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Immagine: Rasmus Olsen, CC BY-SA 2.0

Il dominio dei dati degli USA per un controllo transfrontaliero delle migrazioni

L'accesso alle sue vaste banche dati biometriche in cambio della reciprocità di altri Stati

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L’interoperabilità dei dati nell’ambito di migrazioni e visti, già elemento cardine all’interno dei programmi europei, sembra estendersi in un’ottica transfrontaliera tramite una proposta degli USA, rivolta primariamente a UE, Israele e Regno Unito.

State Watch 1 ha diffuso un documento del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti (DHS) in cui si pubblicizzano gli “Accordi per una maggiore sicurezza delle frontiere“, che offre l’accesso alle sue vaste banche dati biometriche in cambio della reciprocità di altri Stati.

Risale tuttavia allo scorso anno la proposta degli Stati Uniti di accedere a una parte degli archivi di dati di registrazione di cittadini stranieri, viaggiatori e richiedenti asilo, a patto di “reciprocità”; più precisamente a luglio 2022, quando vennero pubblicizzati gli “Enhanced Border Security Agreements” (EBSA), letteralmente “accordi per la sicurezza delle frontiere rafforzate”. Con tali accordi, il Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti (DHS) aveva offerto l’accesso alle sue banche dati biometriche nell’ottica di realizzare un database condiviso – iniziativa che in ambito comunitario aveva suscitato scalpore tra gli eurodeputati più sensibili al tema della privacy.

Attraverso tali accordi, i record dei paesi stranieri potrebbero essere controllati e confrontati con il sistema di identificazione biometrica automatizzato (IDENT) – sistema centrale negli Stati Uniti per l’archiviazione e l’elaborazione dei dati biometrici e biografici, funzionale a garantire la sicurezza nazionale – e con l’Homeland Advanced Recognition Technology (HART), entrambi archivi di dati sotto il controllo di appositi uffici del DHS e contenenti nel complesso oltre 270 milioni di profili biometrici, alcuni dei quali associati con persone sospettate di azioni terroristiche.

I principali dati in gioco in questo baratto transnazionale sono nome, cognome, sesso, data e luogo di nascita, nazionalità, numero di passaporto e di altri documenti di identità, informazioni biometriche quali impronte digitali e fotografie di volti – ma il tipo di informazioni condivise varierebbe in base allo specifico accordo stipulato tra il DHS e lo stato aderente.

L’accordo prevede la condivisione di dati e informazioni tramite un’operazione di “incrocio” di informazioni tra database: quando un paese aderente agli accordi di condivisione invia al DHS un’impronta digitale con richiesta di associazione, queste informazioni biometriche vengono immesse nei database IDENT e HART e, se questi contengono un record corrispondente a tali impronte, il sistema restituisce un “match” in risposta alla richiesta e condivide parte dei dati associati, coerentemente con la tipologia di accordo stipulato e con le norme aziendali dei database. Il DHS enfatizza le modalità di rilevamento e condivisione di dati di questo processo: l’associazione effettuata dal sistema è completamente automatizzata, e lo scambio dei dati avviene senza alcun intervento da parte di ufficiali.

L’obiettivo, come si legge nel testo del documento, è “stabilire in modo più efficace l’identità delle persone alle frontiere e valutare la legittimità della richiesta di asilo dei migranti intercettati”, e risponde a un’esigenza preventiva di forze dell’ordine e agenzie ingaggiate dalle istituzioni per la sorveglianza e il controllo delle frontiere: “rilevare frodi di identità, tratte illecite di contrabbando di esseri umani e stupefacenti, terroristi, criminali o sospetti tali operanti in contesto transnazionale2.

Se guardati dal punto di vista europeo, questi accordi ricalcano un progetto, già implementato tra gli stati membri sotto il segno della Commissione Europea, basato sull’interoperabilità tra i sistemi di informazione dell’UE nel settore delle frontiere e dei visti, e poi nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in ambito di asilo e migrazione. Queste politiche, formalizzate tramite i Regolamenti 2019/817 e 2019/818, erano state implementate con obiettivi analoghi a quelli che motivano gli Enhanced Border Security Agreements: migliorare i controlli alle frontiere esterne dell’Unione, migliorare la capacità di rilevamento delle minacce alla sicurezza e delle frodi di identità e prevenire l’immigrazione irregolare. Già per tali politiche, associazioni a tutela della privacy e della trasparenza, avvocati, giornalisti e attivisti avevano sottolineato il rischio di criminalizzazione ingiustificata insito in questo incrocio di dati provenienti da archivi diversi: è sufficiente essere stati inseriti in maniera erronea in un database di criminali o sospetti tali perché tale catalogazione si riverberi sugli altri database, connotando in questo modo persone che nei fatti non si sono macchiate di alcun reato. Se consideriamo poi che, per via della vulnerabilità della loro posizione giuridica, in alcuni stati membri (quali l’Italia) la categoria delle persone migranti è inserita di default in database di rei o sospetti tali (in Italia l’archivio di riferimento è AFIS), è immediato dedurre le conseguenze di una condivisione di tali dati nell’ambito del rilevamento di potenziali criminali e terroristi. Se una simile condivisione viene poi estesa a una dimensione transfrontaliera, si corre il rischio di esporre persone innocenti a detenzione arbitraria o a sospetti infondati in territorio statunitense, come ha fatto notare l’eurodeputato del Partito Pirata Patrick Breyer 3.

La notizia delle ultime settimane, invece, lega gli EBSA con un altro Programma amministrato dal DHS: il Visa Waiver Program (VWP) 4, un programma di esenzione dall’obbligo dei visti creato dal Congresso degli Stati Uniti già nel 1986 con l’obiettivo di facilitare turismo e brevi viaggi di affari negli Stati Uniti da parte di alcuni cittadini di paesi terzi.

Risale allo scorso 18 aprile, infatti, un documento diffuso poi dal governo Svedese nel Consiglio dell’UE 5, nel quale si menziona la possibilità che gli Stati Uniti pongano l’adesione agli EBSA come condizione per godere del Visa Waiver Program.

In questo modo, il DHS si assicurerebbe una conoscenza più capillare e trasversale delle rotte migratorie nei propri territori. Questo nuovo requisito per l’accesso degli stati membri agli States senza obbligo di visto è stato materia di discussione tra la Commissione Europea e gli Stati Uniti in un gruppo di lavoro dedicato, nel quale sono state analizzate le implicazioni giuridiche e politiche di questa misura.  Anche se, a riunioni concluse, la Commissione Europea ha richiesto che gli EBSA – e qualsiasi altro tipo di accordo che preveda la condivisione di dati e informazioni tra Stati membri e States – sia dissociato dalla politica comune dell’UE in materia di visti, il tentativo statunitense di guadagnare in modo facile moli più ampie e dettagliate di dati facendo leva su partnership esistenti dimostra la fragilità a cui è esposta la protezione di dati sensibili di persone migranti e cittadini europei.

  1. USA border plan requires “continuous and systematic” transfers of biometric data, State Watch (28 aprile 2022)
  2. Il documento integrale
  3. USA offers foreign states access to 1.1 billion biometric “encounters” in return for reciprocal database access, State Watch (luglio 2022)
  4. Che cos’è il Visa Waiver Program?
  5. Leggi il documento

Rossella Marvulli

Ho conseguito un master in comunicazione della scienza. Sono stata a lungo attivista e operatrice nelle realtà migratorie triestine. Su Melting Pot scrivo soprattutto di tecnologie biometriche di controllo delle migrazioni sui confini europei.