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A piedi scalzi, oltre i confini

Da Venezia a Ventimiglia si moltiplicano le iniziative in solidarietà con i migranti e per un cambio di rotta delle politiche europee sull'immigrazione

La marcia delle donne e degli uomini scalzi diventa un appuntamento nazionale. L’appello, lanciato la scorsa settimana, che dava come appuntamento il Lido di Venezia in occasione della 72° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, in pochi giorni è riuscito a diventare virale (condividi l’evento), non solo nel numero di firme raccolte sul blog, ma è anche stato in grado di far germogliare uno degli stimoli contenuti, ovvero quello di promuovere analoghe iniziative in tutte le città italiane ed europee.
Camminare scalzi venerdì è necessario per la democrazia europea“, ci dice Andrea Segre, tra i promotori dell’appello, “le parentesi umanitarie di Germania e Francia non sono sufficienti. Come fanno i rifugiati ad avere protezione umanitaria vera se non possono lasciare il proprio paese attraverso corridoi umanitari sicuri? Perché quello europeo sia un diritto d’asilo per tutti, non solo per chi sopravvive e per chi può pagare.

Ad oggi, oltre all’iniziativa di Venezia, si possono contare 61 città nelle quali a piedi scalzi si marcerà per “chiedere con forza necessari cambiamenti delle politiche migratorie europee e globali”. I punti, è bene ribadirlo, pur nella complessità della situazione, sono chiari e si basano su richieste che organizzazioni e movimenti sociali europei, compresi noi di Melting Pot, hanno avanzato negli ultimi anni in più occasioni.

Il lancio della marcia #apiediscalzi
Il lancio della marcia #apiediscalzi

La certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature, per chi decide di lasciare il proprio paese d’origine perché non ha altre prospettive di vita e di futuro, un’ accoglienza degna e rispettosa per tutti, la chiusura e lo smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti, la creazione di un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino, sono tutte delle azioni concrete che le politiche europee, e nazionali, hanno cinicamente manomesso o mai preso seriamente in considerazione.

Le drammatiche immagini e i racconti che arrivano da questo agosto infernale hanno certamente scosso le coscienze assopite dei governi e della società civile, imponendo una riflessione non scontata sulle derive nazionaliste e razziste che si affacciano di nuovo in Europa. Per quanto riguarda l’Italia è la dimostrazione che esiste una parte di cittadinanza attiva che non si fa ingannare dalle parole d’odio e di xenofobia della destra populista. Vogliamo però credere che oltre alle emozioni di rabbia e d’impotenza suscitate dalle tragedie dei bambini morti, dei gas lacrimogeni usati in Macedonia o dalle manganellate contro persone inermi e sofferenti nelle isole greche e sul confine tra la Serbia e l’Ungheria, ci siano allo stesso tempo emozioni di felicità e di empatia nell’assistere alla marcia dei migranti che ha attraversato l’Ungheria e alla generosità di tanti cittadini europei. Ed è su queste due spinte dal basso che possiamo intravedere un nuovo patto di umanità e solidarietà.

Nel fine settimana un altro appuntamento importante, che fa emergere come il governo italiano, nonostante le parole di Renzi alla festa dell’Unità, sia uno degli artefici della militarizzazione delle frontiere e complice della violazione sistematica dei diritti dei migranti, si terrà a Ventimiglia, dove tuttora ci sono 200 migranti bloccati e impossibilitati a varcare quel confine.

Il Presidio Permanente No Border di Ventimiglia ha promosso una 3 giorni – da venerdì 11 a domenica 13 settembre – che punterà a “sviluppare un ragionamento che tenga conto tanto delle cause che generano i movimenti migratori, quanto delle possibilità che si aprono sui territori in termini di lotta e risposta ai bisogni e allo sfruttamento che vivono i migranti nei luoghi di partenza e destinazione”. I worskshop si svolgeranno al presidio sul ponte Ludovico, un luogo simbolo dal giugno scorso della chiusura del confine nel quale è mostrata tutta la violenza che caratterizza le politiche europee in materia di immigrazione. “Alla dura repressione messa in atto per impedire il passaggio in Francia, i migranti per primi hanno risposto occupando gli scogli a ridosso della frontiera e costruendo un presidio che nel corso di questi mesi è diventato uno spazio di resistenza, complicità e lotta contro la chiusura del confine“. L’ultima protesta dei migranti, spontanea e pacifica, è avvenuta pochi giorni fa, il 7 settembre. 150 persone del presidio hanno partecipato ad un progetto di resistenza artistica, la cui finalità era la commemorazione delle vittime dei cosiddetti viaggi della speranza che spesso si trasformano in viaggi della morte. Durante la protesta, un giornalista francese che stava riprendendo l’iniziativa è stato investito da un’auto che ha sfondato il blocco dei manifestanti ed è stato portato al pronto soccorso (vedi video).

Le marce di venerdì e l’appuntamento di Ventimiglia possono così essere due occasioni per solidificare la rete di soggetti che, quotidianamente, sono attivi nei territori e provare a renderla ancora più fitta e organizzata, capace di coalizzarsi a livello europeo per far inserire come priorità nell’agenda politica europea il superamento di leggi e regolamenti inadeguati e incapaci di dare risposte umanitarie ed efficaci. Il 17 ottobre, proprio su questi temi, ci sarà il primo appuntamento di mobilitazione a Bruxelles.

Vedi anche:
http://donneuominiscalzi.blogspot.it
http://noborders20miglia.noblogs.org

L’Hashtag per l’11 settembre è #apiediscalzi

Redazione

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