Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
Ph: Dorra Frihi e Ludovica Gualandi (progetto Mem.Med)

Meloni dal despota Saied per esternalizzare ancora di più le frontiere

Le organizzazioni tunisine: «Il Paese non può essere considerato sicuro»

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Ieri la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni è volata in visita ufficiale a Tunisi per incontrare il Presidente Kais Saied. La visita era stata concordata a seguito di un colloquio telefonico tra Saied e Meloni il 2 giugno, durante il quale era stato sottolineato “il continuo sostegno dell’Italia alla Tunisia nei negoziati con il Fondo Monetario Internazionale e nella gestione dei flussi migratori“. Meloni ha riposto fiducia nel nuovo alleato, salito al potere con quello che diversi analisti definiscono un golpe, affinché blocchi le partenze dalle coste tunisine. 

Diverse organizzazioni della società civile, tra cui il Forum tunisino per i diritti economici e sociali (FTDES), collettivi delle madri tunisine e altre realtà attive sul tema della libertà di movimento1, si sono mobilitate con cartelli e striscioni dichiarando Meloni «persona non gradita».

Nel testo che ha accompagnato l’iniziativa scrivono che «il sostegno offerto dall’Italia è finalizzato a contenere le partenze dalla Tunisia, sia di cittadini tunisini che di altre nazionalità, e a facilitare e accelerare i rimpatri forzati dall’Italia. Le politiche migratorie del governo italiano hanno un impatto diretto sui tunisini in Italia. Nel 2020 e nel 2021, i cittadini tunisini sono stati la prima nazionalità a essere trattenuta nei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) italiani e la prima nazionalità a essere rimpatriata. Una recente indagine ha inoltre denunciato il trattamento disumano che i migranti, tra cui molti tunisini, subiscono in questi centri».

«La cooperazione tra i due Paesi – sostengono le organizzazioni – non riguarda né le procedure di identificazione dei corpi delle persone morte in mare, né il loro rimpatrio. Gli ingenti finanziamenti concessi dall’Italia alla Tunisia, circa 47 milioni dal 2014, sono stati utilizzati infatti esclusivamente per rafforzare l’apparato di sicurezza tunisino, con il Ministero dell’Interno e della Difesa come principali destinatari. Inoltre, la cooperazione tecnica e commerciale che l’Italia vuole mantenere con la Tunisia non va in alcun modo a beneficio del popolo tunisino, dato che per beneficiarne è necessario ottenere un visto, che per molti tunisini rimane una chimera».

La realtà sociali non sono d’accordo nel classificare la Tunisia un “Paese di origine sicuro” come invece sostiene l’Italia: «Il Paese sta affrontando una grave crisi economica, sociale e politica e l’unica priorità del governo tunisino è quella di perseguire e imprigionare attivisti, sindacati, giornalisti e oppositori politici. Inoltre, gli eventi del febbraio 2023, con la dichiarazione del presidente Kais Saied di essere preoccupato che le “orde di migranti illegali” potessero “cambiare la composizione demografica della Tunisia“, hanno notevolmente peggiorato le condizioni di vita della popolazione migrante in Tunisia.

Nel contesto attuale, la Tunisia non può essere considerata un Paese sicuro per le persone in movimento.

L’obiettivo del governo italiano è quello di rendere la Tunisia custode delle proprie frontiere, in particolare per quanto riguarda l’intercettazione delle imbarcazioni nelle acque territoriali e il loro trasferimento in Tunisia, e di favorire una superficiale stabilizzazione del Paese per evitare che sempre più tunisini partano. Dal 1° gennaio al 31 maggio 2023, la Tunisia ha intercettato 23.110 migranti (10 volte di più rispetto allo stesso periodo del 2020)».

Il comunicato si conclude denunciando la vicinanza ideologica tra i governi tunisino e italiano, caratterizzati da commenti xenofobi e razzisti, e con una serie di considerazioni. In sintesi ricordano che:

  • la mobilità è un diritto umano e che è proprio a causa di queste politiche di esternalizzazione e di sicurezza adottate dai due Stati che migliaia di persone, tunisine e di origine non tunisina, stanno perdendo la vita, costrette a percorrere rotte sempre più pericolose.
  • le politiche di cooperazione e di vicinato devono favorire gli interessi del popolo tunisino ed esortiamo il governo tunisino ad astenersi dal giocare il ruolo di poliziotto del Mediterraneo.
  • le attuali discussioni con le autorità italiane sulla cooperazione nel controllo delle frontiere e nella lotta contro il traffico di esseri umani lasciano le acque territoriali e il territorio tunisino aperti all’interferenza delle forze di sicurezza europee.

E chiedono che:

  • venga presa in considerazione la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo del 30 marzo, che ha condannato il governo italiano per aver violato i capitoli 3, 5 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nei confronti di 4 migranti tunisini, e fermare le espulsioni di massa di migranti tunisini dall’Italia.
  • i governi stabiliscano la verità e facciano giustizia per la morte di Wissem Ben Abdellatif, deceduto il 28 novembre 2021 legato a un letto dell’ospedale San Camillo di Roma, dopo il suo trasferimento dal CPR di Ponte Galeria.
  1. Lista completa qui

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