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Tunisia – Proteste davanti a UNHCR a Zarzis e Tunisi

“We need evacuation”, chiedono i manifestanti

In Tunisia, dopo il picco di violenze razziste causate dalle dichiarazioni di Kais Said dello scorso 21 febbraio, la situazione delle comunità sub-sahariane rimane grave. 

Mentre poche persone sono riuscite a tornare nei Paesi di provenienza (come il Mali) a seguito di accordi di ri-ammissione straordinari, altre sono riuscite a imbarcarsi per l’Italia.

In moltə rimangono bloccatə in Tunisia: i loro Paesi di origine non sono sicuri, e la situazione di precarietà economica non gli consente di tentare il viaggio della morte nel Mediterraneo. 

Nella capitale raccontano di essere spaventatə persino di lasciare le loro case per lavorare.

In questo clima, riprendono le rivendicazioni di ricollocamento in Paesi sicuri, attraverso proteste di fronte alle sedi di UNHCR, tanto a Zarzis, nel dipartimento meridionale di Medenine, quanto a Tunisi. Ben poche risposte arrivano dall’agenzia, in continuità con gli anni passati.

Proprio l’altro ieri, mentre manifestava insieme alla sua famiglia davanti alla sede UNHCR della capitale, una bambina è stata investita da un’auto, e si è fratturata una gamba. L’anno scorso, un incidente simile aveva tolto la vita a un altro manifestante, Mohammed Momin.

Secondo alcuni osservatori tunisini, le dichiarazioni del Presidente Said che hanno generato l’ultima ondata di violenze razziste, sarebbero il frutto di pressioni esercitate dal governo italiano per creare un clima di alta tensione ai danni delle persone sub-sahariane in Tunisia, e così scoraggiare le loro partenze verso l’Italia.

Sono molto preoccupato: non riceviamo il ricollocamento da UNHCR, le proteste non portano risultati e diventano sempre più rischiose. Non so cosa fare con i miei figli: in Tunisia non abbiamo né lavoro né possibilità educative”. 

Queste le parole di uno dei manifestanti, già presente al ciclo di proteste della primavera 2022.

Redazione

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