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da Liberazione dell'11 maggio

A Parigi un grande concerto contro la “doppia pena” di Clelia Cirvilleri

Secondo una legge arcaica uno straniero residente in Francia rischia, nel caso di una condanna, di essere espulso per un massimo di dieci anni.

Un altro sabato di lotta in Place de la République. Dopo le lunghe settimane di mobilitazione contro la guerra in Iraq, centinaia di parigini hanno ancora una volta invaso, ieri pomeriggio, il luogo storico della protesta d’oltralpe. L’occasione: “la République contre la double peine” (“la Répubblica contro la doppia pena”), un grande concerto che, fino alle prime ore della sera, ha visto avvicendarsi sul palco alcuni dei nomi più significativi della scena musicale francese, per denunciare la resistenza di un paradosso giudiziario discriminatorio e antidemocratico. Zebda, La Tordue, La Rumeur, Jacques Higelin, Les Têtes Raides, e molti altri ancora hanno animato per diverse ore una piazza festosa e consapevole, alternandosi ai responsabili delle decine di associazioni promotrici dell’iniziativa (L’elenco completo è pubblicato sul sito www. unepeinepointbarre. org).
Al centro degli interventi, l’assurdità di questo dispositivo arcaico e criminale, retaggio dell’ideologia imperialista, responsabile, soprattutto dopo la difficile decolonizzazione degli ex-territori francesi del Nord Africa, di un bilancio umano e sociale considerevole. Solo nell’anno 2001, sono stati 5mila i casi di “double peine”. Uno straniero, residente regolarmente in Francia anche da diversi anni, rischia, nel caso di una condanna, di incorrere in una seconda pena, che si aggiunge a quella da scontare nelle carceri francesi. Il tribunale può disporre l’espulsione dal territorio della Francia fino a un massimo di dieci anni, e il rimpatrio nel paese di origine, che spesso per questi immigrati di seconda generazione non è più che un ricordo anagrafico. Nella maggioranza dei casi, chi è colpito da questo provvedimento deve abbandonare in Francia, la propria vita familiare, senza la certezza, inoltre, di poter ottenere un nuovo permesso di soggiorno che gli permetta di rientrare. Un abuso crudele e inaccettabile, perpetrato, per di più, nella terra della Rivoluzione e dei diritti dell’uomo, nel paese che ha concepito il codice civile e lo ha diffuso in tutta l’Europa attraverso le guerre napoleoniche.

«Vivere in Francia significa essere sottoposti a due sistemi giudiziari differenti, a seconda che si sia francesi o stranieri. Se siete francesi, venite considerati reinseribili nella società. Se siete stranieri, siete irrecuperabili. Quest’idea di irrecuperabilità è un dato nuovo nello spazio giuridico francese. Nel momento in cui ottenete una carta d’identità francese, ritornate ad essere un individuo come gli altri. Se non disponete di questa carta, siete portatori di un vizio irrimediabile, innato, che fa di voi un essere nocivo, dannoso». Così definisce la “double peine”, questo controsenso del sistema giudiziario francese, Léon Schwartzenberg, nella prefazione del libro “Voyage au pays de la double peine” (“Viaggio nel paese della doppia pena”) del sociologo Michaël Faure.

La “double peine” punisce di fatto la nazionalità. Secondo un recente sondaggio, i cittadini dei paesi del Maghreb sono proporzionalmente i più colpiti da questo dispositivo: cittadini di seconda categoria, privi di diritti e privi della possibilità di reinserimento nella società. Per questa ragione, il pomeriggio musicale parigino ha fornito un’occasione preziosa in preparazione del contro-vertice di Evian. Eguaglianza, rispetto della dignità di tutti, senza dimenticare le ragioni della mobilitazione che un anno fa esatto ha riempito le piazze francesi contro la minaccia dell’estrema destra razzista e nazionalista di Jean-Marie Le Pen.