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Sequestrate le navi civili Mare*Go e Sea-Eye 4, colpevoli di aver salvato decine di vite umane

La solidarietà di Mediterranea: «Il Decreto Piantedosi colpisce ancora»

Progetto senza titolo - 1


Nella giornata di venerdì 2 giugno – scrive Mediterranea Saving Humans – per celebrare a modo loro la Festa della Repubblica, le Autorità italiane hanno messo sotto sequestro, in applicazione del Decreto “Piantedosi” del 2 gennaio scorso, diventato Legge n. 15/2023 con il voto del Parlamento lo scorso 24 febbraio, due navi della flotta civile di soccorso che operano nel Mediterraneo centrale.

A Lampedusa è stata sottoposta a un fermo amministrativo (con relativa sanzione pecuniaria) la nave MARE*GO che, nel corso della sua prima missione a sud-ovest dell’isola lungo la pericolosissima rotta dalla Tunisia, aveva prima assistito diverse imbarcazioni in difficoltà, recuperate da motovedette italiane, poi era stata costretta a intervenire giovedì pomeriggio in soccorso di 36 persone in pericolo di vita, sventando un tentativo di intercettazione e cattura in acque internazionali da parte della Marina militare tunisina. Le Autorità italiane le avevano assegnato per lo sbarco il porto di Trapani (a 180 miglia nautiche di distanza e circa 36 ore di navigazione). La MARE*GO aveva fatto presente alle Autorità che le persone soccorse a bordo erano molto provate, in condizioni psico-fisiche precarie, e andavano portate al più presto a terra. E ha conseguentemente fatto rotta sul più vicino porto di Lampedusa, dove nella notte tra giovedì e venerdì lə superstiti sono statə sbarcatə in piena sicurezza e accoltə. Immediata la notifica del sequestro e della multa per migliaia di euro.

Nel porto adriatico di Ortona, dove era giunta dopo una navigazione di tre giorni, è stata invece fermata la SEA-EYE 4, di cui pubblichiamo volentieri qui sotto la traduzione italiana del comunicato diffuso venerdì in tarda serata. A questa nave viene contestato il solo fatto di aver operato, lungo la rotta verso il porto assegnato dopo il primo soccorso, un secondo intervento che ha salvato la vita ad altre 32 persone.

Alle persone in movimento soccorse, costrette a ulteriori inutili sofferenze a bordo per giorni, dopo aver attraversato la terribile esperienza della Libia e i rischi della traversata in mare; ai Capitani, agli Equipaggi, alle organizzazioni civili di MARE*GO e SEA-EYE 4 tutta la solidarietà di Mediterranea Saving Humans.

Il doppio sequestro di venerdì 2 giugno, dopo i provvedimenti che avevano già colpito la nave GEO BARENTS di Medici Senza Frontiere e la LOUISE MICHEL, dimostra una sola cosa: l’unico vero obiettivo del Decreto “Piantedosi” è colpire, ostacolare, impedire l’attività di soccorso delle navi della flotta civile; provare ad allontanare, con motivazioni pretestuose, dal Mediterraneo centrale occhi e orecchie che, anche negli ultimi giorni, hanno puntualmente documentato e denunciato le sistematiche violazioni dei diritti fondamentali delle persone e del diritto internazionale che Stati e Governi europei compiono in mare. Inutile dire che, anche questa volta, questo illegittimo attacco al soccorso civile da parte del Governo italiano andrà a scontrarsi con la realtà dei fatti.


Il comunicato di Sea-Eye del 02.06.2023

Venerdì sera, la Guardia Costiera italiana ha comunicato alla stampa che le navi di soccorso tedesche SEA-EYE 4 e MARE*GO sono state trattenute per 20 giorni. Poco dopo, anche la Sea-Eye è stata informata, con un riferimento alla nuova legge italiana del 24 febbraio 2023, che la SEA-EYE 4 sarà trattenuta per 20 giorni a Ortona per aver salvato 32 vite in un’operazione di salvataggio.

Secondo la Guardia Costiera italiana, il motivo del fermo è che dopo aver soccorso 17 persone nella zona SAR libica, la nave ha salvato altre 32 persone nella zona di ricerca e soccorso maltese e non si è diretta al porto di Ortona il prima possibile. La SEA-EYE 4 ha interrotto l’avvicinamento a Ortona martedì sera e ha invertito la rotta a causa di una richiesta di aiuto proveniente da parte di un’imbarcazione con più di 400 persone nella zona SAR maltese. L’imbarcazione è stata infine avvistata dall’aereo di ricerca civile SEABIRD. Sea-Watch ne ha dato notizia su Twitter. Poiché nessun attore statale ha confermato il coordinamento dell’emergenza in mare e Malta non coordina da molti mesi le emergenze marittime di persone in cerca di protezione nella zona SAR maltese, la missione di Sea-Eye non aveva alternative.

Durante la ricerca delle 400 persone, la SEA-EYE 4 ha ricevuto una richiesta di soccorso da una barca a vela che aveva trovato 32 persone su un’imbarcazione non idonea. La nave di soccorso Sea-Eye ha quindi portato in salvo le persone a bordo.

Mercoledì sera, la SEA-EYE 4 ha continuato a cercare le 400 persone, che alla fine hanno raggiunto la zona SAR italiana con le proprie forze. Sono state soccorse dalla Guardia Costiera italiana, solo poco prima di raggiungere la Sicilia.

«È quindi sbagliato che la Guardia Costiera italiana affermi che una motovedetta era già in viaggio. Le persone hanno dovuto prima raggiungere la zona SAR italiana con le proprie forze per poter ricevere aiuto. Punirci ora per aver rispettato le leggi internazionali è giustificato solo sulla base della nuova legge italiana, che serve ad allontanare rapidamente le navi di soccorso civili dalla zona di operazione e a farle fare scalo in porti lontani per ridurre il più possibile gli arrivi di persone in cerca di protezione», afferma Gorden Isler, presidente di Sea-Eye e.V.

Il fermo della SEA-EYE 4 impedisce ora un’altra missione di soccorso della nave, sebbene l’anno in corso sia più letale e pericoloso per le persone in cerca di protezione rispetto ai cinque precedenti. «La nuova strategia dell’Italia è perfida ed evidente. I lunghi viaggi verso porti assegnati distanti significheranno sempre che dovremo decidere durante il tragitto se rispondere o no a più richieste di soccorso in arrivo. Naturalmente lo facciamo, e questo ci porta ad essere accusati di infrangere le leggi italiane. Anche se queste leggi hanno solo pochi mesi di vita, ciò crea nell’opinione pubblica l’impressione che la nostra azione sia illegale. È un altro riprovevole tentativo di criminalizzare il salvataggio in mare e la fuga stessa delle persone, per giustificare un’azione statale sempre più brutale», conclude Isler.