A inizio luglio, Medici per i Diritti Umani (MEDU) ha pubblicato un nuovo report sulla situazione e le attività svolte nella Piana di Gioia Tauro nell’ambito del progetto “Campagne aperte: laboratorio di pratiche territoriali per promuovere dignità di vita e di lavoro”. Il progetto è nato con l’obiettivo di rafforzare i processi di affrancamento dallo sfruttamento lavorativo e dall’isolamento sociale dei lavoratori agricoli stranieri nel territorio della Città Metropolitana di Reggio Calabria.
Dopo il primo rapporto uscito in aprile che prendeva in considerazione i primi mesi dell’anno, durante i mesi di aprile e maggio 2023 è proseguito il lavoro della clinica mobile. Il team è composto da una coordinatrice, un medico, un operatore socio-legale, un mediatore culturale e un logista che hanno operato presso i diversi insediamenti precari dove vivono i braccianti agricoli, per lo più stagionali, fornendo prima assistenza medica e orientamento socio-legale e sanitario.
Medu: «A Rosarno le arance sono sempre amare»
Il report al termine di un’altra stagione agrumicola caratterizzata dallo sfruttamento di sempre
In due mesi, il team della clinica mobile ha assistito in totale 94 persone tra visite mediche e assistenza legale, effettuando 80 visite mediche e 63 colloqui legali.
«La popolazione assistita è costituita da giovani uomini (tutti, ad eccezione di una donna) con un’età media di 35 anni, provenienti dai Paesi dell’Africa subsahariana occidentale, in particolare: Mali 35%, Gambia 22%, Senegal 14%, Ghana 8%, Costa d’avorio 8%, Guinea 6%, Nigeria 2%, Burkina Faso 2%, Togo 1%, Sierra Leone 1%, Mauritania 1%. La gran parte dei beneficiari rappresenta una presenza consolidata, trattandosi in generale di giovani uomini presenti in Italia da più di 3 anni (88%) ed avvezzi a spostarsi sul territorio nazionale per seguire le stagioni di raccolta di frutta e vegetali nelle diverse regioni italiane, sia al sud che al nord. Quanto alla permanenza sul territorio della Piana, delle 88 persone che hanno risposto alla domanda, 53 hanno dichiarato una presenza stabile (pari al 60%) e 35 una presenza stagionale. Si tratta di un dato che va preso in seria considerazione per le sue implicazioni in termini di coesione sociale e politiche di integrazione atte a promuoverla».
Dai dati forniti, la maggioranza delle persone assistite è regolarmente soggiornante a fronte dell’8% di irregolari. «Solo il 15% delle persone assistite aveva un permesso di soggiorno per lavoro subordinato o stagionale, gran parte dei lavoratori disponeva invece di un permesso di soggiorno per richiesta asilo (39%), protezione sussidiaria (22%), protezione speciale (22%). L’1% era titolare dello status di rifugiato e un ulteriore 1% di un permesso di soggiorno per attesa occupazione», spiega il team legale che da questo osservatorio punta il dito contro le politiche e le misure adottate negli ultimi mesi dal governo – in particolare il cosiddetto “Decreto Cutro”. «Hanno contribuito ad una crescente precarizzazione delle condizioni giuridiche di migranti, richiedenti asilo e rifugiati dal momento che stabiliscono criteri sempre più restrittivi per l’ottenimento e il rinnovo di alcune tipologie di permesso di soggiorno».
«Rispetto agli anni passati, si è riscontrata una drastica diminuzione del numero di presenze, in parte attribuibile alle tempistiche dell’intervento, che ha avuto inizio solo al termine della stagione agrumicola, in parte ad altri fattori quali i lunghi tempi di attesa per il rilascio o il rinnovo dei permessi di soggiorno presso la Questura di Reggio Calabria e il Commissariato di Gioia Tauro e fattori climatici avversi che hanno determinato un netto calo della produzione agrumicola e una riduzione del raccolto. Alla fine della stagione agrumicola 2023 non più di 500 lavoratori erano presenti nella Piana», illustra la clinica mobile.

Le condizioni abitative e lavorative
«L’ennesima stagione agrumicola si è conclusa senza alcun concreto miglioramento oggettivo delle condizioni abitative e di vita dei lavoratori agricoli stranieri», spiega MEDU e questo nonostante negli ultimi anni si siano susseguite dichiarazioni di intenti e iniziative istituzionali volte al “superamento degli insediamenti informali” con finanziamenti nazionali ed europei, Piani di azione, Protocolli di intesa, tavoli programmatici.
Gli insediamenti che hanno ospitato il maggior numero di braccianti sono stati, come negli anni passati, la Tendopoli di San Ferdinando, il campo container di Testa dell’Acqua a Rosarno e il casolare di contrada Russo a Taurianova. In tutti, MEDU ha riscontrato condizioni estremamente critiche, caratterizzate da strutture fatiscenti o baracche costruite con materiali di risulta, isolamento rispetto ai centri abitati, servizi igienici assenti, non funzionanti o insufficienti, mancanza o carenza di energia elettrica e di acqua, sovraffollamento, mancanza di un sistema di smaltimento dei rifiuti, pericoli derivanti da possibili cortocircuiti e dai fuochi improvvisati, accesi dai braccianti per riscaldarsi durante i mesi invernali.
Le novità più recenti riguardano la realizzazione del “Borgo Sociale”, in Contrada Russo (Comune di Taurianova) e del il “Villaggio della Solidarietà”, a Rosarno, in un bene confiscato alla mafia. «Ad oggi però, nonostante i lavori siano stati ultimati, entrambe le strutture restano chiuse. A fronte dei ritardi e della timidezza delle iniziative istituzionali, a gennaio 2022, ha infatti aperto i battenti l’ostello “Dambe So”, su iniziativa del progetto Mediterranean Hope, della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI)», sostiene MEDU.
In leggero miglioramento rispetto al passato ma distante da standard accettabili, sono le condizioni di lavoro: dal punto di vista della retribuzione giornaliera si è arrivati ai 45 € / 50 € per 8 ore di lavoro in media, permangono nella maggior parte dei casi irregolarità contrattuali e contributive, con il lavoro grigio che rappresenta la norma e il lavoro nero ampiamente diffuso.
Critica come ad ogni monitoraggio di MEDU la situazione di accesso alle cure e alla salute. «Solo il 43% delle persone assistite, infatti, era in possesso di una tessera sanitaria valida. Fattori quali la complessità delle procedure burocratiche, barriere linguistiche in assenza di mediatori culturali, carenze strutturali dei servizi, dovute alle limitate risorse economiche e di personale, isolamento dei luoghi di dimora dei braccianti, in assenza di trasporti pubblici, condizioni di indigenza diffuse, che impediscono a molti braccianti di contribuire, nei casi in cui è richiesto, alla spesa sanitaria ostacolano un effettivo accesso alle cure. Le problematiche del sistema sanitario regionale, già rilevanti negli anni passati, restano gravi, con la Calabria che si conferma nel 2022 come la regione meno efficiente d’Italia. Il quadro epidemiologico generale conferma la stretta correlazione tra le condizioni di salute e le condizioni igienico-sanitarie, lavorative e abitative in cui vive la popolazione bracciantile della Piana. Per quanto riguarda le patologie riscontrate, si conferma la prevalenza di patologie dell’apparato osteo-articolare (nel 22% dei casi) e dell’apparato digerente (12% dei pazienti)».
Il report si conclude con una serie di raccomandazioni e la richiesta di un intervento istituzionale più deciso e strutturato su più livelli, da quello nazionale a quello locale.