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Cosa resta della prima accoglienza dopo il Decreto Cutro?

Nuovi tipi di centri e smantellamento dei servizi essenziali

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Ore 4:35 del mattino, Steccato di Cutro (Crotone). Un’imbarcazione alla deriva, la cui situazione di distress è segnalata da Frontex alla Guardia di Finanza quasi 24 ore prima del tragico evento, naufraga abbandonando alle onde oltre 180 persone di origine per lo più iraniana, afghana e pakistana. Ne moriranno 94, di cui 34 minori (31 sotto i 14 anni).

Dopo giorni di assenza, segue in loco un rocambolesco Consiglio dei Ministri in cui viene presentato quello che diventerà il Decreto Legge 20/2023 1, convertito con Legge n.50/2023 2. Un testo che segna un forte passo indietro in termini di tutela dei richiedenti asilo e con cui l’attuale Governo, piuttosto che iniziare una seria e profonda autocritica sulla natura strutturale e non meramente emergenziale del fenomeno migratorio nel proprio contesto nazionale, ha colto l’occasione per comprimere alcuni dei diritti fondamentali.

Per quanto riguarda l’accoglienza, la riforma proietta lunghe ombre in materia di tutela giuridica e inclusione sociale offerta ai migranti, in particolar modo ai vulnerabili. In tal senso, si segnala da una parte i) l’istituzione di nuovi centri dove le Prefetture avranno la possibilità di collocare i richiedenti asilo nelle more dell’individuazione di strutture ex art. 9 – Centri di Prima Accoglienza (CPA) – e art. 11 – Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) – del D.lgs 142/2015 3 e che garantiranno solo l’accoglienza materiale, dall’altra ii) una riduzione dei servizi erogati nei CPA e nei CAS (dove è stata eliminata l’assistenza psicologica e legale) quindi iii) una limitazione per i richiedenti asilo nell’accesso alle strutture del Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI) 4 che con la nuova normativa è oggi permesso ai soli cittadini afgani e altri richiedenti protezione internazionale arrivati in Italia con operazioni di evacuazione umanitaria o reinsediamento, ai cittadini ucraini e ai richiedenti vulnerabili 5.

Tralasciando l’importante questione dell’ingiustificata differenza di trattamento tra richiedenti asilo nell’accesso al sistema SAI, ci si chiede come, in assenza di servizi quali lo psicologo e l’operatore legale nelle strutture ex art. 9 e 11 nonché dell’assistente sociale nei nuovi centri che potremmo definire transitori, possano essere individuate le vulnerabilità dei beneficiari per il loro pronto trasferimento nel SAI.

Al contempo, si esprimono fortissime perplessità in merito al fatto che venga effettivamente garantito il pieno diritto di accesso – effettivo, informato e consapevole – alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, considerando l’assenza della figura dell’operatore legale chiamato a garantire ai potenziali beneficiari di protezione  internazionale tutte le informazioni relative ai diritti e agli obblighi che derivano dal loro status, conformemente a quanto disposto, tra le altre, dalla Direttiva 2013/32/UE 6 e dalla Direttiva 2013/33/UE 7.     

1. L’introduzione di un nuovo tipo di strutture di accoglienza provvisoria. Nuove strutture senza regolamentazione? 

Il nuovo comma 2 bis che integra l’art. 11 del D.lgs 142/2015 – introdotto dall’art. 5 bis della L. 50/2023 – istituisce una nuova tipologia di strutture di accoglienza provvisoria, che sembrerebbero simili a quelli delineati in passato come strutture transitorie c.d Hub regionali 8. Questa previsione – anticipata dall’ODCDPC 984/2023 9 limitatamente al periodo di validità dello stato di emergenza – dà la possibilità di istituire strutture di accoglienza che possano ospitare i richiedenti “nelle more dell’individuazione di disponibilità di posti nei centri” di prima accoglienza e nei CAS, creando forti preoccupazioni in merito all’indeterminatezza rispetto ai tempi di permanenza con la sola garanzia di un aleatorio principio di disponibilità dei posti.

Il legislatore precisa, inoltre, che i soli servizi erogati in tali centri sono il “vitto, alloggio, vestiario, assistenza sanitaria e mediazione linguistica-culturale”. Non è definito, né intuibile da un’interpretazione sistematica delle norme contenute nel D.lgs 142/2015, se tale tipologia di centri accoglieranno solo i migranti arrivati via mare e transitati dai centri Hotspot ex art. 10 ter del D.lgs 286/1998 10 o anche i richiedenti giunti attraverso la frontiera terrestre.

In tal senso, immediato motivo di forte timore appare la palese disparità di trattamento con coloro che sono accolti nei centri ex art. 9 ed ex art. 11, dove viene prevista quantomeno la possibilità di accedere al servizio di assistenza sociale, nonché rispetto ai beneficiari accolti nei centri Hotspot, dove sono mantenuti tutti i servizi previsti dal Capitolato 2021, con una lesione del principio di parità di trattamento di situazioni simili, per non dire identiche nel caso di specie, ove non si rilevi alcuna possibile esigenza dell’amministrazione in grado di giustificare una tale compressione dei diritti del beneficiario.

Ancora, a causa dell’assenza del servizio di assistenza sociale (ultimo baluardo non toccato dal decreto Cutro invece nei centri ex artt. 9 e 11), psicologica e legale, permane la difficile, se non impossibile, individuazione delle vulnerabilità di tipo psichico e legate a traumi oppure, ancora, a questioni di identità di genere o orientamento sessuale.

In merito, conservando i servizi di assistenza psicologica e legale solo negli Hotspot, sembrerebbe che il legislatore abbia immaginato, nella stesura della L. 50/2023, un sistema di accoglienza che rileva le vulnerabilità solo ed esclusivamente nei centri ex art. 10 ter (dove sono rimasti i servizi di assistenza sociale, psicologica e legale), scelta che però, consapevolmente o meno, lascia privi di tutela i migranti che entrano in Italia dalle frontiere terrestri e verranno accolti nei centri di cui agli artt. 9 e 11 e, salvo futura indicazione contraria da parte del legislatore, nei nuovi centri ex art. 11 comma 2 bis, dove non vi sarà alcun tipo di supporto da parte di personale specializzato nell’individuazione ed emersione delle vulnerabilità

2. Le modifiche ai servizi nei centri ex art. 9 ed ex art. 11 del D.lgs 142/2015

Con un semplice colpo di penna l’articolo 6-ter, rubricato “Modifiche alla disciplina sulle modalità di accoglienza”, riscrive il secondo periodo del primo comma dell’art. 10 del D.lgs 142/2015 eliminando la previsione dei servizi di assistenza psicologica, insegnamento della lingua italiana e di orientamento legale e al territorio dal novero delle prestazioni erogate all’interno dei centri di cui all’art. 9 e all’art.11, ovvero i Centri di prima accoglienza e i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS). Ai sensi del nuovo dettato normativo, all’interno di tali centri l’assistenza fornita verrà limitata a quella sanitaria, all’assistenza sociale e alla mediazione linguistico-culturale.

Un dettato più stringente rispetto al passato. Nell’attesa di capire come la novella legislativa sarà declinata nel nuovo Schema di Capitolato d’Appalto che regola i servizi di accoglienza sul territorio nazionale 11 – la cui redazione e pubblicazione dovrebbe essere necessaria per questioni di adeguamento alla nuova riforma – è opportuno sottolineare che la novella in esame produce una stretta sui servizi senza precedenti, ancor più forte di quella introdotta nel 2018 dall’allora Ministro Salvini.

In merito, per comprenderne la portata può essere utile ripercorrere brevemente le tappe che in poco più di un lustro hanno visto riformare per ben quattro volte i servizi di prima accoglienza. 

Un breve excursus. Con l’avvento del governo giallo-verde e l’approvazione del D.L. 113/2028 12, c.d Decreto Salvini, convertito con L. 132/2018, i servizi di prima accoglienza avevano subito una prima importante riduzione.

Nello specifico, la “riforma” del 2018 – oltre all’abolizione della protezione umanitaria e al ridimensionamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), ribattezzato Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI) – aveva cancellato i servizi di insegnamento della lingua italiana e di assistenza psicologica. Il decreto sicurezza nel suo complesso aveva quindi portato a una progressiva riduzione della capienza del sistema di prima accoglienza e delle tutele offerte al suo interno, producendo un impatto sociale ed economico fortemente negativo sul tessuto sociale. 

Con la riforma Lamorgese, si è segnato un parziale ritorno all’origine attraverso la reintroduzione dei servizi eliminati precedentemente.

Una stretta senza precedenti. Il nuovo intervento normativo, a firma politica del Ministro dell’Interno Piantedosi, comporta oggi una compressione dei servizi erogati al beneficiario, non solo rispetto all’attuale schema di capitolato Lamorgese 13 (che prevede i servizi di assistenza sanitaria, assistenza sociale, mediazione linguistico-culturale, assistenza psicologica, di orientamento legale e al territorio e la somministrazione dei corsi di lingua italiana) ma anche rispetto al più restrittivo e fortemente contestato capitolato del periodo Salvini 14 che, pur in un’ottica di tagli stringenti, faceva salva l’informativa legale erogata da apposito personale.   

3. I profili di incompatibilità rispetto alla normativa UE  e alla legislazione nazionale

Il decreto Cutro si muove in antitesi rispetto ad una serie di garanzie che il legislatore comunitario ha inteso cristallizzare nelle diverse fonti che interessano il diritto dell’immigrazione, casse di risonanza dei più basilari principi fondamentali di tutela della vita e che prevedono che gli Stati membri devono provvedere “a che le condizioni materiali di accoglienza assicurino un’adeguata qualità di vita che […] tuteli la salute fisica e mentale 15”. 

Diversi sono infatti profili di incompatibilità nell’ambito di recepimento delle disposizioni del Common European Asylum System (CEAS) che interesseranno i beneficiari di misure di accoglienza che saranno accolti nei centri ex artt. 9 e 11, nonché nei centri di cui al nuovo comma 2 bis dell’art. 11. 

In particolare, da una parte si profila un’ingiusta soppressione di servizi che sono previsti dalle direttive UE per tutti i beneficiari a garanzia dei loro diritti essenziali (quali la tutela del benessere psico-fisico, la possibilità di essere informato dei propri diritti e obblighi e le garanzie procedurali in merito ai procedimento che interessano il richiedente) dall’altra una drammatica correlazione tra l’assenza di tali servizi (in particolare dello psicologo e dell’operatore legale) e l’individuazione delle persone vulnerabili che ad oggi sono le sole che, in qualità di richiedenti protezione internazionale (fatta eccezione per i beneficiari di evacuazioni, ricollocamenti e cittadini ucraini), hanno accesso al sistema SAI.

Proprio in merito all’individuazione e alla tutela dei vulnerabili, è necessario rammentare che il legislatore europeo ha ricordato che “l’accoglienza di persone portatrici di particolari esigenze di accoglienza dovrebbe essere la prima preoccupazione per le autorità nazionali affinché tale accoglienza sia configurata specificamente per rispondere alle loro speciali esigenze in materia 16”. Gli Stati membri, nell’attuazione del disposto UE, devono tener conto della specifica situazione delle persone vulnerabili e valutare se quest’ultime abbiano esigenze di accoglienza particolari precisando la natura delle stesse 17, affinché la qualità dell’accoglienza e quindi della loro sia adeguata alla loro specifica 18. Ebbene, è necessario chiedersi come, in assenza di figure quali lo psicologo, l’operatore legale, e l’assistente sociale (quest’ultimo solo per i nuovi centri ex art. 11 comma 2 bis), tali vulnerabilità possano essere individuate.

3.1 L’Assistenza psicologica: la tutela delle vulnerabilità e della salute mentale

Alcune importanti riflessioni sono necessarie in primis per quanto riguarda la figura dello psicologo. In merito, è necessario ricordare che – seppur non previsto neanche nel precedente schema di Capitolato del 2018 –  il diritto unionale prevede che gli Stati membri siano tenuti a provvedere “affinché i richiedenti asilo ricevano la necessaria assistenza sanitaria che comprende quanto meno le prestazioni di pronto soccorso e il trattamento essenziale delle malattie e di gravi disturbi mentali” nonché a fornire “la necessaria assistenza medica, o di altro tipo, ai richiedenti con esigenze di accoglienza particolari, comprese, se necessarie, appropriate misure di assistenza psichica 19”. Tali garanzie di tutela sono ulteriormente più forti per le vittime di tortura, stupri o altri gravi atti di violenza in quanto la loro condizione richiede che “ricevano il necessario trattamento per il trattamento per il danno provocato da tali atti, e accedano in particolare ad assistenza o cure mediche e psicologiche appropriate 20”.

Ebbene, è in questa sede interessante notare come con il decreto Cutro il legislatore ha deciso di non toccare solo formalmente la previsione normativa con cui l’Italia aveva recepito correttamente la Direttiva 2013/33, ovvero il D.lgs 142/2015 in cui all’art. 17 è previsto che i servizi di salute mentale vengano “individuati con il decreto ministeriale di cui all’articolo 12 (ndr. il Capitolato generale dei servizi di accoglienza), assicurati anche in collaborazione con la ASL competente per territorio”, garantendo “misure assistenziali particolari, ed un adeguato supporto psicologico” e all’articolo 10 comma 1 terzo periodo (anch’esso superstite dell’ultima modifica legislativa) che siano “assicurati il rispetto della sfera privata, comprese le differenze di genere, delle esigenze connesse all’età, la tutela della salute fisica e mentale dei richiedenti”. 

In tal senso, infatti, se da una parte rimane inalterata la previsione normativa con cui viene recepita la Direttiva, dall’altra l’eliminazione dei servizi di assistenza psicologica con la riformulazione dell’art. 10, elimina o quanto meno rende estremamente difficile nella sostanza la possibilità di individuazione e supporto delle vulnerabilità. È infatti quasi impossibile, immaginare che una delega ai servizi territoriali di salute mentale possa garantire un’effettiva tutela dei beneficiari, viste anche le pesanti carenze di cui soffrono già oggi e l’ampiezza del fenomeno (uno studio di MEDU 21 ha rilevato che tra le persone che erano state inviate presso i loro sportelli per la presenza di varie forme di disagio psichico per cui veniva ipotizzata una possibile origine post-traumatica il 79,5 presentava una probabile diagnosi di PTSD 22 e che, ricerche precedenti 23, avevano evidenziato tale patologia nel 30% del totale rifugiati e persone colpite da conflitti).

Un’ulteriore nota degna d’interesse, sempre relativa alla caotica attività del legislatore nel divergere tra principi generali e loro attuazione concreta, restano le Linee guida per la programmazione degli interventi di assistenza e riabilitazione nonché per il trattamento dei disturbi psichici dei titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale del 2017 24. In tale contesto il Ministero della Salute nel 2017, citando proprio l’articolo 17 del D.lgs 142/2015 ribadiva l’importanza della figura dello psicologo sottolineando che lo schema di Capitolato generale dei centri di prima accoglienza prevedesse modalità specifiche  di individuazione delle vittime di tortura e violenza grave e individuando nel suo programma per l’individuazione precoce che il primo livello d’intervento “trova il suo compimento nella segnalazione dei richiedenti presumibilmente vittime di violenze estreme, al medico e allo psicologo del Centro di accoglienza.”, il secondo livello in colloqui specifici con i due professionisti.  Nonostante ciò, l’anno successivo il nuovo Capitolato Salvini decise di eliminare l’assistenza psicologica in aperto contrasto con le Linee Guida che, tuttavia, sia ad oggi, sono rimaste in vigore.   

3.2 Informativa e orientamento legale

L’eventuale aggiornamento del Capitolato generale d’appalto, coordinato con la nuova formulazione dell’art. 10, è immaginabile che non prevederà l’informativa legale per i beneficiari delineando profili di incompatibilità.

In merito alle condizioni di accoglienza, la Direttiva 2013/33/UE prevede infatti che le persone accolte siano informate “di qualsiasi beneficio riconosciuto e degli obblighi loro spettanti in riferimento alle condizioni di accoglienza” fornendo tali informazioni “per iscritto e in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile” oppure “se del caso […] anche essere fornite oralmente 25

Quanto invece alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, si rammenta che la Direttiva 2013/32/UE ha sottolineato che è “nell’interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti garantire un corretto riconoscimento delle esigenze di protezione internazionale già in primo grado. A tale scopo i richiedenti dovrebbero ricevere già in primo grado, gratuitamente, informazioni giuridiche e procedurali, in funzione delle loro situazioni particolari. Tali informazioni dovrebbero tra l’altro consentire loro di comprendere meglio la procedura e aiutarli a rispettare gli obblighi in materia 26”. Il legislatore Ue prosegue stabilendo che il richiedente sia “informato della procedura da seguire e dei suoi diritti e obblighi durante il procedimento, nonché delle eventuali conseguenze di un mancato adempimento degli obblighi e della mancata cooperazione con le autorità. E’ informato in merito ai tempi e ai mezzi a sua disposizione per adempiere all’obbligo di addurre gli elementi di cui al­ l’articolo 4 della direttiva 2011/95/UE, nonché delle conseguenze di un ritiro esplicito o implicito della domanda. Tali informazioni sono fornite in tempo utile affinché il richiedente asilo possa far valere i diritti sanciti dalla presente direttiva e conformarsi agli obblighi descritti nell’articolo 13 27”.    

In tal senso 28, pur ammettendo che “gli Stati membri possono disporre che a fornire le informazioni giuridiche e procedurali gratuite […] siano organizzazioni non governative, professionisti di autorità governative o servizi statali specializzati 29”, appare fortemente improbabile, anche visto l’elevato numero di centri presenti nel paese (oltre 5.000 strutture CAS), che tali funzioni possano essere coperte da personale esterno all’equipe dell’ente gestore. 

Si può quindi immaginare che sia per tale ragione che il legislatore italiano nel 2018 abbia previsto la presenza di una persona che si occupasse di fornire informazioni legali, nonostante abbia comunque operato un taglio sugli altri servizi. 

3.3 Possibili profili di rischio per i minori

Premettendo che la riforma legislativa non dovrebbe influire sui servizi erogati nell’ambito della prima accoglienza dei minori stranieri non accompagnati accolti nei centri ex art. 19 comma 3 bis, serie preoccupazioni sorgono invece per i minori accompagnati accolti insieme ai genitori. In merito, infatti, le nuove disposizioni che eliminano i servizi di assistenza psicologica e di informatica legale, nonché del servizio di assistenza sociale per i centri di cui al nuovo comma 2 bis dell’art. 11, influiscono fortemente sulle tutele invece prescritte sia dal legislatore italiano che da quello dell’UE. 

Insegnamento della lingua. Persino la cancellazione della previsione dell’insegnamento della lingua italiana – eliminata nel capitolato 2018, ma reinserita dal capitolato a firma Lamorgese – pone seri interrogativi in merito all’allineamento con le disposizioni UE e risulta in contrasto con la stessa normativa nazionale. Se nessuna previsione impone agli stati membri di prevedere tra i servizi previsti nei centri di accoglienza l’insegnamento della lingua italiana per gli adulti, si pone invece una questione di particolare rilevanza per i minori accolti a loro seguito. Da una parte, infatti, la Direttiva 2013/33/UE prevede che siano “impartiti corsi di preparazione, anche di lingua, ai minori, se necessari per agevolarne l’accesso e la partecipazione al sistema educativo 30”, dall’altra la legislazione nazionale ha abbondantemente approfondito, tra i tanti, il tema dell’accesso all’istruzione dei minori evocando specifiche garanzie in merito.

Conclusioni

In ultima battuta, la conversione in legge del decreto Cutro, oltre a confermare la persistenza di un doppio standard nelle misure di accoglienza riservate ai richiedenti asilo – che vedono contrapposti da un lato le vittime di emergenze umanitarie arrivate in Italia con corridoi umanitari e operazioni di ricollocamento, cittadini ucraini e vulnerabili e, dall’altro, i migranti che partono da paesi che strutturalmente sono bacino di provenienza del maggior numero di arrivi e perdono oggi l’accesso al SAI – perpetua un modus operandi costante nel tema dell’immigrazione che vede una forte contrapposizione tra la garanzia formale di accesso ai diritti e le risorse effettivamente previste. 

In merito a questo secondo aspetto, l’eliminazione di servizi fondamentali quali l’assistenza psicologica e legale, nonché l’assistenza sociale nei nuovi centri di transito ex art. 11 comma 2 bis del D.lgs 142/2015, è aggravata dall’incertezza dei tempi di permanenza poiché la riforma non ha fissato alcun tipo di limite temporale. In tal senso, la normativa così come formulata apre delle pericolose zone grigie, limitandosi a sopprimere dei servizi e delegando alle strutture territoriali, agli enti locali e alle associazioni, sperando che sopperiscano alle inefficienze del sistema di accoglienza. 

Il rischio insito in una tale formulazione normativa è quello di vedere frammentata sul territorio italiano, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, l’erogazione del servizio. La “riforma”, piuttosto che agire su un orizzonte di uniformità, crea quasi un’autonomia differenziata in cui, la riuscita o il fallimento nella gestione delle strutture, dipenderà in larga misura dall’adeguatezza dei servizi territoriali che operano nel settore sanitario, di assistenza sociale e di supporto alla persona.

Infine, è opportuno rimarcare quanto il nuovo modello sia grandemente in distonia non solo con il dettato costituzionale, in particolare con gli articoli 3 e 10, ma anche, come già ampiamente discusso, con le previsioni normative del quadro europeo di riferimento.

  1. Decreto Legge 10 marzo 2023, n. 20 recante “Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare”
  2. Legge 5 maggio 2023, n. 50 recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20, recante disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare”
  3. Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n. 142 recante “Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché’ della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale”.
  4. Art. 1-sexies del Decreto Legge 30 dicembre 1989, n. 416 recante “Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato”
  5. L’art. 21 della Direttiva 33/2013/UE specificando che “nelle misure nazionali di attuazione della […] direttiva, gli Stati membri tengono conto della specifica situazione di per­sone vulnerabili” identificano quest’ultimi nei “minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le vittime della tratta degli esseri umani, le persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali e le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, quali le vittime di mutilazioni genitali femminili”.
  6. Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 recante “Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione)”
  7. Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 recante “Norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione)”
  8. Si vedano in merito:
    Procedure Operative Standard (SOP) Standard Operating Procedures (SOP) applicabili agli hotspots italiani, disponibili al seguente link: http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/hotspots_sops_-_versione_italiana.pdf
    Roadmap italiana del 28 settembre 2015 disponibile al seguente link: https://www.statewatch.org/media/documents/news/2015/nov/italian-Roadmap.pdf
  9. Art. 2 lett. b dell’Ocdpc n. 984 del 16 aprile 2023, n. 984 recante “Prime disposizioni urgenti per fronteggiare, sul territorio delle regioni Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, lo stato di emergenza in conseguenza dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti in ingresso sul territorio nazionale attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo” disponibile al seguente link: https://www.protezionecivile.gov.it/it/normativa/ocdpc-n-984-del-16-aprile-2023/
  10. Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 recante “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”.
  11. L’art. 12 del D.lgs 142/2015 prevede che “Con decreto del Ministro dell’interno è adottato lo schema di capitolato di gara d’appalto per la fornitura dei beni e dei servizi relativi al funzionamento dei centri di cui agli articoli 6, 8, comma 2, 9 e 11, in modo da assicurare livelli di accoglienza uniformi nel territorio nazionale, in relazione alle peculiarità di ciascuna tipologia di centro”
  12. Decreto Legge 4 ottobre 2018, n. 113 recante “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”
  13. Schema di capitolato di gara di appalto per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al funzionamento dei centri, approvato con Decreto del Ministro degli Interno il 29 gennaio 2021 disponibile al seguente link: https://www.interno.gov.it/it/amministrazione-trasparente/bandi-gara-e-contratti/nuovo-schema-capitolato-appalto-fornitura-beni-e-servizi-relativi-alla-gestione-e-funzionamento-dei-centri
  14. Schema di capitolato di gara di appalto per la fornitura di beni e servizi relativo alla gestione e al funzionamento dei centri di prima accoglienza, approvato con Decreto del Ministro dell’Interno il 20 novembre 2018 disponibile al seguente link: https://www.interno.gov.it/it/amministrazione-trasparente/bandi-gara-e-contratti/schema-capitolato-gara-appalto-fornitura-beni-e-servizi-relativo-alla-gestione-e-funzionamento-dei-centri-prima-accoglienza
  15. Art. 17 comma 2 della Direttiva 2013/33/UE
  16. Considerando 14 della Direttiva 2013/33/UE
  17. Art. 21 della Direttiva 2013/33/UE
  18. Art. 17 par. 2 della Direttiva 2013/33/UE
  19. Art. 19 della Direttiva 2013/33/UE
  20. Art. 25 della Direttiva 2013/33/UE
  21. MEDU, “Bad reception: a new trauma for refugees”, disponibile al seguente link: https://mediciperidirittiumani.org/en/bad-reception-a-new-trauma-for-refugees-2/
  22. Post Traumatic Stress
  23. Steel et al., 2009
  24. Ministero della Salute, Linee guida per la programmazione degli interventi di assistenza e riabilitazione nonché per il trattamento dei disturbi psichici dei titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale del 22 marzo 2017, disponibili al seguente link: https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2599_allegato.pdf
  25. Art. 5 della Direttiva 2013/33/UE
  26. Considerando 22 della Direttiva 2013/32/UE
  27. Art. 22 della Direttiva 2013/33/UE
  28. Si veda l’art. 19 della Direttiva 2013/32/UE recante “Informazioni giuridiche e procedurali gratuite nelle procedure di primo grado “e art 20 “Assistenza e rappresentanza legali gratuite nelle procedure di impugnazione”
  29. Art. 21 della Direttiva 2013/33/UE
  30. Art. 14 della Direttiva 2013/33/UE

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