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Foto: Baptiste Soubra- Collettivo La Faille
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Principio di non-refoulement è solo un articolo che non viene rispettato

Fortezza europea: violenza, respingimenti e indifferenza

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Quello che emerge dal quinto rapporto del network Protecting Rights at Borders (PRAB)Picchiati, puniti e respinti1, è l’ennesima immagine drammatica di quanto accade alle porte esterne dell’Unione Europea, alla porte di quella comunità che ha tra i suoi principi fondativi (e fondamentali) la protezione e il rispetto dei diritti dell’uomo.

Stando dunque alla pubblicazione di PRAB, nel 2022 sono state raccolte segnalazioni di pushback da oltre 5.756 persone. Le pratiche di respingimento, messe in atto dalle forze dell’ordine dei Paesi d’ingresso all’Europa, sono pratiche sistematiche ed estremamente violente che violano la normativa internazionale ed europea.

Inoltre, per ribadire quanto le pratiche di respingimento vadano contro i diritti i diritti dell’uomo, la Convenzione di Ginevra del 1951, con l’articolo 33, stabilisce il principio di non-refoulement (non respingimento).

«1. Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.

2. La presente disposizione non può tuttavia essere fatta valere da un rifugiato se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto paese»

Si tratta di un principio fondamentale del diritto internazionale. È importate sottolineare che per effetto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, tale principio si applica indipendentemente dal fatto che la persona sia stata riconosciuta rifugiata e/o dall’aver formalizzato o meno una diretta domanda di protezione.

Le pratiche messe in atto dalle forze dell’ordine alle frontiere della cosiddetta fortezza europea e al proprio interno, sono in violazione del diritto della stessa Europa. Ricordiamo l’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea:

«Protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione.
1. Le espulsioni collettive sono vietate.
2. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti»

È evidente come ancora una volta l’obbligo nel quadro giuridico contraddice la realtà.

Dal lavoro di PRAB emerge che vi è un sistematico uso di respingimenti. Il report ne riporta quasi 6mila, ma i numeri complessivi sono sicuramente più alti dal momento che questi sono solamente dati raccolti da testimonianze dirette. Nelle due zone di confine dove è più alto il transito di persone migranti tra Italia e Francia (Oulx e Ventimiglia), i respingimenti sono una pratica sempre più comune.

Ad esempio, se si guarda il numero di serie presente sulla documentazione ufficiale (Refus d’entree) consegnata alle persone respinte dalla polizia di frontiera francese nel 2022, emerge che i numeri sono estremamente più elevati: a Ventimiglia sono 17.749 le persone respinte e a Oulx oltre 3.600. Questi dati sono importanti in quanto sottolineano come le pratiche di respingimento e le barriere d’accesso siano molto più diffuse e si verificano su scala molto più ampia di quella registrata da PRAB.

Anche in altri territori italiani l’uso sistematico dei respingimenti è in aumento. “Assistiamo a continue riammissioni lungo i porti adriatici dall’Italia alla Grecia e a respingimenti verso l’Albania. Si tratta di trattamenti inumani, come la confisca e la distruzione degli effetti personali, la svestizione forzata e l’esposizione a temperature estreme. Il governo italiano cerca di negare che ciò avvenga. Ma la situazione sembra peggiorare“, conferma Erminia Rizzi di ASGI.

Risulta esser sempre più difficile accedere alla fortezza europea.

Nella maggior parte dei casi i respingimenti avvengono in maniera violenta. Sono tantissime le testimonianze che raccontano come la polizia di frontiera si sia comportata in modo brutale: manganellando le persone migranti, confiscando tutti i loro effetti personali per poi distruggerli, negando loro acqua e cibo, obbligandoli a restare svestiti a temperature estreme.

Uno dei confini in cui le violenze sono all’ordine del giorno è ancora quello che separa la Croazia dalla Bosnia. Ma le numerose violazioni dei diritti umani che erano state denunciate e riportate dalle persone solidali che lottano quotidianamente contro tali pratiche, sono state messe da parte nel momento in cui la Croazia è entrata ufficialmente nella zona Schengen. Per l’ennesima volta le istituzioni Europee hanno chiuso gli occhi di fronte alle molteplici violazioni e violenze: ancora una volta i diritti umani sono stati sacrificati per raggiungere compromessi politici ed economici.

Il 2022 è stata un anno di grandi contrasti per quanto riguarda la solidarietà e l’accoglienza: le persone che fuggivano dalla guerra in Ucraina sono state accolte mentre le persone migranti provenienti da paesi africani e/o mediorientali sono stati respinte: vi sono due pesi e due misure basate sul profilo etnico, cosa che viola la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Nel 2022 l’Unione Europea ha applicato per la prima volta una direttiva speciale per concedere un permesso temporaneo da chi scappa dalla guerra. Non si tratta di una nuova direttiva poiché risale al 2001 ma prima di quest’anno non era mai stata applicata. Il rapporto PRAB dichiara che l’attivazione di tale direttiva è una decisione storica ma basata su un doppio standard: benvenuti a un confine, respinti ad un altro. Questa è la realtà ai confini della fortezza Europa.

Charlotte Slente, Segretaria generale della Danish Refugee Council, afferma che «la pratica di chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti umani alle frontiere dell’UE deve essere interrotta. È giunto il momento di sostenere, rispettare e far rispettare i diritti di coloro che si trovano alle porte dell’Europa, indipendentemente dal loro Paese di appartenenza. Per anni sono state raccolte prove sulle pratiche di respingimento. Le prove sono innegabili. Questo schema non deve essere visto in modo isolato. Fa parte di una più ampia crisi dello Stato di diritto. La crisi alle frontiere dell’UE non è una crisi di numeri. È invece una crisi di dignità umana e di volontà politica, dovuta alla mancata attuazione dei quadri giuridici esistenti e all’applicazione delle sentenze giudiziarie».

Con il 2023 è giunto il momento di porre fine alla pratica illecita e discriminatoria di chiudere gli occhi sulle violazioni dei diritti umani alle frontiere dell’Unione Europea. Il rapporto si conclude con cinque richieste: rispetto diritti umani e dignità umana a tutte le frontiere; porre fine all’uso sistematico dei respingimenti; introduzione di meccanismi di monitoraggio indipendenti alle frontiere; prevalenza di una cultura dei diritti rafforzata dal coraggio politico per sostenere le persone bisognose di protezione; apertura di percorsi d’entrata sicuri e legali.

Sono tutte richieste più che lecite che dovrebbero esser già applicate. Ma il 2023 è veramente l’anno in cui tali richieste verranno accettate?

Nell’anno in cui, solo per rimanere in Italia, il governo Meloni rivendica come legittimi i respingimenti al confine con la Slovenia, gli accordi con la Libia e ha deciso di stanziare oltre 40 milioni di euro per costruire nuovi CPR, è veramente l’anno in cui i governi degli Stati UE smetteranno di sacrificare i diritti umani per scopi politici ed economici?

  1. L’iniziativa Protecting Rights at Borders (PRAB) è formata da organizzazioni di protezione e assistenza legale che si occupano del rispetto dei diritti umani alle frontiere esterne e interne dell’UE. I partner del PRAB vantano una solida presenza sul campo nei Paesi in cui operano, che consente l’accesso diretto alle vittime dei respingimenti, nonché una lunga esperienza in attività di advocacy e contenzioso giuridico strategico. Partecipano: Italia: Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), Diaconia Valdese (DV) e Danish Refugee Council (DRC) Italia; Bosnia ed Erzegovina: DRC BiH; Serbia: Humanitarian Center for Integration and Tolerance (HCIT); Macedonia del Nord: Macedonian Young Lawyers Association (MYLA); Grecia: Greek Council for Refugees (GCR) e DRC Greece; e Brussels : DRC Brussels. Diversity Development Group (DDG) in Lituania ha contribuito al rapporto con una panoramica della situazione al confine tra Lituania e Bielorussia. Maggiori info: clicca qui

Lara Aurelie Kopp Isaia

Attivista e studentessa magistrale di Peace and Conflict studies.
Scrivo e mi interesso di diritti umani, migrazione, diseguaglianza. Collaboro con due associazioni che si occupano di educazione informale. Cerco di raccontare in modo semplice che l’Altro non fa paura, che non è diverso e che non bisogna essere indifferenti.