In Tunisia, la polizia, i militari e la guardia costiera commettono seri abusi nei confronti delle persone migranti, rifugiati e richiedenti asilo provenienti dall’Africa subsahariana: è quanto afferma in un documento Human Rights Watch 1 dopo aver raccolto plurime testimonianze di vittime di abusi e di personale operante in Tunisia. Gli abusi documentati includono percosse, uso eccessivo della forza, alcuni casi di tortura, detenzione e arresti arbitrari, espulsioni collettive, operazioni pericolose in mare, sfratti forzati e furto di denaro e oggetti personali.
Il 16 luglio scorso, l’Unione Europea ha annunciato la firma di un Memorandum of Understanding (MoU) 2 con la Tunisia per una nuova partnership strategica e un pacchetto di aiuti di un miliardo di euro per il paese, dei quali 105 milioni destinati al controllo delle frontiere, alle operazioni di ricerca e soccorso in mare, alla lotta al traffico di esseri umani e ai rimpatri. All’interno del Memorandum, che deve essere formalmente approvato dagli Stati membri, mancano tuttavia garanzie effettive relative alla tutela dei diritti umani di migranti e rifugiati da parte delle autorità tunisine e non c’è garanzia che i fondi e il supporto materiale dell’Unione non saranno destinati ad entità responsabili di tali violazioni.

Lauren Seiber, ricercatrice di Human Rights Watch, lancia l’allarme: “Finanziando le forze dell’ordine che commettono abusi durante le operazioni di controllo migratorio, l’Unione si rende corresponsabile della sofferenza di migranti, richiedenti asilo e rifugiati in Tunisia”.
L’Unione Europea ha già destinato tra i 93 e i 178 milioni al finanziamento della gestione dei flussi migratori in Tunisia tra il 2015 e il 2022, e Human Rights Watch chiede che gli Stati membri dell’UE sospendano ogni sostegno finalizzato al controllo delle frontiere e dei flussi migratori nell’ambito del Memorandum d’intesa recentemente firmato, almeno fino a quando non sarà effettuata un’approfondita valutazione dell’impatto sui diritti umani.
Oltre agli abusi riportati, le autorità tunisine non sembrano in grado di fornire adeguata protezione, accesso alla giustizia e supporto a coloro che si trovano vittime di sfratti forzati o di assalti razzisti da parte di civili 3. Per queste ragioni, la Tunisia non è considerabile, con riguardo a migranti, rifugiati e richiedenti asilo provenienti dall’Africa subsahariana, né un porto sicuro per lo sbarco di persone intercettate in mare, né un paese terzo sicuro per il trasferimento di richiedenti asilo.
Human Rights Watch ha raccolto, a partire da marzo 2023, le testimonianze di 24 persone, di cui 19 migranti, 4 richiedenti asilo e un rifugiato che hanno vissuto in Tunisia. Si tratta di 22 uomini, una donna e una ragazza, provenienti da Senegal, Mali, Costa d’Avorio, Guinea, Sierra Leone, Camerun e Sudan. 19 tra loro sono entrati in Tunisia tra il 2017 e il 2022, 12 regolarmente e 7 irregolarmente. Degli altri intervistati non si conoscono le modalità di ingresso.
Sono poi state raccolte anche testimonianze di rappresentanti della società civile in Tunisia, nonché di giornalisti, volontari e professori esperti della situazione tunisina. Tutti hanno confermato di aver assistito o intervistato dozzine di migranti, richiedenti asilo e rifugiati in Tunisia e tutti hanno documentato, o sono venuti a conoscenza, di numerosi casi di abusi da parte della polizia e della guardia costiera.
Tra i migranti, richiedenti asilo e rifugiati intervistati, nove sono stati rimpatriati nei paesi d’origine con voli emergenziali, otto si trovavano ancora in Tunisia, sette erano tra le oltre 1.200 4 persone nere espulse o trasferite forzatamente ai confini terrestri con la Libia e l’Algeria all’inizio di giugno.
Tra questi, 22 sono stati vittime di violazioni dei diritti umani da parte delle autorità tunisine. La maggior parte degli abusi raccontati risalgono a dopo il febbraio 2023, quando il presidente Kais Saied ha ordinato alle autorità, con un discorso ritenuto razzista anche dagli esperti delle Nazioni Unite 5, di reprimere l’immigrazione illegale, collegando i migranti africani privi di documenti all’aumento della criminalità e a una minaccia demografica all’identità araba della Tunisia. A seguito di tale discorso, è stato registrato un preoccupante aumento di episodi di hate speech, discriminazione e attacchi a persone nere in Tunisia.
Le violenze raccontate hanno avuto luogo sia in città, dove la polizia sottopone a detenzione arbitraria migranti e rifugiati, utilizzando metodi violenti e spesso rubando loro soldi e oggetti personali; ma anche nelle zone di confine terrestre e in mare aperto, durante le intercettazioni della guardia costiera. In molti casi gli abusi sono accompagnati da insulti razzisti e riferimenti espliciti al colore della pelle e al discorso del Presidente Saied.

Human Rights Watch ha cercato di contattare, il 28 giugno 2023, i Ministri degli Affari Esteri e dell’Interno tunisini per condividere queste informazioni e porre alcune domande, ma non ha ricevuto risposta.
Oltre agli abusi da parte delle forze dell’ordine, dodici intervistati hanno subito abusi anche da parte di civili tunisini: dieci sono stati assaliti o derubati e cinque sfrattati dai propri locatori. Quasi tutti questi eventi sono avvenuti dopo il discorso del Presidente.
Nei mesi successivi a tale discorso, e nel contesto del deterioramento della situazione economica Tunisia, 6, dell’aggravarsi della repressione e della violenza xenofoba e dell’aumento delle partenze di imbarcazioni e delle morti in mare 7, oltre una dozzina di funzionari europei 8 ha visitato la Tunisia per discutere di questioni economiche, di sicurezza e di migrazione 9. Il Ministro degli Interni tedesco è stato uno dei pochi a fare riferimento all’importanza dei “diritti umani dei rifugiati” e della “creazione di rotte migratorie legali”. Il Ministro degli Interni francese ha dichiarato che la Francia offrirà alla Tunisia 25,8 milioni di euro per contribuire a “contenere il flusso irregolare di migranti” , fondi che si sommano ai milioni di finanziamenti europei e bilaterali 10, soprattutto italiani, già indirizzati alle istituzioni tunisine per la gestione delle frontiere marittime e terrestri.
L’esternalizzazione delle frontiere – ovvero la prevenzione degli arrivi irregolari esternalizzando i controlli sull’immigrazione a Paesi terzi – è diventata un elemento centrale della risposta dell’UE alla migrazione mista e ha portato a gravi violazioni dei diritti umani. Il sostegno alle forze dell’ordine violente non fa che esacerbare le violazioni dei diritti umani che alimentano la migrazione.
«Sia l’UE che il governo tunisino devono riorientare radicalmente il loro approccio alle sfide migratorie», ha dichiarato la Seibert. «Il controllo delle frontiere non è una giustificazione per calpestare i diritti e ignorare le responsabilità di protezione internazionale».
Persone migranti e rifugiati in Tunisia
La Tunisia è un paese di origine, transito e destinazione per migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Nella prima metà del 2023 ha addirittura superato la Libia quale paese di partenza per imbarcazioni dirette in Italia 11.
Tra i paesi di provenienza più comuni, ve ne sono diversi – Camerun, Burkina Faso, Mali, e Guinea – dove si verificano diffusi abusi di diritti umani legati a conflitti o colpi di stato recenti. Nel 2021, in Tunisia erano presenti 21.000 stranieri provenienti da paesi esterni all’area del Magreb. La popolazione tunisina è di 12 milioni.
La Tunisia è parte della convenzione ONU sullo status di rifugiato del 1951 e della Convenzione dell’Unità Africana sui rifugiati. La Costituzione tunisina 12 prevede inoltre il diritto di asilo, ma una vera legislazione in materia d’asilo manca completamente nell’ordinamento tunisino ed è l’UNHCR che si occupa della registrazione e delle procedure per richiedere e ottenere asilo.

Sebbene le norme internazionali sui diritti umani scoraggino la criminalizzazione della migrazione irregolare, due leggi tunisine datate 1968 e 2004 criminalizzano l’ingresso, la permanenza e l’uscita irregolare dal paese e le organizzazioni che assistono tali entrate o uscite. Le sanzioni includono multe, ma anche la prigione. Nonostante non esistano norme che prevedano la detenzione amministrativa di immigrati, molte organizzazioni hanno documentato frequenti episodi di detenzione arbitraria di migranti africani. Inoltre, sebbene per i cittadini di molte nazioni africane sia possibile ottenere un visto turistico di 90 giorni 13, è estremamente difficile ottenere un permesso di soggiorno tunisino.
Secondo il Tunisian Forum for Economic and Social Rights (FTDES), tra gennaio e marzo 2023 14 le autorità hanno arrestato più di 3.500 migranti per soggiorno irregolare e intercettato più di 23.000 persone nel tentativo di lasciare irregolarmente il paese. La maggior parte degli arresti avvengono al confine con l’Algeria, ma sono frequenti anche a Tunisi e Sfax, soprattutto a seguito del discorso di Saied.
Espulsioni collettive in Libia e Algeria
Tra il 2 e il 5 luglio 2023, la polizia, la guardia nazionale e i militari tunisini hanno condotto incursioni a Sfax e dintorni, arrestando arbitrariamente centinaia di stranieri dell’Africa subsahariana con status giuridico sia regolare che irregolare. Senza un regolare processo, la guardia nazionale e i militari hanno espulso o trasferito con la forza fino a 1.200 persone verso i confini libici e algerini.
Secondo cinque intervistati, le autorità hanno condotto circa 600-700 persone a sud verso il confine libico, vicino alla città di Ben Guerdane. Altre centinaia sono state condotte verso ovest, in varie località, lungo il confine algerino nei governatorati di Tozeur, Gafsa e Kasserine. È quanto riferito da due persone espulse, da rappresentanti delle Nazioni Unite, da FTDES e da Alarm Phone.
Tra le centinaia di persone espulse in una zona remota e militarizzata al confine tra Tunisia e Libia 15 ci sono almeno 29 bambini e 3 donne incinte. Almeno sei erano richiedenti asilo registrati dall’UNHCR.
Durante l’espulsione, le forze di sicurezza hanno commesso ulteriori abusi, quali percosse, maltrattamenti e abusi sessuali anche su minorenni. Gli agenti hanno anche gettato il cibo, distrutto i telefoni e lasciato le vittime in una zona dalla quale esse non potevano né entrare in Libia né tornare in Tunisia, con le forze dell’ordine di entrambi i Paesi a respingerli. Le testimonianze raccolte erano accompagnate dalla posizione GPS, nonché da video e foto delle persone espulse, delle loro ferite, dei telefoni distrutti, dei passaporti e delle carte consolari e per richiedenti asilo.

Nonostante ciò, in una dichiarazione dell’8 luglio, il Presidente Saied 16 ha definito “bugie” e “fake news” le accuse di abusi da parte delle forze dell’ordine nei confronti dei migranti. Nel fine settimana dell’8 luglio, le squadre della Mezzaluna Rossa tunisina3 hanno fornito cibo, acqua e assistenza medica ad alcuni migranti al confine con l’Algeria e la Libia o nelle vicinanze. È l’unico gruppo di soccorso a cui le autorità tunisine abbiano permesso di entrare nella zona di confine con la Libia.Il 10 luglio, le autorità tunisine hanno finalmente trasferito più di 600 persone dal confine con la Libia in rifugi dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e in altre strutture a Ben Guerdane, Medenine e Tataouine, secondo quanto riferito da rappresentanti delle Nazioni Unite e da un uomo ivoriano tra quelli portati a Medenine, che ha fornito la sua posizione. Tuttavia, l’11 luglio, Human Rights Watch ha parlato con due migranti che hanno dichiarato di far parte di un gruppo di oltre cento persone espulse ancora bloccate al confine con la Libia. Hanno condiviso video e la loro posizione.
I migranti alle due frontiere hanno dichiarato a Human Rights Watch che diverse persone sono morte o sono state uccise in seguito all’espulsione, anche se tali testimonianze non sono state confermate in modo indipendente. L’11 luglio, Agence France-Presse ha riferito che i corpi di due migranti sono stati trovati nel deserto vicino al confine tra Tunisia e Algeria.
Al Jazeera, che ha visitato più volte la zona, ha pubblicato un filmato dell’11 luglio che mostra due gruppi di migranti africani ancora bloccati – oltre 150 persone in totale – e il corpo di un migrante morto.
Oltre alle convenzioni a tutela dei rifugiati, la Tunisia ha aderito alla Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale; alla Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli8, che proibisce le espulsioni collettive; alla Convenzione contro la tortura e al Patto internazionale sui diritti civili e politici10, che proibiscono i rimpatri forzati o le espulsioni verso Paesi in cui le persone potrebbero essere sottoposte a tortura, minacce alla loro vita o alla loro libertà o altri gravi danni.
Abusi della polizia
Oltre alle persone espulse, undici persone intervistate hanno subito abusi da parte della polizia a Tunisi, Sfax, Ariana e in una città vicino al confine con l’Algeria. Due hanno dichiarato che la polizia li ha sfrattati con la forza dai loro appartamenti. Sette hanno detto che la polizia li ha insultati razzialmente, uno è stato minacciato di morte.
In diverse testimonianze si apprende che, a seguito del discorso di Saied, la polizia ha cominciato ad intercettare persone nere durante i turni di lavoro, sia regolari che irregolari, senza verificare i documenti. Gli intervistati sono stati arrestati, minacciati, derubati e la polizia ha in più casi convinto i proprietari di casa allo sfratto. In quasi tutti i casi i poliziotti hanno incoraggiato le vittime a lasciare il paese.
Ci sono anche racconti di abusi precedenti al 2023. Ad esempio, un signore maliano di 31 anni ha raccontato che, a dicembre 2021, un gruppo di ufficiali lo ha trovato a dormire in stazione, assalito, arrestato e picchiati con dei bastoni.
In generale i testimoni riportano che non è sicuro per una persona nera camminare per strada, poiché la polizia è solita perquisire le borse e impossessarsi di soldi o oggetti di valore.
La polizia reprime i manifestanti rifugiati
Dopo il discorso del Presidente Saied, decine di rifugiati, richiedenti asilo e altre persone rimaste senza casa a causa degli sfratti si sono accampati davanti agli uffici dell’UNHCR e dell’OIM a Tunisi. L’11 aprile, di fronte alla sede dell’UNHCR, è iniziata una protesta 17, repressa dalla polizia con l’uso di gas lacrimogeni e bastoni. Alcune persone hanno lanciato pietre contro le auto o la polizia.
La giornalista Elizia Volkman ha descritto l’uso della forza da parte della polizia come spropositato, soprattutto vista la vulnerabilità dei manifestanti. Secondo un richiedente asilo presente sul posto, alcuni poliziotti avrebbero lanciato per primi le pietre contro i manifestanti.
La polizia ha inizialmente preso in custodia circa 80-100 persone al posto di polizia 18 Lac 1, tra cui alcune donne e bambini, e ha lasciato il campo distrutto. In seguito, ha rilasciato alcune persone, mentre trasferiva 31 uomini nella prigione di Mornaguia con varie accuse, tra cui disobbedienza e aggressione, secondo un rappresentante di Avvocati Senza Frontiere (ASF). ASF ha fornito assistenza legale agli accusati, che sono stati rilasciati alla fine di aprile, con le accuse archiviate per metà del gruppo e con l’altra metà in attesa di un’udienza a settembre.
Alcune delle persone arrestate riportano di aver subito torture all’interno della stazione di polizia con bastoni e taser, oltre a insulti razzisti.
Abusi della guardia costiera e intercettazioni in mare
Tra le sei persone intervistate da Human Rights Watch che hanno tentato di raggiungere l’Europa via mare, cinque sono state coinvolte in operazioni di pullback, vale a dire intercettate in mare e riaccompagnate con la forza in Tunisia. Queste operazioni costituiscono una chiara violazione del diritto degli individui a cercare asilo e a lasciare ogni paese, compreso il proprio, a prescindere dalla propria condizione di irregolarità.
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Cinque persone hanno descritto anche gli abusi delle autorità durante o dopo le intercettazioni, raccontando come la guardia costiera sia solita lasciare i migranti stenuati in mare, costringendoli a trascinarsi a riva con l’aiuto di pezzi di legno staccati dalle imbarcazioni distrutte. I racconti includono anche percosse con bastoni; navi, con a bordo anche bambini, capovolte a causa delle onde create dalla guardia costiera; furti di telefoni e di soldi.
Visto l’aumento delle partenze a seguito del discorso del Presidente Saied, che ha contribuito a creare un clima di terrore, la guardia costiera ha recentemente iniziato ad utilizzare lacrimogeni per obbligare le barche a fermarsi. A fine operazione i telefoni vengono sequestrati per evitare la diffusione di filmati.
Sostegno dell’UE al controllo della migrazione

Tra il 2015 e il 2021, l’Unione Europea ha stanziato 93,5 milioni di euro 19 per la Tunisia dal suo “Fondo fiduciario di emergenza per l’Africa” 20, che mira a combattere la migrazione irregolare, lo sfollamento e l’instabilità. Tra questi, 37,6 milioni di euro riguardavano la “gestione delle frontiere” e gli sforzi contro il “traffico di migranti e la tratta di esseri umani“. In un documento UE del febbraio 2022 si legge che il finanziamento per la lotta al traffico di esseri umani “prevede l’equipaggiamento e la formazione degli ufficiali delle forze di sicurezza interna e delle dogane tunisine“.
Lo stesso documento afferma che l’UE avrebbe “designato” fino a 85 milioni di euro per progetti legati alla migrazione in Tunisia nel 2021-2022. Nessun accenno a quanti fondi fossero già stati spesi, nonostante un documento del febbraio 20213 segnalasse come “in corso di attuazione un programma di sostegno molto significativo finanziato dall’UE, a beneficio della Guardia costiera tunisina“. Ben 55 degli 85 milioni di euro sembrano essere stati stanziati per sostenere il controllo della migrazione in Tunisia, in base alla ripartizione del documento del 2022 21: gestione delle frontiere (25 milioni di euro, compreso il sostegno alla guardia costiera); “governance” migratoria e protezione (6-10 milioni di euro); migrazione legale e mobilità del lavoro (20-25 milioni di euro); lotta traffico di migranti (12-20 milioni di euro); rimpatri (5 milioni di euro).
Tale documento descrive anche un ampio sostegno bilaterale alla Tunisia da parte di Italia, Spagna, Francia, Germania e altri Stati UE. Oltre al “fondo per la cooperazione migratoria” (circa 10 milioni di euro), l’Italia ha fornito attrezzature “per un valore totale di 138 milioni di euro dal 2011” e “assistenza tecnica relativa al controllo delle frontiere (2017-2018) […] per un totale di 12 milioni di euro“, incluso il sostegno alla polizia e alla guardia nazionale tunisine. La Germania ha fornito anche barche e veicoli, mentre la Spagna ha fornito attrezzature informatiche.
Il “Multy-Country Migration Programme for the Southern Neighbourhood” 22 dell’UE per il periodo 2021-2027, che comprende la Tunisia, incorpora alcuni elementi positivi, quali sostegno allo sviluppo di politiche di asilo, percorsi di migrazione legale, impegno della società civile, ma sottolinea ancora il sostegno alle “azioni di contrasto” e alle “autorità di frontiera e di guardia costiera” per il controllo delle frontiere. Il progetto non distingue inoltre tra intercettazioni e salvataggi in mare.

I politici europei hanno ripetutamente proposto vari partenariati con la Tunisia in materia di migrazione, tra cui centri di trattamento offshore, accordi con “Paesi terzi sicuri” e accordi che potrebbero consentire il rimpatrio6 di cittadini di Paesi terzi transitati in Tunisia.
Il diritto internazionale ammette la possibilità di designare un Paese terzo sicuro, per consentire ai paesi di accoglienza di trasferire i richiedenti asilo sulla base della presunzione che il paese attraverso il quale hanno viaggiato, o qualche altro paese, possa esaminare equamente le loro richieste di asilo e fornire una protezione efficace. Le linee guida dell’UNHCR elencano le condizioni per tali trasferimenti, tra cui spicca il rispetto degli standard del diritto dei rifugiati e dei diritti umani e la “protezione da minacce all’incolumità fisica o alla libertà“. La Direttiva UE sulle procedure di asilo richiede che gli Stati non membri soddisfino criteri specifici per essere definiti “sicuri“, tra i quali la mancanza di “rischio di danni gravi” alla persona.
Visti gli abusi documentati da parte delle forze dell’ordine e gli attacchi xenofobi contro migranti, richiedenti asilo e rifugiati in Tunisia, oltre alla mancanza di una legislazione nazionale in materia di asilo, è evidente che la Tunisia non soddisfa i criteri del diritto UE per essere considerato un Paese terzo sicuro. Le persone originarie dell’Africa subsahariana, in particolare, non dovrebbero mai esservi rimpatriati o trasferiti con la forza.
Le raccomandazioni di Human Rights Watch
- Il Parlamento europeo, nei negoziati con il Consiglio dell’Unione Europea sul Patto UE su migrazione e asilo, dovrebbe cercare di limitare l’uso discrezionale del concetto di “Paese terzo sicuro” da parte dei singoli Stati membri. Le istituzioni europee e gli Stati membri dovrebbero concordare dei criteri chiari per la designazione di un Paese come “Paese terzo sicuro” ai fini del rimpatrio o del trasferimento di cittadini di Paesi terzi, per garantire che gli Stati membri non eludano i criteri di protezione nella loro applicazione del concetto, e stabilire pubblicamente se la Tunisia soddisfa questi standard, tenendo conto degli attacchi e degli abusi in corso contro migranti e richiedenti asilo in Tunisia.
- L’Unione Europea e gli Stati membri interessati dovrebbero sospendere i finanziamenti e altri tipi di sostegno alle forze dell’ordine tunisine per il controllo delle frontiere e dell’immigrazione e condizionare ogni futuro aiuto a parametri verificabili di rispetto dei diritti umani.
- Il governo tunisino dovrebbe indagare su tutti gli abusi denunciati contro migranti, richiedenti asilo e rifugiati da parte delle autorità o dei civili; assicurare la responsabilità, anche attraverso un’appropriata azione legale; attuare riforme e sistemi di supervisione all’interno della polizia, della guardia nazionale (inclusa la guardia costiera) e delle forze armate per assicurare il rispetto dei diritti umani, porre fine alla discriminazione razziale o alla violenza e astenersi dall’alimentare l’odio razziale o la discriminazione contro migranti, rifugiati e richiedenti asilo neri.
- Tunisia: No Safe Haven for Black African Migrants, Refugees, HRW (19 luglio 2023)
- Press statement by President von der Leyen with Italian Prime Minister Meloni, Dutch Prime Minister Rutte and Tunisian President Saied, European Commission (19 giugno 2023)
- Tunisia: Racist Violence Targets Black Migrants, Refugees, HRW (10 marzo 2023)
- Moez Barkallah : 1200 migrants ont été expulsés depuis l’Aïd el Kebir
- Racist rhetoric in Tunisia must stop, independent UN experts warn, Nazioni Unite news (4 aprile 2023)
- Ticking the Authoritarian Checklist, Eric Goldstein (13 marzo 2023)
- Trapped in Tunisia: The deadly coast of clandestine immigration to Europe, El Pais (5 giugno 2023)
- France, Germany join forces against migration from Tunisia in wake of latest Mediterranean tragedy, AP News (18 giugno 2023)
- The European Commission and Tunisia have expressed the willingness to establish a stronger partnership on migration, anti-smuggling and the promotion of legal migration, European Commission (27 aprile 2023)
- Qui il documento ufficiale del Consiglio UE
- I dati di UNHCR
- Décret Présidentiel n° 2022-691 du 17 août 2022, portant promulgation de la Constitution de la République tunisienne
- Visas et conditions d’entrée en Tunisie
- Statistiques migration 2023, FTDES
- Tunisia: Crisis as Black Africans Expelled to Libya Border, HRW (6 luglio 2023)
- Il post FB
- Police clear refugee camps, arrest dozens in Tunisia as crackdown continues
- Tunisian police deploy teargas against sub-Saharan migrants
- Consulta il documento ufficiale
- Infografica – Fondo fiduciario di emergenza dell’UE per l’Africa (EUTF)
- Il documento qui
- Il documento del programma UE