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A Roma tutto sembra immobile, ma così non è – Resoconto da via Cupa

di Roberto Viviani (Baobab Experience)

C’è una strana atmosfera a Roma, quell’aria di calma apparente, quella sensazione che l’immobilismo che ti circonda sia frutto di un’accurata scelta, una strategia, come il fingersi morti quando si incontra un orso nel bosco.
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Tutto tace sul fronte dei migranti stipati in via Cupa, tutto tace da lunedì 12 Settembre quando, all’ennesimo incontro al Dipartimento alle politiche sociali, l’assessore Laura Baldassarre ha dichiarato che il Comune di Roma non è in grado di allestire una tendopoli per far fronte all’emergenza dei migranti transitanti che dormono in via Cupa, davanti al vecchio centro Baobab.
La motivazione è che la Protezione Civile, individuata per realizzare il campo, è attualmente impegnata a pieno organico nelle zone colpite dal terremoto del 24 Agosto.

Se il Comune subentrasse e si prendesse carico della messa in opera del campo, dicono dal Campidoglio, ci vorrebbero almeno 45 giorni per esplicitare tutte le pratiche burocratiche.

Ci sono già un paio di cose che stridono in questa breve storia. La prima è la definizione di “emergenza”: non bisogna mai dimenticare che il fenomeno dei migranti in transito (e non) a Roma si ripete da anni e ha avuto il suo picco lo scorso anno. E’ quindi da almeno 16 mesi che l’attuale situazione poteva essere prevista.

La seconda cosa da tenere a mente è che si sta parlando della realizzazione di un campo istituzionale già da fine luglio, un mese prima del terremoto: il tempo c’era, le associazioni pronte a collaborare anche. Lo sforzo richiesto al Campidoglio sarebbe stato minimo.

Per ultimo, la faccenda dei 45 giorni necessari per montare le tende per 150 persone (soluzione comunque insufficiente dati i numeri attuali) suona assurda per chi ha ancora un briciolo di memoria. Lo scorso anno, la Croce Rossa realizzò una tendopoli alla stazione Tiburtina in appena tre giorni, ospitava circa 100 migranti in transito.

Se questi fossero gli unici punti oscuri di questa vicenda, si potrebbe anche cercare di trovarci un senso. Ma la faccenda si complica se si considera che ciò accade dopo che sono state bocciate tutte le alternative proposte dagli attivisti, con gli sgomberi dell’ex centro ittiogenico e delle tende sotto le mura del cimitero del Verano.
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Che dire poi dello stabile di via Cupa 1, dove era situato il dormitorio del vecchio centro Baobab?

Il 6 Dicembre 2015, l’ex commissario Tronca decise di chiuderlo perché – disse- lì insisteva una sentenza del TAR che obbligava il Comune a restituire l’immobile al legittimo proprietario entro il 30 Aprile 2016.

La palazzina è tuttora abbandonata, è rifugio per topi e discarica a cielo aperto. Abbiamo provato a montare nel giardino adiacente una tenda di 48 metri quadrati donataci da un’associazione, volevamo creare un’area separata per donne e bambini, trovare uno spazio per un internet point. Non ci è stato concesso. Siamo stati cacciati anche da lì, dopo aver tolto erbacce, materassi sudici e nidiate di topi. È evidente che la vera motivazione del lo sgombero non è quella della restituzione dell’immobile.

Il mistero si infittisce, Watson. Forse è il caso di iniziare a seguire una pista politica.

Iniziamo dal micromondo del II municipio, quello dove si trova via Cupa.
Il secondo municipio è uno dei due, insieme al primo, ancora governato dal PD. L’ultimo avamposto che ha resistito all’ondata gialla del Movimento 5 Stelle che ha conquistato tutta Roma, dal Campidoglio agli altri tredici municipi.

Qui, la presidentessa Francesca Del Bello, dopo le belle parole spese sull’accoglienza dal basso in campagna elettorale e la nomina ad assessore alle politiche sociali di Cecilia D’Elia (area SEL, non alleati alle elezioni), ha cambiato totalmente strategia, palesemente spaventata dalle rimostranze di un sedicente comitato di quartiere composto da non più di sette elementi schierati con Casapound e Lega Nord (fatevi un giro qui se avete abbastanza stomaco).

La giunta a maggioranza PD ha votato due ordini del giorno, rispettivamente il 28 Luglio (.pdf) e il 26 Settembre, in cui si chiede lo sgombero di via Cupa senza proporre soluzioni alternative. In pratica i rappresentanti del Partito Democratico vogliono negare l’evidenza che il loro municipio comprende la stazione Tiburtina, punto di arrivo e di partenza di tutti i migranti in transito.

Potevano cercare di valorizzare l’esperienza di cittadinanza attiva che si è sviluppata dal basso, aiutarla a costruire un circolo vizioso che portasse vantaggi ai migranti e ai residenti stessi, credere in un modello di accoglienza diverso che realizzasse una vera e compiuta convivenza, come è stato dimostrato essere possibile in questi 15 mesi di Baobab Experience.

Invece, con un’audacia politica degna di un amministratore di condominio, hanno preferito appellarsi alla sindrome NIMBY: poveri i migranti, ma poveri anche i residenti, va trovata una soluzione ma non nel nostro municipio.

Nel macromondo, quello del governo e del ministero dell’Interno, in questo immobilismo qualcosa continua a muoversi. A prima vista lo fa a caso e lo fa sulla pelle dei migranti.

La scorsa settimana è tornata in via Cupa una coppia di ragazzi eritrei, lei è incinta di 4 mesi. Erano partiti un mese fa in direzione Ventimiglia. Respinti al confine francese, sono stati deliberatamente trasferiti a Taranto con un volo. Ricominciata la loro odissea sulla penisola, sono passati di nuovo a Roma. Incinta di 4 mesi, è sempre bene sottolineare. Abbandonati a Taranto e senza accoglienza nella capitale.
Non sono gli unici, ovviamente. Proprio stasera è tornato M., sudanese, ed è la terza volta che alloggia di fronte all’ex centro Baobab, in tenda.

A. invece è tornato due volte, sia da Ventimiglia che da Como. Al settimo tentativo ha passato il confine. Gli hanno preso le impronte in tutta Italia, una volta si è ritrovato solo ad Isernia. Lo hanno spostato con aerei e bus, lo hanno tenuto fermo e poi lasciato a se stesso, a caso. Gli hanno tolto tempo e soldi e hanno comunque perso. Tiè.
Non è finito qui l’immobilismo diabolico delle istituzioni: sempre la settimana scorsa è stato comunicato agli avvocati che curano l’assistenza legale ai migranti di via Cupa, che la questura di Roma non accetterà più richieste di asilo per almeno un mese.
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Questo è il quadro attuale, la situazione che si vive nella capitale nel 2016, dopo 16 mesi di accoglienza garantita da cittadine e cittadini.
Le forze spese dalle istituzioni italiane per creare questo scenario sarebbero sufficienti per garantire un’accoglienza degna, per imitare quanto fatto a Madrid, Parigi, Berlino e altre città europee. Potevamo essere avanguardia per una volta, prendere atto che siamo un paese di sbarco, di arrivo, di transito e valorizzare la nostra posizione. Invece niente. Siamo di nuovo in emergenza su un fenomeno altamente prevedibile.

Tutto è immobile, quindi? Non proprio. Alcuni migranti vengono spostati come fossero pedine senza anima, cercando di fiaccarli nell’animo e nel portafoglio, altri vengono respinti in questura negando loro l’ennesimo diritto fondamentale.

Questo accade mentre tutto sembra fermo, e fingere di essere morti per non infastidire l’orso non basterà a chi ha la responsabilità di tutto questo.
I migranti sono ancora qui, gli attivisti anche. E non hanno la minima intenzione di rimanere immobili.