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Un altro suicidio nel CETI di Ceuta

La conseguenza delle politiche di abbandono delle istituzioni: la denuncia delle associazioni Elín e No Name Kitchen

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Mohamed Balde aveva 18 anni, guienano, era arrivato a Ceuta (enclave spagnola in Marocco) alla fine dell’anno scorso, appena maggiorenne. Era residente nel CETI cittadino (Centro de Estancia Temporal para Inmigrantes).

Il suo corpo senza vita è stato rinvenuto nella notte del 22 marzo, a circa 50 metri dal litorale della spiaggia di Benítez. Il funerale si è celebrato sabato 25 marzo nel cimitero musulmano di Sidi Embarek a Ceuta. Ne pubblichiamo le fotografie gentilmente concesse dal fotoreporter Antonio Sempere.
Secondo i risultati dell’autopsia e le indagini condotte dalle forze di sicurezza, Balde è morto per cause naturali per annegamento.

Le persone vicine al giovane” – spiegano le associazioni Elín e No Name Kitchen in un comunicato congiunto – “ci hanno raccontato che nelle ultime settimane aveva iniziato a mostrare segni di uno stato psicologico instabile, frutto delle difficoltà e delle violenze vissute lungo il percorso e dell’incertezza su quando avrebbe lasciato Ceuta”. 

Un’altra morte che avrebbe potuto essere evitata, se  la direzione del CETI  si impegnasse per “prevenire, rilevare e affrontare queste situazioni“.

Riteniamo che queste condizioni siano causate dalle attuali politiche migratorie europee che disumanizzano e spingono le persone a migrare attraverso rotte letali e poco sicure. La direzione del Ceti era stata informata più di una settimana fa della difficoltà di Mohamed Balde, ma nessun provvedimento è stato preso dal centro in tal senso“, denunciano le associazioni.

Le due Ong affermano di essere testimoni “ogni giorno della grande forza e resilienza” che le persone migranti mostrano “nonostante la durezza del loro percorso”. “Ecco perché, dopo l’arrivo, è necessario un periodo di recupero per garantire condizioni di sicurezza, stabilità, cura e dignità”. 

Il 26 gennaio scorso un altro ragazzo Moussa Sylla un giovane ventenne guineano ha deciso di togliersi la vita nel bosco vicino al CETI.

Per questo la richiesta al Ministero dell’inclusione, della previdenza sociale e delle migrazioni di destinare maggiori risorse e garantire “misure efficaci e un maggior numero di professionisti” per assicurare “un supporto psicologico e sociale completo a tutti i residenti che ne hanno bisogno“, tenendo conto che queste persone “hanno vissuto esperienze molto violente e, in molte occasioni, traumatiche”.