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Analisi dell’ “attualità della pericolosità sociale”. La Corte di Appello accoglie il ricorso contro il rifiuto del rilascio del Pds per motivi familiari

Corte d'Appello di Firenze, sentenza del 4 ottobre 2022

La Corte d’Appello di Firenze annulla il provvedimento del Questore di Pistoia del decreto di rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari. Il commento dell’avv. Ada Alia del Foro di Pistoia ripercorre le due fasi di giudizio.


La sottoscritta, in qualità di difensore di cittadino albanese, aveva inizialmente proposto ricorso al Tribunale di Firenze chiedendo l’annullamento del decreto del Questore di Pistoia emesso il 24.10.2018 e notificatogli in data 01.02.2021, con cui era stata respinta l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari da lui presentata in data 11.04.2018 (il precedente permesso di soggiorno di cui era titolare era scaduto il 31.12.2013).

In particolare, il provvedimento di rigetto del Questore di Pistoia era basato sulle seguenti circostanze:

  1. nei confronti dell’istante, in data 21 luglio 2015, era stata emessa dalla Corte d’Appello di Firenze sentenza di condanna (divenuta irrevocabile) alla pena di anni 9 e mesi 4 di reclusione, con pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici ed interdizione legale e sospensione della potestà genitoriale durante l’esecuzione della pena, per il reato di tentato omicidio aggravato commesso in danno della moglie;
  2. veniva ritenuto ingiustificabile il ritardo con cui era stato richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno, atteso che l’istanza di rinnovo avrebbe ben potuto essere presentata nella struttura penitenziaria dove era detenuto e comunque la condanna era ostativa al rilascio di titolo di soggiorno.

Il ricorrente, con il proprio ricorso, chiedeva al Tribunale di Firenze:

  • in via principale, l’annullamento del decreto di rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno emesso e notificato dal Questore di Pistoia in data 01.02.2021 ed il conseguente ordine di allontanamento rivolto all’istante; contestualmente il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari;
  • in via subordinata, l’annullamento del decreto di rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno emesso e notificato dal Questore di Pistoia in data 01.02.2021 ed il conseguente ordine di allontanamento rivolto all’istante, in quanto meritevole di protezione internazionale o protezione speciale;
  • in via ulteriormente subordinata, l’annullamento del decreto di rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno emesso e notificato dal Questore di Pistoia in data 01.02.2021 ed il conseguente ordine di allontanamento rivolto all’istante, contestualmente disporsi il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di giustizia.

Il ricorso si basava, principalmente, sulla mancata valutazione della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese di origine nonché della durata del suo soggiorno nel territorio italiano (erronea applicazione dell’art. 5 comma 5 D.Lgs. 286/1998). Dal decreto impugnato, infatti, emergeva esclusivamente un automatismo ostativo ricollegabile unicamente alla sentenza di condanna per fatti risalenti all’anno 2013 e una totale carenza, in termini di motivazione, circa la valutazione della c.d. pericolosità attuale. Venivano, inoltre, evidenziate ulteriori circostanze, tra cui il fondato timore di esporsi, in caso di rientro nel paese di origine, a un pericolo per la vita a causa di conflitti con la famiglia della moglie legati, appunto, al fatto criminoso commesso nei confronti della stessa e assumeva, infine, di non poter lasciare il territorio italiano in quanto destinatario di ordine di esecuzione per la carcerazione, seppur sospeso ai sensi dell’art. 656 c.p.p

Il Ministero dell’Interno si costituiva in giudizio depositando una relazione della Questura di Pistoia riportante una serie di ulteriori precedenti penali e insisteva per il rigetto del ricorso.

Il Giudice di prime cure rigettava il ricorso richiamando preliminarmente l’insegnamento della S.C . secondo il quale: “In tema di immigrazione, il divieto di espulsione di cui all’art. 19, comma 2 , lett. c), del d.lgs. n. 286 del 1998, costituisce condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare, sicché non opera qualora, per ragioni di pericolosità sociale, sia stato revocato il titolo di soggiorno dello straniero , anche se fondato sulla medesima condizione soggettiva produttiva dell’inespellibilità (come il matrimonio con cittadina italiana). Inoltre, dall’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 30 del 2007, si deduce che tale divieto non opera anche in ipotesi di comportamenti della persona che rappresentino una minaccia concreta ed attuale tale da pregiudicare l’ordine e la sicurezza pubblica, secondo un giudizio che il giudice di merito deve effettuare in concreto, senza ricorrere ad automatismi sulla base dei precedenti penali ma valutando, ad esempio , – come nel caso di specie – la rilevanza dei reati accertati, l’eventuale condizione di disoccupazione, il comportamento tenuto nelle occasioni in cui ha dichiarato false generalità” (Cass. 6666/2017; cfr . anche Cass. 30342/2021)“. Inoltre, limitandosi a riportare i progressi nella lotta alla criminalità compiuti dall’Albania, il Giudice non riteneva accoglibile nemmeno la richiesta di riconoscimento della protezione internazionale, nulla asserendo in merito alla c.d. protezione speciale e, infine, riteneva non rilevanti le questioni relative ai motivi di giustizia.

Il cittadino albanese presentava, pertanto, appello avverso la suddetta ordinanza sostenendo che il Giudice di prime cure aveva omesso di operare un’autonoma valutazione e bilanciamento di vari interessi in gioco, richiamando unicamente quanto già sostenuto dalla Questura senza, inoltre, tener conto dell’attuale situazione personale e familiare dell’appellante. Quanto alla ritenuta insussistenza di rischi di vendette private a suo carico, ha sostenuto che il Tribunale avesse fatto un generico riferimento ai “progressi nella lotta alla criminalità compiuti dall’Albania”, senza tuttavia tenere in debito conto tutte le circostanze del caso specifico che già avevano condotto al riconoscimento della protezione internazionale a favore della madre che, a seguito dei fatti commessi nei confronti della ex-moglie e per cui era stato condannato, è stata ritenuta esposta “al rischio di una faida di sangue” da parte della famiglia della ex moglie “secondo la legge non scritta del Kanun, ossia il sistema delle vendette di sangue, che sancisce il dovere di ristabilire l’onore perduto con un omicidio”.

Con la seconda doglianza, l’appellante ha poi lamentato un’omissione di valutazione circa la sua richiesta di protezione internazionale e in particolare nella forma speciale, fondata sul lungo radicamento sul territorio dello stato italiano ove ha i familiari e i suoi “solidi rapporti di amicizia e di colleganza”, mentre era ormai rimasto privo di legami col proprio paese di origine, talché il rimpatrio lo avrebbe esposto “ad una situazione di sicura difficoltà nel reintegrarsi determinando un grado di vulnerabilità che impone una tutela alla stregua degli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato italiano”.

L’appellante, infine, ha concluso evidenziando quale ulteriore circostanza da valutare favorevolmente alla sua posizione, le sue attuali gravi condizioni di salute che rendevano necessarie cure mediche a seguito del recente suo coinvolgimento in un grave incidente stradale, dal quale – travolto da un’auto guidata da “un pirata della strada” datosi immediatamente dopo alla fuga – era per lui conseguito un ricovero ospedaliero a causa delle lesioni che avevano anche causato uno stato di coma.

L’Avvocatura di Stato si è costituita in giudizio per il Ministero convenuto ed ha resistito all’appello di cui ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità e poi chiesto la reiezione nel merito in quanto infondato.

La Corte d’Appello di Firenze ha accolto il ricorso annullando il provvedimento del rigetto della Questura di Pistoia. In particolare, il ricorso è stato ritenuto fondato, “atteso che l’Ufficio del Questore nell’emanare i propri provvedimenti di rigetto o di rifiuto, non può limitarsi a richiamare le condanne subite (o eventuali segnalazioni di polizia), dovendo invece essere doverosamente compiuto un giudizio sul fatto che lo straniero possa attualmente costituire un pericolo per la sicurezza, sulla base di elementi oggettivi di cui il provvedimento deve dare adeguatamente conto. Il diniego è illegittimo, peraltro, se la pericolosità sociale non è più attuale, come è nella fattispecie, perché il fatto principale dal quale la si è ricavata è risalente nel tempo ed è stato sanzionato con l’irrogazione di una pena sì severa, ma che in quanto scontata deve anche far tener conto della rieducazione carceraria intercorsa“.

La Corte ha altresì ritenuto carente l’ordinanza del Tribunale di Firenze, atteso che il primo giudice sul punto “ha rimandato unicamente ai rilievi contenuti nell’atto del Questore, e cioè alla condanna per tentato omicidio aggravato della ex-moglie e “agli altri precedenti penali” (sui quali nulla di specifico è detto), che unitamente all’assenza di attività lavorativa, fanno ritenere l’appellante “una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico e la sicurezza. L’affermazione, per come formulata, fa derivare quindi la valutazione di pericolosità da una sorta di automatismo, né viene spiegato perché gli altri aspetti della vicenda considerati (di natura familiare, personale…) siano recessivi nel giudizio di bilanciamento che pure il primo giudice afferma di aver operato“.

La Corte ha ritenuto “che sia certo vero che il fatto commesso in danno della propria moglie può presentare profili di gravità oggettiva del tutto peculiari proprio perché commesso in danno di familiare e di sesso femminile, ma è altrettanto vero che, a molta distanza di tempo dai fatti, la condotta, che ha certo avuto origine anche in un contesto in cui il rapporto coniugale era deteriorato, con l’avvenuta rottura del rapporto medesimo, può far presumere (in assenza di altri elementi di segno contrario neppure evidenziati) che siano venute meno le condizioni per le quali l’appellante possa commettere fatti analoghi per gravità“. Infine, la Corte non ha attribuito decisivo rilievo nella valutazione di pericolosità agli altri “precedenti” genericamente richiamati dal provvedimento del Questore, “se non altro per la loro minore gravità e perché risalenti nel tempo“.

Si ringrazia l’avv. Ada Alia per la segnalazione e il commento.