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Indagine dell’ONU dal 2016 ad oggi: «Autorità libiche responsabili di crimini contro l’umanità»

Mediterranea ribadisce che deve «cessare ogni collaborazione italiana ed europea con questi criminali»

La motovedetta italiana 660 consegnata ai libici (Foto da twitter)

L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha riassunto in un comunicato stampa diffuso lunedì 27 marzo 2023, e tradotto in italiano da Mediterranea Saving Humans, i risultati dell’attività d’inchiesta svolta dal 2016 a oggi dagli investigatori della Missione indipendente di accertamento dei fatti sulla Libia 1.

«In un mondo normale – scrive l’Ong impegnata nei soccorsi nel Mediterraneo – e non dai valori ribaltati come quello in cui viviamo, questo Rapporto (che presto tradurremo e pubblicheremo nella sua versione integrale) avrebbe provocato una immediata reazione dell’opinione pubblica globale, uno scandalo politico-diplomatico internazionale ed effetti conseguenti».

«Infatti, a essere direttamente accusate, con prove schiaccianti e circostanziate, dalle Nazioni Unite di gravissimi crimini contro l’umanità che comprendono “detenzioni arbitrarie, omicidi, torture, stupri, riduzione in schiavitù (anche sessuale) e sparizioni forzate”, sono le Istituzioni libiche fino ai massimi livelli e le milizie che operano per loro conto. Sì, esattamente quelle Istituzioni con cui l’Italia e l’Unione Europea collaborano, quei politici a cui i nostri governanti stringono la mano in incontri ufficiali a Tripoli e a Roma».

«Per quanto riguarda nello specifico la condizione delle e dei migranti – prosegue Mediterranea -, gli investigatori delle Nazione Unite nominano esplicitamente tra i responsabili dei crimini contro l’umanità le diverse articolazioni del Direttorato per il Contrasto all’Immigrazione Illegale (DCIM) del Ministero dell’Interno di Tripoli, l’SSA (Apparato di Sicurezza per la Stabilità) e la cosiddetta Guardia costiera libica. Cioè quegli organismi a cui, grazie a cospicui finanziamenti e la regolare fornitura di mezzi, i Governi italiani dal 2017 a oggi e l’Unione Europea hanno affidato la gestione in terra (con i campi di detenzione denunciati dall’ONU) e in mare (con l’assegnazione della zona SAR di competenza) del fenomeno migratorio.

«In un Paese normale, e non condizionato dalla propaganda razzista, questo Rapporto avrebbe già provocato le dimissioni di tutti i Presidenti e Ministri che hanno stretto le mani di questi criminali, inchieste giudiziarie e parlamentari sulle complicità con i crimini provati e denunciati dalle Nazioni Unite, e soprattutto l’immediata interruzione di ogni forma di collaborazione con le Istituzioni e le persone che ne sono responsabili», conclude l’organizzazione che chiede che si ponga fine alla vergogna assoluta della complicità in crimini contro l’umanità.

Il comunicato delle Nazioni Unite: “Libia: crimini contro l’umanità commessi dal 2016 – le prove raccolte

Lunedì 27 marzo gli investigatori indipendenti sui diritti umani nominati dalle Nazioni Unite hanno affermato che ci sono motivi per ritenere che le Autorità libiche e i gruppi di miliziani armati siano responsabili di “un’ampia serie” di crimini di guerra e crimini contro l’umanità avvenuti negli ultimi anni.

Secondo l’ultimo rapporto della “Independent Fact-Finding Mission (FFM)” sulla Libia, le Forze di sicurezza statali hanno commesso violazioni dei diritti umani per reprimere il dissenso e sfruttare le persone migranti vulnerabili, senza alcuna possibilità di ricorrere alla giustizia. 

Il rapporto documenta la “pratica diffusa” di detenzioni arbitrarie, omicidi, torture, stupri, riduzione in schiavitù e sparizioni forzate all’interno del Paese. Inoltre, la Missione afferma per la prima volta che molte persone migranti sono state vittime di schiavitù sessuale.

«C’è un urgente bisogno di individuazione delle responsabilità per porre fine a questa diffusa impunità», ha dichiarato Mohamed Auajjar, presidente della Missione. «Chiediamo alle Autorità libiche di avviare senza ritardi un piano d’azione per il rispetto dei diritti umani e una completa tabella di marcia centrata sulle vittime per realizzare una transizione verso la legalità, e di individuare tutti i responsabili delle violazioni dei diritti umani».

La Libia è instabile dall’estromissione dell’ex leader di lungo corso Muammar Gheddafi, con il Paese diviso tra amministrazioni rivali e milizie in guerra. Da una parte, il Governo di Accordo Nazionale riconosciuto dalle Nazioni Unite che ha sede nella capitale Tripoli, dall’altra le forze del cosiddetto Esercito Nazionale Libico del generale Khalifa Haftar, che detengono il potere nelle aree orientali e meridionali del Paese, di una nazione ricca di petrolio.

Nessuna responsabilità

La Missione, che documenta sin dal 2016, ha rilevato che l’accertamento delle responsabilità giudiziarie delle violazioni è gravemente insufficiente poiché la maggior parte dei sopravvissuti ha troppa paura e sfiducia nel sistema giudiziario per denunciare formalmente gli abusi. Di conseguenza, le violazioni continuano “senza sosta”, ha affermato la Missione.

Al termine del suo mandato, la prossima settimana, la Missione ha chiesto la creazione di nuovi meccanismi di monitoraggio e indagine sui diritti, per “sostenere gli sforzi di riconciliazione della Libia” e aiutare le Autorità a raggiungere “una transizione giuridica basata sui principi di giustizia e responsabilità”.

Sfruttamento delle persone migranti su larga scala

Il rapporto rileva che più di 670.000 migranti provenienti da oltre 41 Paesi erano presenti in Libia dal luglio 2022, data dell’ultima proroga del mandato della Missione, fino al marzo di quest’anno.

La Missione ha intervistato più di 100 migranti nel corso delle sue indagini e il suo rapporto espone prove “schiaccianti” di torture sistematiche e schiavitù sessuale, tra le altre violazioni.

I centri di detenzione in cui le persone migranti sono state ridotte in schiavitù erano “sotto il controllo effettivo o nominale” delle Autorità, tra cui il Directorate for Combating Illegal Migration (DCIM) e la Guardia costiera libica.

Lo sfruttamento “su larga scala” dei migranti è un’attività lucrativa, ha affermato la Missione, notando che “la tratta, la riduzione in schiavitù, il lavoro forzato, la detenzione, l’estorsione e il contrabbando hanno generato entrate economiche significative per individui, gruppi e istituzioni statali”.

Abusi durante la detenzione

È stato inoltre riscontrato che le violazioni legate alla detenzione colpiscono I cittadini libici su larga scala e la Missione sottolinea la responsabilità delle Autorità statali e della loro dirigenza.

Il rapporto rileva che le vittime “provenivano da ogni segmento della società libica e comprendevano bambini, uomini e donne adulti, difensori dei diritti umani, attivisti politici, rappresentanti della società civile, membri delle forze militari o di sicurezza, avvocati e persone con orientamenti sessuali e identità di genere diversi, percepiti o reali”.

La maggior parte delle persone intervistate dalla Missione sono state detenute in condizioni terribili senza un mandato d’arresto neanche aver ricevuto accuse in condizioni terribili, “sottoposte regolarmente a tortura, tenute in isolamento” e a cui è stato negato l’accesso all’acqua, al cibo e ad altri beni di prima necessità.

I diritti della donne retrocedono

Secondo la Missione, la situazione delle donne in Libia è solo peggiorata negli ultimi tre anni, in un contesto di “indebolimento delle istituzioni statali” e di crescente potere dei gruppi armati.

Il rapporto documenta una discriminazione “sistematica” contro le donne, un aumento della violenza domestica, il cui reato non è previsto da alcuna legge, e una mancanza di responsabilità giudiziaria per i crimini contro donne di spicco, come la sparizione forzata della deputata Sihem Sergiwa quasi quattro anni fa e l’uccisione di Hannan Barassi nel 2020.

La Missione ha ribadito l’invito alle autorità di Bengasi, dove sono avvenuti i due crimini, a “indagare adeguatamente” su di essi e ad assicurare i responsabili alla giustizia.

È ancora necessario un sistema di indagine

Istituita dal Consiglio per i Diritti Umani nel 2020 per indagare sulle violazioni dei diritti umani commesse in tutto il Paese dall’inizio del 2016, il mandato della Missione termina il 4 aprile, in un momento in cui “la situazione dei diritti umani in Libia si sta deteriorando, stanno emergendo autorità statali parallele e le riforme legislative, esecutive e del settore della sicurezza necessarie per sostenere lo Stato di diritto e unificare il Paese sono lungi dall’essere realizzate”, si legge nel rapporto.

In questo contesto, la Missione chiede al Consiglio per i Diritti Umani di istituire un “meccanismo di indagine internazionale indipendente e dotato di risorse sufficienti” e all’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani di creare un altro meccanismo “con un mandato continuo per monitorare e riferire sulle gravi violazioni dei diritti umani in Libia”.

I trasgressori devono essere emarginati

Tra le altre raccomandazioni, il Rapporto invita la comunità internazionale a “cessare ogni sostegno diretto e indiretto agli attori libici coinvolti in crimini contro l’umanità e gravi violazioni dei diritti umani contro le persone migranti, come il Directorate for Combating Illegal Migration (DCIM), il Stability Support Apparatus (SSA) e la Guardia costiera libica.”

La Missione dice anche che condividerà i suoi risultati con la Corte Penale Internazionale, compresa una lista di “possibili responsabili” di crimini internazionali.

Gli esperti in materia di diritti nominati dal Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, come i membri della Missione, lavorano su base volontaria e non retribuita, non fanno parte del personale delle Nazioni Unite e operano indipendentemente da qualsiasi governo o organizzazione.

Stallo politico

A seguito di un cessate il fuoco mediato dalle Nazioni Unite nell’ottobre 2020, le elezioni avrebbero dovuto svolgersi nel dicembre 2021, ma sono state rinviate.

Il mese scorso, Abdoulaye Bathily, rappresentante speciale per la Libia e capo della missione politica delle Nazioni Unite nel Paese (UNSMIL), ha annunciato al Consiglio di Sicurezza una nuova iniziativa volta a favorire lo svolgimento delle elezioni presidenziali e legislative entro la fine dell’anno.

Parlando della necessità di riconciliazione in Libia, Bathily ha dichiarato: «La riconciliazione è un processo a lungo termine che dovrebbe essere inclusivo, incentrato sui bisogni delle vittime, basato sui diritti e fondato sui principi di una equa transizione giuridica».

  1. Report of the Independent Fact-Finding Mission on Libya (ENG).