Il 30 settembre 2023 Contadinazioni-FuoriMercato, insieme ad un’ampia rete di realtà siciliane 1 promuovono alle ore 17 a Campobello di Mazara una manifestazione di antimafia sociale in memoria di Omar Baldeh, contro lo sfruttamento della terra e delle persone.
La mobilitazione – scrivono le organizzazioni – è il frutto di una lotta che si articola in proposte precise, in percorsi collettivi di anni che mettono al centro il diritto ad un lavoro giusto, all’abitare degno e autodeterminato, ai documenti per tuttə.
Le rivendicazioni sono state presentate alle istituzioni nel 2022 e sono raccolte nel dossier “Le nostre braccia i nostri diritti” e sono state arricchite dalle istanze dei braccianti arrivati i primi di settembre per la raccolta 2023.
La data scelta per il corteo rappresenta un triste anniversario: il 30 settembre 2021, infatti, è bruciato il ghetto all’ex cementificio Calcestruzzi, dove vivevano i braccianti impegnati nella raccolta delle olive e nell’incendio è morto Omar Baldeh.
«Un anno dopo, il 30 settembre 2022, braccianti e solidali hanno organizzato una manifestazione in memoria di Omar e per portare in strada le rivendicazioni dei lavoratori razzializzati e dellə contadinə agroecologichə su casa, salute, lavoro, documenti e agricoltura. Nel frattempo, in questi anni, durante e dopo i periodi di raccolta, i braccianti hanno continuato a contrastare la violenza istituzionale e dei padroni, fatta di silenzi, false promesse, sgomberi e sfruttamento, autorganizzandosi tra il ghetto ricostruito dopo l’incendio all’ex Calcestruzzi e il bene confiscato alla mafia di Fontane d’oro. È a partire dalla loro esperienza di vita quotidiana di abitanti – temporanei e non – di Campobello che sono nate le rivendicazioni dei lavoratori», spiegano nel testo di indizione.
E perché è stato scelto Campobello di Mazara? «Perché – prosegue l’appello – siamo a fianco di tuttə i campobellesə stigmatizzati come mafiosi. Il 16 gennaio 2023, infatti l’arresto di Matteo Messina Denaro ha catapultato gli occhi del mondo su Campobello di Mazara, lə cui abitanti sono state narrate da media e istituzioni come necessariamente mafiosi.
La mediatizzazione tossica ha significato maggiore militarizzazione del territorio e un rinnovato approccio legalitario, con il risultato, a fine maggio di quest’anno, dell’ennesimo sgombero del ghetto all’ex Calcestruzzi, che è stato raso al suolo mentre i suoi abitanti venivano portati o al CPR o al campo della Croce rossa, successivamente sgomberato, in un cortocircuito di violenze che chi vive Campobello ormai conosce fin troppo bene.
Siamo a fianco anche di tuttə i campobellesi vittime di un sistema basato sulla violenza simbolica che costruisce il consenso sui bisogni, per questo ripartiamo dal riconoscere la necessità di una visione di classe per combattere la mafia e l’intreccio politico-istituzionale che la rende viva e vegeta oltre gli arresti esemplari.
Per questo mettiamo al centro la percezione dei lavoratori e delle lavoratrici migranti che conoscono ormai questo territorio da più di un decennio le cui voci sono totalmente assenti nelle analisi che si sprecano su cosa sia la mafia nel trapanese. Questi non solo non hanno la stessa percezione e parlando di mafia si riferiscono al profitto sulla loro pelle, ma stanno lottando per mettere al centro temi come il lavoro, la salute e la dignità e potrebbero diventare i punti da cui ripartire per una consapevolezza materialista e radicale dei movimenti anticapitalisti per una presa di posizione di classe della lotta alla mafia».
Infine le organizzazioni spiegano perché è necessario esserci come solidali: «Le lotte dei lavoratori razzializzati in agricoltura – scrivono – non possono che intercettare quelle di contadinə agroecologichə e militanti di antimafia sociale. Infatti, la rilevanza economica dell’agricoltura per le organizzazioni mafiose è deducibile dai processi in corso e dalle sentenze di confisca di beni agricoli o agro-industriali. Questi sono, infatti, un indicatore, seppur parziale, della connivenza tra i livelli istituzionale, imprenditoriale e mafioso.
Antimafia sociale vuol dire ascoltare e rispondere ai bisogni della gente; rivendicare diritti e lottare per la giustizia sociale; partendo dal basso, organizzandosi collettivamente.
E, nel contesto di Campobello di Mazara, non possiamo non partire dalle pratiche e dalle rivendicazioni di chi da sempre o da anni in quel territorio vive e lotta».
E’ possibile aderire scrivendo a a [email protected] .