C’è una svolta nel caso Iuventa, in uno dei processi penali più ampi e controversi contro le ONG del soccorso in mare. Nell’udienza preliminare di venerdì 12 maggio, la difesa della Iuventa ha presentato un’istanza di rimessione alla Corte Costituzionale italiana, contestando la base normativa del procedimento penale. Questa azione legale mette in discussione la legislazione italiana ed europea sui casi di “smuggling of migrants“, in base ai quali, solo in Italia, più di 1.000 persone sono attualmente detenute.
Lo ha spiegato in una conferenza stampa il team legale di Iuventa e alcune attiviste sotto indagine. “È ora di riconsiderare l’intera disciplina. Da oggi, questo processo penale ha assunto una portata giuridica più ampia, che va al di là di questo singolo caso. Per noi si tratta di uno sviluppo significativo, in quanto riflette a pieno la natura delle accuse, che non hanno mai riguardato solo i singoli imputati ma costituiscono piuttosto un attacco a tutti coloro che hanno messo in atto condotte simili, che lo stanno facendo attualmente o che potrebbero farlo in futuro“, ha dichiarato l’avv. Francesca Cancellaro.
Nel merito l’istanza di rimessione alla Corte costituzionale contesta la legittimità costituzionale del reato di favoreggiamento ai sensi della legge italiana sull’immigrazione, così come le relative circostanze aggravanti che riguardano il numero di persone che commettono il reato e il numero di persone trasportate. La difesa sostiene che l’art. 12 TU immigrazione e le sue aggravanti violano il principio di uguaglianza, di ragionevolezza e di proporzionalità.
Inoltre, l’istanza solleva la questione di incompatibilità di due delle disposizioni del “Pacchetto Favoreggiatori – facilitators package” con la Carta europea dei diritti fondamentali. La difesa di Iuventa ritiene che l’obbligo di criminalizzare, in qualsiasi circostanza ivi compreso l’agire per fini solidaristici, il favoreggiamento dell’ingresso non autorizzato e al contempo la discrezionalità concessa agli Stati membri nell’applicazione della cd. “clausola umanitaria”, violano i diritti fondamentali delle persone che sostengono, in modo rispettoso della dignità e dell’integrità delle persone, e quindi rispettandone la loro volontà, l’attraversamento delle frontiere delle persone in movimento.
Kathrin Schmidt, imputata della Iuventa ha sottolineato che “un sistema giudiziario che applica leggi disumane non potrà mai garantire giustizia. In fin dei conti non è un sistema che funziona male e che deve essere cambiato, ma funziona esattamente come previsto, e a cui si deve porre fine. Preferisco essere processata per aver soccorso le persone piuttosto che vivere in tranquillità complice del loro omicidio“.
Alla conferenza è intervenuto anche Lorenzo Trucco, avvocato per i diritti umani e presidente di Asgi: “Veramente grande è l’importanza e l’utilità stessa della presentazione della questione di legittimità costituzionale o di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in relazione all’art.12 T.U. immigrazione che ha sempre rappresentato un elemento di grave oscurità nel panorama della civiltà giuridica. La estrema indeterminatezza della norma che pone sullo stesso livello sanzionatorio altissimo, ulteriormente esacerbato dalla L.50/23, situazioni di gravità del tutto differenti, l’ingiustificabile limitazione territoriale della c.d. clausola umanitaria, costituiscono una insopportabile violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza, proporzionalità, che trascende lo stesso piano meramente giuridico“.
La prossima udienza del processo a Iuventa e alle altre Ong del soccorso civile si terrà il 26 maggio 2023 a Trapani. Come Melting Pot continueremo a seguire gli sviluppi di quello che fin dalle indagini preliminari, con tutto l’apparato di intercettazioni a giornalisti e attivisti, rappresenta il più grande teorema contemporaneo di criminalizzazione della solidarietà. Un processo che in fin dei conti riguarda tutti e tutte coloro che praticano solidarietà attiva e difendono i diritti fondamentali di qualsiasi persona.