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A Lesvos un nuovo campo, ma niente cambia

Un aggiornamento dal Legal Centre Lesvos, 27 settembre 2020

Durante le tre settimane che sono seguite agli incendi che hanno distrutto il campo profughi di Moria, l’Unione europea e le autorità greche hanno colto l’opportunità per portare avanti i loro obiettivi politici preesistenti. È stato costruito un nuovo campo di contenimento, grazie al sostegno finanziario delle istituzioni europee e il supporto materiale dell’UNHCR; gli Stati membri hanno fatto e poi rinnegato le loro promesse sugli impegni assunti. Gli assalti delle autorità greche nei confronti di chi mostra solidarietà nei confronti dei migranti nel frattempo continuano, come dimostrato dalla recente notizia che il campo di Pikpa – gestito da un’organizzazione di base locale – sarà costretto a chiudere. La Commissione Europea ha ribadito il suo impegno per il contenimento, la dissuasione e il rimpatrio, come stabilito nel nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo.

Il divario tra le dichiarazioni fatte a livello europeo, compresa la promessa del commissario per gli affari interni di “Niente più Moria“, e la cruda realtà per i migranti a Lesbo, non potrebbe essere più evidente.

La facciata ordinata del nuovo campo, con le sue file immense di tende marchiate UNHCR, smentisce la sua realtà di grosse disfunzioni e fondamentalmente disumana.

Il sito è esposto e vulnerabile alle intemperie. Le autorità greche stanno ancora conducendo ricerche con metal detector sul posto e alcuni migranti hanno trovato bossoli di proiettili intorno al campo a causa del precedente uso del sito come poligono di tiro. Non ci sono docce quindi le persone possono lavarsi o in mare o con acqua in bottiglia. Il cibo è distribuito solo una volta al giorno e la maggior parte delle persone che sono in contatto con il Centro legale di Lesbo hanno riferito di essere affamate. La temperatura notturna sta progressivamente diminuendo e le persone dormono a contatto con il freddo terreno senza materassi, vestiti o coperte adeguate.

Questa situazione di cattivo funzionamento generalizzato aggrava le vulnerabilità preesistenti di coloro che vivono nel nuovo campo, tra cui:

A, una donna anziana e sua nipote F di otto anni, hanno aspettato tre giorni nel nuovo campo prima di poter essere assegnate ad una tenda in cui dormire. Allo stesso modo, M e i suoi tre fratelli minori hanno trascorso tre notti dormendo nei sentieri del nuovo campo prima che finalmente fosse dato loro un posto per dormire;

S, una donna single, ora vive in una tenda condivisa nel nuovo campo. In passato S aveva vissuto nella sezione femminile del campo di Moria che, sebbene tutt’altro che sicuro, offriva una certa protezione a coloro che vivevano al suo interno. Nel nuovo campo, non vi è alcuna tutela della zona delle donne e, durante le prime le prime tre notti di S, la sua tenda è stata derubata ben due volte. Quando, poco dopo l’accaduto, S è corsa ad avvisare gli agenti di polizia del furto, gli ufficiali hanno imprecato e ignorato le sue richieste di aiuto – come ha poi riportato al Centro legale Lesbo.

G prende potenti farmaci per trattare i suoi complessi problemi di salute. Deve assumere le sue pillole tre volte al giorno e durante i pasti ma, con le distribuzioni di cibo che avvengono solo una volta al giorno, spesso non ha altra scelta che prendere le sue medicine a stomaco vuoto.

Attualmente, un numero ristretto di migranti è autorizzato a uscire dal campo tra le 8 del mattino e le 8 di sera ma tutti devono registrarsi presso la polizia e ricevere un biglietto prima di poterlo fare. Non è stato ancora fatto alcun annuncio ufficiale riguardo a come funzionerà il campo – vale a dire, se rimarrà temporaneo e controllato, o permanente e, in ultima analisi, chiuso. Allo stesso modo, l’Ufficio Europeo per l’asilo non ha ancora svelato quando i suoi uffici a Lesbo saranno riaperti e sul modo in cui interviste e altre procedure saranno condotte.

Nonostante le condizioni inadeguate del nuovo campo, tutte le altre opzioni di alloggio a Lesbo sono sotto attacco del governo. In una lettera diffusa ieri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha dichiarato che Pikpa, un campo per rifugiati vulnerabili, sarà costretto a chiudere entro il 15 ottobre. La scorsa settimana, è stato annunciato che anche il campo per famiglie gestito dal comune a Kara Tepe verrà chiuso entro la fine dell’anno. Non è chiaro dove verranno spostati i residenti di questi campi; tuttavia, l’attacco del governo ai siti di alloggio alternativi va di pari passo con i suoi sforzi per contenere e isolare i migranti in un solo spazio – il nuovo campo – a Lesbo.

Si registra un’assenza di arrivi in gran numero a Lesbo mentre le espulsioni collettive illegali continuano ad essere documentate in tutto il Mar Egeo. Coloro che hanno raggiunto Lesbo negli ultimi mesi, tuttavia, rimangono nei siti di quarantena sanitaria a Megala Therma e nel campo gestito dal comune a Kara Tepe. Molti dei nuovi arrivati sono lì da oltre quaranta giorni e devono ancora essere registrati come richiedenti asilo. È stato detto loro che saranno trasferiti nel nuovo campo, ma non c’è chiarezza su quando accadrà.

Inoltre, le autorità non hanno fatto alcuno sforzo per identificare le persone vulnerabili attualmente nei siti di quarantena – che includono decine di bambini non accompagnati, di appena dodici anni, che attualmente risiedono con adulti ai quali non sono imparentati e senza altri bambini intorno – con mancanza di protezione o sostegno specifico per i bambini. È stato annunciato che le valutazioni delle vulnerabilità non avranno luogo nel nuovo campo – negando di fatto possibilità di accedere ai propri diritti a coloro che coloro in grado di accedere a garanzie procedurali o di accoglienza (secondo la legge greca 4636/2020 e l’acquis in materia di asilo dell’Unione europea).

Le autorità greche continuano a insistere con il perseguimento della detenzione, nonostante la pandemia di COVID-19 in corso e l’appello globale di porre fine alla detenzione di migranti e dei richiedenti asilo. Oltre trenta persone precedentemente detenute nel centro di pre-rimozione del campo di Moria, PRO. KE. K. A, sono state arrestate dalle autorità e trasferite in un centro di detenzione nella Grecia continentale, a Xanthi. Non vi sono ancora deportazioni ufficiali in corso e la polizia ha dichiarato che il loro trasferimento è stato dovuto a ragioni pratiche (a causa della mancanza di capacità di detenzione a Lesbo) piuttosto che per facilitare la loro deportazione, che in molti considerano l a vera e unica ragione per la loro detenzione.

Nonostante il difficile contesto in cui il Centro legale di Lesbo deve operare, diversi risultati positivi sono stati raggiunti nelle ultime settimane. Due individui, che sono stati sostenuti dal centro Legale di Lesbo prima delle loro interviste, hanno ottenuto lo status di rifugiato. Il nostro team ha aiutato tre bambini non registrati e non accompagnati, che dormivano sui bordi della strada dopo l’incendio, a registrarsi presso le autorità e a farli trasferire in un rifugio sicuro per minori. Inoltre, abbiamo assistito un bambino separato ad accedere alla stessa struttura.

M, un quindicenne non accompagnato proveniente dalla Siria, è stato accettato per il ricongiungimento familiare e si recherà in Germania per vivere con suo zio. Il suo caso è stato presentato al di fuori delle rigide date di scadenza del regolamento di Dublino, a causa dei lunghi ritardi nella sua registrazione come richiedente asilo e della mancanza di sostegno legale o specifico per i minori offertogli in precedenza.

Tuttavia, con il supporto del Centro legale di Lesbo, è stata fatta una richiesta ai sensi delle clausole discrezionali del regolamento di Dublino (articolo 17.2 del regolamento UE 604/2013), che è stata finalmente accettata questa settimana.

Il Centro legale di Lesbo ha anche lavorato con Equal Rights Beyond Borders per seguire il caso di A, una madre single dell’Afghanistan con due figlie minori, la cui domanda di ricongiungimento familiare ai sensi del regolamento di Dublino era stata respinta. Suo figlio dodicenne, che vive in Germania, è destinatario di un divieto di espulsione, un tecnicismo che lo esclude dal ricongiungimento familiare ai sensi del regolamento di Dublino (e del conseguente riconoscimento di protezione internazionale). Equal Rights Beyond Borders ha portato il caso della famiglia in tribunale e ha vinto, vale a dire che A e le sue figlie saranno in grado di unirsi al loro figlio e fratello in Germania!

Dati i continui attacchi da parte delle istituzioni europee e degli Stati membri contro i diritti dei migranti, successi come questi ci appaiono particolarmente decisivi e carichi di speranza.