Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
PH: Vanna D'Ambrosio
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Le origini della residenza

Una recensione del saggio «(Senza) residenza» di Enrico Gargiulo

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Essere colpiti dalla guerra, in questo secolo, ci sembra qualcosa di devastante dato che il loro numero è in declino: il conflitto in Ucraina, riportando la guerra sul nostro continente, ci ha sconvolti.

Eppure, di fronte a questa evidenza, ‘molte forme di instabilità e di conflitto a basso livello sono in aumento 1‘.

Si tratta di conflitti, complessi da definire, di “bassa intensità, principalmente urbani e civici2, basati su una distinzione esterna/interna e/o su forme di conflitto politiche ed economiche, sociali, amministrative, che coinvolgono categorie sempre più sfumate e di difficile definizione 3.

In questa convergenza, Enrico Gargiulo 4, nel saggio «(Senza residenza) L’anagrafe tra selezione e controllo», (Eris, 2022) ripercorre l’istituto della residenza e la sua disciplina che si sono concretizzate, storicamente, in un circuito squisitamente performativo atto a selezionare alcune componenti desiderate della popolazione (infatti iscrive soltanto chi presenta determinate caratteristiche) intercettandone un target mirato.

Una pratica, questa della residenza, legata al controllo della città, poi aggravata dalle ordinanze comunali, che ha prodotto una ‘stratificazione civica ( p. 14)’, in cui si traducono l’ossessione per la cattura amministrativa e scelte giuridiche rigide 5. Per cui, una persona, priva della residenza è burocraticamente invisibile (p.33): attraverso la sua attribuzione, derivata di tecniche e strategie, si verifica il passaggio dall’ontologia umana alla visibilità amministrativa; ovvero, si è iscritti ‘nell’artificio umano‘.

In questo momento storico, tantissimi sono gli sfollati e, de jure, ce ne sono altrettanti in continuo aumento, attraverso la selettività della residenza. Alle origini, ci si rese conto che il sistema della naturalizzazione, una questione di applicazioni, non poteva funzionare, dal punto di vista puramente amministrativo, al cospetto di grandi massi di persone. A quel punto, si iniziò a togliere le naturalizzazioni o a renderle sempre più complicate fin quando “divenne allora impossibile distinguere tra rifugiati e alieni residenti6.

Sono queste le conclusioni del capitolo «The decline of nation-state and the of the rights of man» di Hannah Arendt ma sono anche le conclusioni di Ahmed, Marco, Arianna e Lamine, ‘rifugiati e alieni‘, persone non autorizzati a partecipare all’artificio umano mancando ‘di quell’enorme equalizzazione delle differenze che deriva dall’essere cittadini di un qualche commonwealth 7‘.
(Senza residenza), vite che non contano, a cui tutto il resto, ovvero, ‘tutto un tessuto di relazioni, di partecipazioni, di integrazione, vita ed attività‘ è stato negato.

Il pericolo dell’esistenza di queste persone è duplice: in primo luogo, e in modo più evidente, il loro numero sempre crescente minaccia la nostra vita politica, il nostro artificio umano, il mondo che è il risultato del nostro sforzo comune e coordinato, nello stesso modo, forse anche più terrificante, in cui un tempo gli elementi selvaggi della natura minacciavano l’esistenza delle città e delle campagne costruite dall’uomo […] Il pericolo è che una civiltà globale, universalmente interconnessa, possa produrre barbari al suo interno, costringendo milioni di persone in condizioni che, nonostante le apparenze, sono quelle dei selvaggi 8.

La popolazione come target

Dal 1890, fu introdotto il domicilio di soccorso secondo cui ogni comune era chiamato a prendersi carico dei costi sanitari di quanti erano in condizioni di povertà.
Si iniziò, dunque, a non scrivere nell’anagrafe individui di bassa estrazione, recente immigrazione o etichettati come marginali. Negli anni a seguire, vere e proprie politiche di residenza hanno tenuto fuori dai registri categorie sociali difficili da intercettare e, di conseguenza, sacrificabili.

Rientravano in queste categorie le persone ‘mobili‘, il cui progetto di registrazione, per ragioni tecniche, già agli inizi del ‘900 e dopo la legge anagrafica del 1954, venne abbandonato. E, appartenevano a questa categoria anche la popolazione temporanea e gli stranieri, i cui i registri temporanei furono poco utilizzati. Inoltre, dal 2007, circolari ministeriali, ordinanze sindacali, il pacchetto Maroni del 2009, il Decreto Salvini del 2018, il decreto Renzi Lupi del 2014 rafforzavano l’esclusività della residenza, chiara espressione di governi centrali a volere un’anagrafe più selettiva 9.

Nell’archeologia tracciata da Enrico Gargiulo, la residenza si rivela un dispositivo intrinsecamente politico capace, dunque, di incidere non solo sulla realtà sociale (p. 39) ma soprattutto in potere di tracciare confini tra componenti diverse della popolazione, ‘sempre più sfumate e di difficile definizione‘.

Difatti, anche quando non agisce territorialmente, ‘l’esclusione anagrafica produce un’inclusione di tipo differenziale‘ (p. 40): (Senza residenza), difatti, importanti aspetti della vita sociale (salute, scuola, assistenza sociale, accesso a misure di carattere economico o ai servizi di welfare) non possono essere regolati. Inoltre, per richiedenti asilo e rifugiati può innescare un meccanismo di rifiuto del permesso di soggiorno.

In secondo luogo, il mancato riconoscimento legale conduce ad uno stato di subordinazione e dipendenza, perché accompagna un uomo alla privazione dell’espressione all’interno di un mondo comune e dell’azione su di esso, ossia all’assenza di un’autentica autonomia economica ed esistenziale, che sole esprimono una persona nella visibilità della sfera sociale.

E’ nella sfera sociale, ‘l’estensione della comunità domestica, e delle attività economiche ad esse connesse al dominio pubblico 10‘ che una persona proietta una sua immagine (lavoro; famiglia; casa, etc.) come una maschera, che può essere riconosciuta e può proteggere dal male, conferendole un carattere giuridico e politico contro gli abusi.

Così anche per l’Istat, secondo cui, gli strumenti demografici, introdotti per rilevare il movimento degli individui nel tempo, provano l’esistenza amministrativa di una persona, producendo una popolazione di diritto ma non di fatto 11.

Ci si rese conto delle implicazioni dei diritti dell’uomo nel momento in cui, come spiega la Arendt, ci fu un numero crescente di persone che erano poco tutelate al centro dell’Europa cosi come lo sarebbero state in Africa 12.

Uomini per diritto

Hannah Arendt non solo si interroga su cosa siano i diritti umani, ma, soprattutto, si chiede cosa si perde quando si perdono tali diritti 13.

Era come se, nonostante fosse presente, dovunque andasse, non riuscisse a fare nulla. Aveva sì, un contratto di lavoro, ma gli era stato impossibile il rilascio di una carta prepagata su cui ricevere lo stipendio. Aveva avuto sì, un infortunio sul lavoro, ma non poteva procedere alla scelta di un medico personale che potesse seguirlo durante il percorso di recupero. Nonostante tutti, ma proprio tutti, sapessero dove trovarlo e quale vita facesse (da quando, in piazzetta, abitualmente ogni mattina aspettava il suo autobus, il solito, che lo portava in azienda), lui non era inserito in quel contesto sociale. Era tutto vero, ma niente gli sembrava reale: si accorgeva, col passare del tempo, che la sua vita era cambiata per lui ma non per lo Stato 14; per cui, ancora, non contava nulla, se non una ‘nuda‘ richiesta di asilo.

Come sottolinea Arendt: ‘Il paradosso della perdita dei diritti umani è che tale perdita coincide con l’istante in cui una persona diventa un essere umano in generale – senza una professione, senza una cittadinanza, senza un’opinione, senza un atto con cui identificarsi e specificarsi – […] iniziano ad appartenere alla razza umana più o meno nello stesso modo in cui gli animali appartengono a una specifica specie animale 15‘.

Lo percepivano anche Alice, Aurora, Domenica o Greta, studentesse fuori sede, le cui possibilità di azione ed interazioni, erano legate alla residenza e alla rendicontazione di un contratto di fitto; alla discriminazione immobiliare; alla disponibilità di un proprietario che affittasse regolarmente; nonostante avessero una dimora abituale. Marco vedeva chiaramente che una persona iscritta all’anagrafe è collocata più in alto di una che non lo è: basti pensare al voto, all’accesso ai servizi sociali o ai centri per l’impiego, all’assistenza sanitaria professionale, oppure al godimento di prestazioni e benefici, contestualmente o meno, ad esempio, a periodi emergenziali.

Vedeva chiaramente che a lui, Lamine e Alice era rimasta solo la loro qualità di essere umani e non era abbastanza per prendere parte a tutto il resto, relazioni, partecipazioni e tutta una serie di attività che la società, nel suo avvento, aveva preteso da ciascuno dei suoi membri al fine di ‘normalizzare‘ le condotte e conformare i suoi membri a un certo genere di comportamento; definendo ‘marginale‘ chiunque non rientrasse nel target.

In ultima istanza, per la Arendt, la dimostrazione della privazione dei diritti umani consisterebbe nella seguente verifica: ‘Se un piccolo furto è in grado di migliorare la sua posizione giuridica (di una persona), almeno temporaneamente, si può essere certi che è stata privata dei diritti umani‘. Nel suo discorso, ‘Lo stato nazione, incapace di provvedere ad una legge per le persone private dalla protezione, trasferirono molti poteri alla polizia tanto da diventare un corpo a parte, indipendente dal ministero’.

Succedeva che, dopo l’arresto di una persona, anche un apolide, un criminale veniva trattato esclusivamente come criminale e non come cittadino e non cittadino; oppure come soggetto psichiatrico in seguito a disposizioni sanitarie. In questo modo, si verificava che l’apolide ottenesse per la prima volta dei diritti a seguito di un ‘riconoscimento’ di uno status da parte dello Stato che lo ha inserito, per la prima volta, in una comunità cui appartiene.
Per la Arendt de ‘Le origini del Totalitarismo‘ si era di fronte ad un ‘coordinamento dl mondo libero con la legislazione del paese totalitario 16‘.

Anche i nazisti iniziarono il loro sterminio degli ebrei privandoli prima di tutto di ogni status giuridico (lo status di cittadini di seconda classe) e tagliandoli fuori dal mondo dei vivi ammassandoli nei ghetti e nei campi di concentramento; e prima di mettere in funzione le camere a gas avevano accuratamente sondato il terreno e scoperto con soddisfazione che nessun Paese avrebbe reclamato queste persone. Il punto è che è stata creata una condizione di totale assenza di diritti prima che il diritto di vivere fosse messo in discussione 17.

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  1. Vedi J. Beall (2013), ‘Many forms of low-level instability and confilct are on the increase’. Cfr. Fox and Hoelscher 2010; Harbom and Wallensten 2009
  2. Cfr. J. Beall (2010) e Rodgers 2010. Con conflitti civici si intende l’espressione di risentimento tra lo Stato ed altri attori, fondamentalmente urbano e spesso associato con le qualità urbane di identità, diversità e diseguaglianze
  3. Vedi J. Beall (2013). Conflitti che pare, in realtà, siano il riflesso di un trend globale e l’immagine della guerra globale. Cfr A. Appadurai (1996): ‘l’implosione della politica globale e nazionale nel mondo urbano”
  4. Enrico Gargiulo insegna e lavora come sociologo nell’Università di Bologna. Si occupa di cittadinanza, immigrazione, discriminazioni amministrative e strumenti di governo delle popolazioni. Oltre a pubblicare articoli e saggi in ambito accademico – tra cui Appartenenze precarie. La residenza tra inclusione ed esclusione (Utet 2019) – scrive per blog come Lavoro Culturale, Jacobin Italia e NapoliMonitor e collabora, nell’ambito di una rete di attiviste/i e Ong, ad azioni di contrasto giuridico e politico alle discriminazioni anagrafiche
  5. E. Gargiulo (2022): vedi le politiche di residenza contro i romani oppure le indicazioni contenute nella definizione di senza fissa dimora, persona a cui non mancherebbe una dimora, ma una dimora che sia fissa
  6. Cfr. H. Arendt, (1951)
  7. Cfr. H. Arendt, Ibidem
  8. Per la A. il dramma di queste persone coincide direttamente con le politiche di sicurezza nazionale: vedi H.A. (1951)
  9. Ad esempio, la Legge 94/2009 a verifica delle condizioni igieniche sanitarie per l’attribuzione della residenza, il cui target erano le persone povere oppure la richiesta di una dimostrazione di effettivo domicilio attraverso una certificazione su mandato delle amministrazioni locali. Ancora, nel 2014 il piano caso Renzi – Lupi che, in interazione con il pacchetto sicurezza del 2009, nega il diritto di residenza agli occupanti. Ancora, nel 2018, i richiedenti asilo non possono iscriversi all’anagrafe
  10. Cfr. H. Arendt
  11. Cfr. E. Gargiulo (2022): ‘La residenza esiste prima della sua formalizzazione giuridica’
  12. Vedi H. Arendt (1951). Cfr. J. Beall (2013): ‘la maggior parte delle politiche urbane (in cui fondamentali restano la dimensione spaziale e la dimensione sociale) dei paesi occidentali avrebbe, ad esempio, incrementato (invece che diminuire) la distanza e i confini tra i gruppi privilegiati da un lato e le minoranza marginalizzate e svantaggiate – dall’altro lato (queste ultime, spesso definite su base etnica)
  13. Per la A. la prima cosa che si perde è la casa, come tessuto sociale distinto dal resto del mondo: la difficoltà reale, in effetti, non è perdere la casa ma trovarne una nuova
  14. Una dissociazione che Didier Fassin riconduce al concetto di biolegitimacy, tra biology e biopolitics, realtà e verità
  15. Cfr. H. Arendt (1951)
  16. Cfr. H. Arendt (1951): ‘a co-ordination of the free world with the legislation of the totalitarian country
  17. Cfr. H. Arendt (1951)

Vanna D'Ambrosio

Conseguita la laurea in Filosofia presso l’Università di Napoli Federico II, ho continuato gli studi in interculturalità e giornalismo. Ho lavorato come operatrice sociale nei centri di accoglienza per immigrati, come descritto nella rubrica “Il punto di vista dell’operatore”. Da attivista e freelance, ho fotografato le resistenze nei ghetti italiani ed europei. Le mie ricerche si concentrano tuttora sulle teorie del confine.