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PH: Matilde Bernabò
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«Trattati come animali». I violenti respingimenti della Croazia

Il nuovo rapporto di Human Rights Watch: «L'UE chiude gli occhi di fronte alla routine di questa brutalità»

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«La polizia croata respinge regolarmente e spesso con violenza rifugiati, richiedenti asilo e migranti verso la Bosnia-Erzegovina senza valutare le loro richieste di asilo o le loro esigenze di protezione», ha dichiarato Human Rights Watch (HWR) presentando un rapporto pubblicato il 3 maggio. 

La pubblicazione di 94 pagine, “Trattati come animali. Respingimenti di persone in cerca di protezione dalla Croazia alla Bosnia-Erzegovina“. 1, rileva – nuovamente – che le autorità croate effettuano respingimenti, anche di minori non accompagnati e di famiglie con figli piccoli. La pratica è in corso nonostante le smentite ufficiali, i presunti sforzi di monitoraggio e i ripetuti – e non mantenuti – impegni a rispettare il diritto di chiedere asilo e altre norme sui diritti umani. La polizia di frontiera spesso sequestra, o distrugge, i telefoni, il denaro, i documenti d’identità e altri beni personali e spesso sottopone bambini e adulti a trattamenti umilianti e degradanti, a volte con modalità esplicitamente razziste.

«I respingimenti sono da tempo una procedura operativa standard per la polizia di frontiera croata, e il governo croato ha ingannato le istituzioni dell’Unione Europea con raggiri e false promesse», ha dichiarato Michael Garcia Bochenek, consulente senior per i diritti dei minori di Human Rights Watch e autore del rapporto. «Questi abusi deplorevoli – e l’ipocrisia ufficiale che li facilita – dovrebbero finire».

La Croazia è uno Stato membro dell’Unione Europea che è entrata a far parte dell’Area Schengen nel gennaio 2023. «Nei mesi precedenti la decisione – fa notare HRW – la polizia di frontiera sembrava aver respinto un numero minore di persone e aver ridotto alcune delle sue pratiche più violente. Tuttavia, a marzo ha ripreso a respingere su larga scala».

Human Rights Watch per confezionare il dossier ha intervistato più di 100 persone, tra cui più di 20 minori non accompagnati e 24 coppie di genitori che viaggiavano con bambini piccoli. Le persone in movimento hanno descritto respingimenti spesso brutali, alcuni dei quali avvenuti in aprile 2023, confermando così che queste pratiche sono ancora in corso. 

Alcune di loro hanno raccontato che la polizia croata li ha respinti decine di volte, ignorando sistematicamente le loro richieste di asilo.

E’ il caso di Farooz D. e Hadi A. di 15 anni che il mese scorso hanno raccontato ai ricercatori che la polizia croata li aveva arrestati la sera prima, per poi portarli al confine e ordinare loro di tornare in Bosnia ed Erzegovina a piedi, malgrado avessero chiesto protezione e dichiarato di avere meno di 18 anni. Prima di respingerli, la polizia croata li ha presi a calci, sequestrando 500 euro e tutto ciò che c’era nel suo zaino. «Ci hanno detto che se ci avessero ripreso, ci avrebbero picchiato sul serio».

Le autorità croate hanno quasi sempre negato la responsabilità dei respingimenti e il Ministero degli Interni croato non ha risposto alle richieste di Human Rights Watch di un incontro o di un commento su questi fatti.

Nel rapporto si riportano poi alcuni numeri sui respingimenti, frutto di collaborazioni e di report di altre organizzazioni che monitorano la cosiddetta Rotta balcanica. 

Ad esempio, il Danish Refugee Council ha registrato tra gennaio 2020 e dicembre 2022 quasi 30.000 respingimenti, il 13% circa dei pushback registrati nel 2022 ha riguardato minori, sia non accompagnati che con famiglie. La maggior parte delle violazioni colpiscono persone in movimento di origine afghana.

HRW illustra la tipica azione di respingimento: «La polizia croata non trasferisce le persone alle autorità della Bosnia-Erzegovina ai normali posti di frontiera. Al contrario, la polizia croata trasporta le persone in punti diversi del confine e ordina loro di attraversarlo. Le persone hanno descritto di aver dovuto guadare fiumi o torrenti, arrampicarsi sulle rocce o farsi strada attraverso il bosco, spesso di notte e senza alcuna idea di come raggiungere la città più vicina».

Le testimonianze raccolte confermano che i poliziotti croati indossano le uniformi, guidano mezzi della polizia e si identificano come agenti, per non lasciare dubbi su l’ufficialità del ruolo. Alcuni uomini hanno raccontato a HRW e ad altre organizzazioni di aver subito diversi abusi e maltrattamenti, dall’essere denudati, a rasati e oltraggiati. Il DRC ha documentato che un gruppo di uomini è arrivato in un campo profughi bosniaco con delle croci arancioni sulla testa, vergate dagli agenti croati con le bombolette spray. 

Altre inchieste sono riuscite a rendere pubbliche le denunce delle persone in movimento. I rapporti stilati ogni mese dal Border Violence Monitoring Network sono una galleria degli orrori e delle violazioni dei diritti umani, delle sevizie e torture commessi dalle forze di polizia croate. Amnesty International ha riportato come un gruppo di migranti sia stato legato, brutalmente picchiato e torturato dagli agenti, i quali si sono presi gioco delle ferite e hanno messo del cibo sulle teste sanguinanti delle persone per umiliarle. Nel 2021 Lighthouse Reports ha pubblicato un’inchiesta che mostra un gruppo di uomini in passamontagna, identificati come poliziotti croati, che costringono le persone a suon di manganellate a tornare indietro. Queste denunce, in alcuni casi correlate da prove fotografiche dei poliziotti colti in flagranza, hanno aperto un paio di indagini interne alla polizia, ma appena si sono spenti i riflettori mediatici, i fascicoli sono stati posizionati sul fondo di qualche cassetto.  

Stephanie M., una donna di 35 anni del Camerun, intervistata dai ricercatori di HRW nel maggio 2022 ha raccontato: «È arrivata la polizia. Ci hanno fatto togliere i vestiti. Ci hanno preso i telefoni. Ci hanno perquisito. Abbiamo detto che volevamo chiedere asilo in Croazia. Abbiamo detto che avevamo bisogno di cure mediche. Ci hanno detto: “Andate”. Ci hanno deportato senza tenere conto della nostra situazione. È la quinta volta che ci succede».

Emmanuel J., un 25enne del Ghana, intervistato a novembre 2022, il giorno dopo essere stato respinto dalla Croazia: «Perché ci trattano così? Non è giusto. Non rimandateci indietro. Non abbatteteci in questo modo. Ora non ho soldi. Non ho cibo. Come faccio a sopravvivere? Ieri sera un uomo voleva uccidersi».

La Bosnia-Erzegovina non può essere considerato un Paese sicuro

HRW approfondisce i motivi per cui la Bosnia ed Erzegovina non può essere un paese sicuro per le persone in cerca di protezione. Per prima cosa, il sistema di asilo è inefficace e i dati forniti da UNHCR lo dimostrano: solo cinque persone hanno ricevuto lo status di rifugiato nel 2021, contro una nel 2020 e tre nel 2019.

Nonostante questo, a marzo e aprile 2023, la polizia croata ha trasferito diverse centinaia di persone in Bosnia-Erzegovina in base a un “accordo di riammissione” e ha lasciato intendere che questa pratica continuerà. La riammissione è una procedura formale effettuata ai posti di frontiera ufficiali dalla polizia, ma le riammissioni in Bosnia-Erzegovina dalla Croazia non tengono conto delle esigenze di protezione del diritto di asilo e non offrono le fondamentali tutele giuridiche di un processo equo, compreso il diritto di appello. Secondo Human Rights Watch, queste riammissioni sono di fatto espulsioni sommarie di massa.

Anche l’Austria, l’Italia e la Slovenia – sottolinea l’Ong –  hanno utilizzato gli accordi di riammissione tra loro e con la Croazia in modo analogo, il che significa che se le persone raggiungono i “paesi finali” della Rotta balcanica, possono ritrovarsi a loro volta rimpatriate nel Paese attraversato durante il loro viaggio. Sono i cosiddetti “respingimenti a catena”, ossia riammissioni dall’Austria, dall’Italia e dalla Slovenia che riporterebbero le persone in movimento al punto di partenza e già sanzionate dai tribunali come pratiche illegali. 

Il governo italiano continua a ribadire la volontà di riprendere le riammissioni in Slovenia non appena sarà in grado di farlo. Tuttavia, un’inchiesta della rivista Altreconomia spiega come sia un flop: infatti, dai dati inediti trasmessi dal Viminale e riportati nell’articolo si evidenzia che tra dicembre 2022 e metà marzo 2023 sono state rifiutate da Lubiana ben 167 su 190 proposte di riammissione tentate dalle autorità di frontiera italiane 2.

Soldi dell’Unione Europea per gestire le frontiere

Le pratiche di respingimento della Croazia violano i divieti internazionali di tortura e maltrattamenti, di espulsione collettiva e il principio di non refoulement. I respingimenti di minori violano le norme sui diritti dell’infanzia.

Malgrado ciò, l’Unione europea ha contribuito con fondi sostanziali alla gestione delle frontiere croate senza – spiega HRW – assicurare garanzie significative che le pratiche della Croazia aderiscano alle norme internazionali sui diritti umani e siano conformi al diritto dell’UE. Malgrado le prove inconfutabili, le autorità croate hanno più volte negato che la polizia nazionale effettui respingimenti e la serie ampiamente documentata di gravi abusi e violenze. Un meccanismo di monitoraggio delle frontiere finanziato dall’UE e istituito nel 2021 non è stato indipendente e non ha portato alcun risultato significativo. «I suoi membri, infatti, non possono fare visite senza preavviso e non possono recarsi ai valichi di frontiera non ufficiali. Non è chiaro neanche come vengono nominati e come definiscano le priorità da rispettare. I rapporti redatti finora sono stati modificati per eliminare qualunque critica alla polizia e al Ministero dell’Interno croati». 

Il lavoro si conclude con una serie di raccomandazioni specifiche rivolte in particolar modo a tutte le autorità croate (governo, ministero dell’interno, polizia, procura) ma anche a tutti i Paesi membri dell’Unione europea e alle istituzioni europee.    

In sintesi, la Croazia dovrebbe porre immediatamente fine ai respingimenti e alle altre espulsioni collettive verso la Bosnia-Erzegovina. Gli altri Paesi dell’UE, tra cui l’Italia e la Slovenia, non dovrebbero cercare di rimpatriare le persone in Croazia finché le autorità croate non porranno fine alle espulsioni collettive e non garantiranno il rispetto del diritto di asilo. La Commissione europea dovrebbe imporre alle autorità croate di porre fine ai respingimenti e ad altre violazioni dei diritti umani al confine e di fornire informazioni concrete e verificabili sulle misure adottate per indagare sulle violazioni dei diritti umani contro migranti, richiedenti asilo e rifugiati.

«I respingimenti non dovrebbero essere una prassi abituale», ha dichiarato Bochenek. «Le istituzioni dell’UE devono agire con decisione per chiedere conto alla Croazia di queste regolari violazioni del diritto comunitario e delle norme internazionali».

  1. ‘Like We Were Just Animals’: Pushbacks of People Seeking Protection from Croatia to Bosnia and Herzegovina
  2. Respingimenti alla frontiera con la Slovenia: i dati che smontano gli annunci del governo. Duccio Facchini, Altreconomia – 9 maggio

Stefano Bleggi

Coordinatore di  Melting Pot Europa dal 2015.
Mi sono occupato per oltre 15 anni soprattutto di minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta e richiedenti asilo; sono un attivista, tra i fondatori di Libera La Parola, scuola di italiano e sportello di orientamento legale a Trento presso il Centro sociale Bruno, e sono membro dell'Assemblea antirazzista di Trento.
Per contatti: [email protected]