo, esponendosi a nuovi rischi, e di quelli che intraprendono percorsi di integrazione, se accolti in contesti favorevoli all’inclusione sociale ed educativa.

Nel dossier – osserva l’Ong – emerge il nodo di un’accoglienza spesso non adeguata, in particolare nel primo livello, e la necessità di una distribuzione uniforme delle strutture sul territorio e della promozione dell’affido familiare.

La drammatica situazione in cui versa il centro-hotspot di Lampedusa, secondo l’organizzazione «riporta in primo piano la necessità di una rete di accoglienza strutturata, soprattutto per i più vulnerabili, come i minori che arrivano sulle nostre coste senza genitori e figure adulte di riferimento. Negli ultimi dieci anni 1 sono arrivati via mare da soli in Italia 103.842 minori stranieri non accompagnati (MSNA), prevalentemente adolescenti e preadolescenti, ma non di rado anche bambini, con una media di 15mila presenze annue. Nonostante i minori non accompagnati siano quindi una presenza regolare nel nostro Paese, non sono mai nati i centri governativi di prima accoglienza previsti dalla legge e anche i Centri di Accoglienza Straordinaria, che dovrebbero rappresentare la soluzione di ultima istanza, contavano al 31 dicembre 2021 soltanto 519 posti. Guardando al trend relativo ai posti finanziati nei CAS dal 2018 al 2021, appare evidente che l’intento di distribuire i minorenni sull’intero territorio nazionale al loro arrivo è stato via via disatteso, sino a concentrare in Sicilia e in Calabria la quasi totalità dei CAS minori attivi a fine 2021».

Analizzando i dati di ingresso del 2021, si evidenzia che l’Italia è il primo paese UE di approdo, ma anche un paese di transito dei minori che sono spinti per diverse ragioni verso altri paesi europei. Un caso emblematico, non inserito nel rapporto perché è stato chiuso il 20 novembre 2022, è quello degli undici minori approdati ad Ancona ai primi di gennaio e che hanno abbandonato immediatamente il centro di accoglienza 2. Nel 2021 sono stati registrati in arrivo 17.200 MSNA tra Grecia, Italia, Bulgaria, Spagna, Cipro e Malta, di cui 10.053 in Italia. Questi – sottolinea Save the Children – «hanno rappresentato il 71% di tutti i minorenni, compresi quelli arrivati con le famiglie, che hanno fatto ingresso in Europa. Sempre nel 2021 Germania (73.245) e Francia (25.750) hanno registrato il maggior numero di richieste di asilo da parte di minori (anche in famiglia), in Italia le domande di minori sono state 11.569, di cui 3.257 di non accompagnati».

Le storie raccolte nel rapporto

Una sezione del rapporto è dedicata alle vicende personali dei minori. Sono storie diverse l’una dall’altra, accomunate da viaggi impegnativi, spesso dolorosi, di attraversamento di frontiere, violenze, rapimenti, che nessun giovane dovrebbe conoscere mai, ma anche caratterizzate da forte determinazione, speranza e tenacia. «Storie come quella del 17enne siriano Mohamed, che ha lasciato un Paese distrutto da 12 anni di guerra e ha attraversato il Mediterraneo, partendo dalla Cirenaica in Libia. Gli operatori di Save the Children che l’hanno incontrato a luglio nella tensostruttura del porto di Roccella Ionica in Calabria lo hanno trovato in lacrime. Era arrivato da 8 giorni e sentiva terribilmente la mancanza di suo fratello più piccolo di un anno: sopravvissuti entrambi alle percosse in Libia, erano stati divisi durante le difficili fasi di salvataggio nel Mediterraneo. I due ragazzi, accolti in regioni diverse, solo dopo diversi giorni sono riusciti alla fine a ricongiungersi».

Storie di viaggi, purtroppo spesso con esito letale, come ricorda il rapporto Missing Migrants dell’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (OIM) 3 secondo il quale, da inizio gennaio 2021 a fine ottobre 2022, 2.836 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo Centrale, tra le coste africane e l’Italia, molti di loro bambini, anche piccolissimi, come le quattro vittime giunte a Lampedusa a fine ottobre 2022, tutte sotto l’anno di età. Entrare nell’Unione europea continua a essere una macabra lotteria, resa ancora più preoccupante dai quasi 100mila rintracci e ritorni forzati di adulti e minori effettuati dalla cosiddetta Guardia Costiera libica dal 2017 in poi per effetto del Memorandum Italia-Libia, rinnovato automaticamente il 2 novembre 2022.

L’accoglienza tra poche luci e molte ombre

Per chi riesce ad arrivare in Italia, c’è la questione dell’accoglienza, un mondo variegato che non garantisce sempre risposte adeguate. Accanto a centri di prima accoglienza efficienti, a fruttuose collaborazioni tra istituzioni ed enti non profit che mettono i ragazzi e le ragazze in primo piano, si trovano anche situazioni di grave sovraffollamento, luoghi di primo sbarco dove si fatica persino a garantire pannolini, cibo adeguato e cure mediche ai bambini, in un continuo clima di tensione o ancora centri dove l’alto numero e turnover di adolescenti non consente di garantire alcuna progettualità di medio-lungo periodo.

Le difficoltà del sistema di accoglienza emergono con tutta la loro chiarezza e drammaticità nelle storie personali dei minori. E’ il motivo – osservano gli autori – per cui il 17enne siriano Mohamed ha dovuto attendere di ricongiungersi col fratello, così come le lunghe attese di 13 minorenni soli siriani, curdi, egiziani, incontrati lo stesso giorno nella tensostruttura di Roccella Ionica sono dovute alla cronica mancanza di posti in accoglienza, in particolare per la prima accoglienza dopo l’arrivo.

Grafici dal rapporto “Nascosti in piena vista-Frontiera Sud

Negli ultimi anni, il numero delle strutture dedicate alla prima accoglienza dei minori si è ridotto, con un conseguente prolungamento della permanenza presso gli hotspot o, addirittura, in strutture temporaneamente dedicate allo scopo presso le aree di sbarco. Il Cara di Crotone, gli hotspot di Pozzallo e Lampedusa – pur nelle loro differenze – come dimostrano le cronache degli ultimi giorni, spesso a causa del sovraffollamento, della promiscuità, delle condizioni igienico-sanitarie precarie, risultano luoghi totalmente inadeguati e non sicuri, soprattutto per i più vulnerabili, come i minori soli e le giovani donne reduci da viaggi terribili. Con il paradosso che, a causa della mancanza di posti in accoglienza dedicati ai vulnerabili, per chi presenta maggiori fragilità l’attesa è ancora più lunga alla luce della delicata presa in carico necessaria.

La permanenza presso le strutture di primo livello si protrae in molti casi ben oltre i 30 giorni previsti per legge, prima di accedere alle comunità. Questa dilatazione dei tempi genera molte difficoltà per i minori costretti a vivere un periodo percepito come ‘perso’, come in un limbo, prima di poter andare a scuola o parlare con il loro tutore, tutte cose a cui avrebbero diritto. Per questo motivo, così come per i lunghi tempi dei ricongiungimenti familiari in altri Paesi europei, molti minori decidono di allontanarsi autonomamente dalle strutture di prima accoglienza per raggiungere altre città o altri Paesi, rimanendo “nascosti in piena vista”. Con tutti i rischi che queste fughe comportano.

Più si seguono i movimenti secondari, che nonostante le regole imposte dal Regolamento di Dublino sono ormai diventati strutturali – Ventimiglia, Claviere, Trieste, Bolzano, per citare confini italiani, ma anche Calais, i paesini dei Pirenei e le città di confine tra Francia e Germania – più si capisce dove vanno questi ragazzi migranti soli quando “scompaiono”. La rete di passeur, del resto, è visibile, anche se sfuggente: gli operatori dei centri di accoglienza per minori spesso vedono quanto accade e segnalano alle istituzioni ragazze e ragazzi che si allontanano in vari modi, anche salendo su furgoni di sconosciuti. Per chi rimane, “iniziamo il percorso per avere i documenti”, spiega un’assistente sociale di un CAS, “anche se su dieci che arrivano, almeno sette se ne vanno in pochi giorni”.

Sono poi da considerare i rischi aggiuntivi ai quali sono esposte le ragazze. Il 31 dicembre 2022 erano 2.988 le ragazze minorenni arrivate da sole accolte nei centri di accoglienza. Per loro in particolare c’è il rischio che gli allontanamenti siano “forzati” e legati al circuito dello sfruttamento sessuale e che quelli “spontanei” ricadano in tale circuito. Costa d’Avorio e Nigeria sono i Paesi africani maggiormente coinvolti in questo terribile fenomeno.

L’evoluzione dei flussi migratori e le forme di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati

A partire dagli anni ‘90 il fenomeno della migrazione di minori non accompagnati in Italia ha assunto proporzioni più ampie e soprattutto ha visto cambiare le nazionalità prevalenti e le rotte migratorie, legate a fattori geopolitici. Dai Paesi dell’Est Europa, come Romania e Albania tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000, al grande esodo dei minori afgani, con l’inizio del conflitto nel 2001, riemerso con numeri rilevanti nel 2021. Le primavere arabe hanno portato sulle nostre coste e città moltissimi ragazzi egiziani e tunisini e la guerra in Siria ha fatto fuggire migliaia di persone, tra cui tante famiglie. A tutti loro si sono sempre affiancati i flussi di minorenni provenienti da Paesi dove sono segnalate violazioni dei diritti umani fondamentali, come Eritrea, Etiopia, Somalia, Congo, Guinea, Costa D’Avorio, Nigeria e Bangladesh. Al 31 dicembre 2022, secondo i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, erano 20.089 le presenze di minori non accompagnati nei centri di accoglienza. Tra le nazionalità più ricorrenti, quella egiziana (24,4%), anche con molti infra 14enni, quella tunisina e afghana.

La presenza di giovani che arrivavano da soli in Italia ha posto il nostro Paese di fronte alla necessità di adottare provvedimenti giuridico amministrativi che ne facilitassero l’accoglienza e l’integrazione. Come per tutti i minorenni, anche per loro dovevano essere garantiti i diritti della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989. Questi principi sono al centro della legge 47 del 2017 sulla protezione e l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Una legge avanzata, fortemente voluta dalle organizzazioni umanitarie, che pone l’Italia all’avanguardia nel panorama europeo ma che necessita ancora di essere pienamente attuata.

Tra le forme di accoglienza previste dalla legge 47 vi è l’affido familiare. Save the Children Italia ha portato avanti dal gennaio 2021 a dicembre 2022 il progetto IMPACT (IMprovement and extension of good Practices of Alternative Care and proTection) con l’obiettivo di rafforzare il sistema dell’affido familiare, indicato dalla legge come misura prioritaria rispetto alle altre forme di accoglienza, ma ancora poco utilizzato per i minori stranieri non accompagnati, attraverso un approccio partecipativo che tenga conto del coinvolgimento attivo dei minori e dei professionisti coinvolti. L’affido rappresenta una delle possibili risposte al diritto di ogni bambino di crescere in famiglia, in un ambiente dove poter costruire la propria identità, imparare più velocemente la lingua, integrarsi nel contesto con maggiore facilità 4.

Una figura prevista dalla legge 47 e fondamentale per la tutela dei minori è inoltre quella del “tutore volontario”: un adulto di riferimento, adeguatamente formato, che sostiene il ragazzo giunto in Italia in tutti i passaggi fondamentali della sua crescita. Rendere tempestiva la nomina del tutore a fianco di ogni ragazzo giunto in Italia rappresenta un tassello fondamentale di una buona integrazione.

Come intervenire per migliorare il sistema di accoglienza: le proposte dell’organizzazione

Per proteggere i minori stranieri non accompagnati e garantire il rispetto dei loro diritti, a cinque anni dalla sua approvazione, è necessario dare piena attuazione alla legge 47 e intervenire per migliorare il sistema di protezione e accoglienza per non rischiare di rendere vani i principi enunciati nel testo normativo.

E’ necessario partire dalla promozione di politiche di accesso regolare e sicuro al territorio e dal rafforzamento dei canali di ingresso esistenti, quali i ricongiungimenti familiari, gli ingressi per motivi di studio e lavoro, i corridoi umanitari così da ridurre il rischio di traffico di esseri umani e favorire una migrazione sicura e regolare.

«Dalle pagine di questo rapporto si rileva, ancora una volta, la necessità di dare vita ad un sistema di accoglienza per i minori soli che sia strutturato su tutto il territorio nazionale e che sia in grado di assicurare ai minorenni che arrivano senza genitori nel nostro Paese la possibilità di trovare in tempi rapidi tutela e protezione», dichiara Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children.

«Per raggiungere questo obiettivo – prosegue la direttrice – è necessario attivare almeno un centro per la prima accoglienza in ogni regione, una rete coordinata al livello nazionale con standard qualitativi e gestionali comuni ed una copertura di 2000 posti”. Ciascun centro dovrebbe agire in coordinamento con i Tribunali dei Minori, le Aziende sanitarie e le Questure per realizzare speditamente le procedure di identificazione, di accertamento della minore età e per avviare, se necessario, le procedure di ricongiungi-mento familiare. Entro i 30 giorni dall’arrivo, così come previsto dalla Legge 47, ogni minore dovrebbe essere collocato nella seconda accoglienza della rete SAI dove è necessario raddoppiare i posti, nella seconda accoglienza gestita dai Comuni o nel circuito di affido familiare. L’esperienza dimostra che una rete di accoglienza di qualità riesce ad accompagnare efficacemente i minori che arrivano da soli alla piena integrazione, con un grande beneficio per loro così come per tutta la comunità che li accoglie».

  1. Dal 1° gennaio 2013 a fine novembre 2022. Fonte dei dati: elaborazione congiunta tra Cruscotto statistico del Ministero dell’Interno e Atlante dei minori migranti 2017 di Save the Children
  2. Comunicato dell’Ambasciata dei Diritti di Ancona.
  3. https://www.iom.int/news/more-5000-deaths-recorded-european-migration-routes-2021-iom
  4. In Italia, il progetto IMPACT ha coinvolto 20 minorenni in focus group a Roma e Catania per includere il loro punto di vista nell’analisi dei bisogni, formato 50 professionisti (assistenti sociali, operatori sociali, educatori) che si occupano di minori stranieri non accompagnati coinvolti nell’affido familiare e che lavorano con famiglie affidatarie, raggiunto più di 75 stakeholder istituzionali e più di 200mila persone per attività di informazione e attraverso una campagna di sensibilizzazione. Per approfondire: clicca qui.

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