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APDHA denuncia l’“allarmante passività” degli Stati coinvolti sulle ripetute morti delle porteadoras a Ceuta

Solo nell’anno che sta per terminare sono morte quattro donne per schiacciamento, sette - quelle confermate – a partire dal 2009, tra Ceuta e Melilla

Andalucía, 29 agosto 2017 – L’ Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía (APDHA) ha denunciato con un comunicato l’“allarmante passività” del Governo Spagnolo, Marocchino e dell’Unione Europea dinanzi alle ripetute morti di donne porteadoras nel valico di frontiera del Tarajal a Ceuta.

La morte di due porteadoras per schiacciamento dovuto ad una “valanga umana” di altre porteadoras in fuga, porta a quattro il numero di donne morte, solo nell’anno 2017.
L’incidente di lunedì mattina, che ha causato anche quattro feriti – secondo i mezzi d’informazione locali, ha ucciso Rmili Karima, di 34 anni e Bakkali Touria, di 45, residenti nella località di Castillejos, vicina alla frontiera.

L’APDHA ha lanciato lo scorso novembre la Campagna “Porteadoras: La Injusticia a la Espalda” nella quale oltre a chiedere, attraverso un decalogo, il miglioramento delle condizioni delle porteadoras, ha anche richiesto in maggio al Congreso de los Diputados e in giugno al Parlamento Europeo soluzioni per porre fine a quella che è definita come una “sanguinosa violazione dei diritti umani”.

A questo, si aggiunge, la richiesta che l’organizzazione ha avanzato davanti a tali organismi: un’indagine sulla morte di Soad el Jatabi, di 24 anni e madre di un bambino e di Batul el Hichu, di anni 40.

“Non solo non abbiamo ottenuto alcuna risposta o se l’abbiamo ottenuta è stata molto evasiva, nessun impegno è seguito alle nostre richieste, nemmeno ci sono state assunzioni di responsabilità”, critica l’organizzazione, che denuncia come la gestione della frontiera continui ad essere “nefasta” ed “il caos e le valanghe umane si reiterano di giorno in giorno”.

Secondo l’APDHA, le quattro morti si sommano a quelle delle tre donne che nel 2009 hanno perso la vita lavorando nel trasporto di merci sulle proprie spalle: Zhora Boudoghya di 53 anni e Bossra el Meriouti di 33 a Ceuta, e Safia Azizi di 41 nel quartiere cinese di Melilla.


“Non è possibile che si perpetui il silenzio dell’ingiustizia e dell’invisibilità di queste donne, le cui morti sembrano non destare interesse”.

Le continue aperture e chiusure della Frontiera, la distribuzione di tickets e la mancanza di un’intesa con i commercianti del passo del Tarajal nella creazione di un piano di sicurezza, non sono servite per garantire che le donne che si dedicano al trasporto di merci lo possano fare in condizioni degne, commenta l’APDHA.
Le migliorie non vanno oltre la collocazione di un paio di tende che generano ombra nello spazio riservato alle porteadoras, in attesa che la frontiera apra i cancelli e di poter attraversare il valico.

L’aspettativa di oggi è riposta nella riunione del ministro dell’Interno Juan Ignacio Zoido a Rabat, dove tratterà il tema di cooperazione nella lotta al terrorismo; l’APDHA, infatti, spera che in questa occasione “si abbia l’onestà di dare priorità nell’agenda al dramma delle donne porteadoras”, un compito che spetta a entrambe i governi.

A giudizio dell’organizzazione, questo interesse deve essere propedeutico ad evitare le morti di donne che cercano un mezzo di sostentamento per dare un futuro ai propri familiari. Queste morti sono evitabili.

Porteo

Il “trasporto” è un’attività illegale che consiste nel trasportare fardelli, come bagagli a mano, dal passo commerciale del Tarajal di Ceuta fino alle località del Marocco prossime alla frontiera, in cambio di una commissione. La maggior parte delle oltre 9.000 persone che realizzano questa attività sono donne che utilizzano questo lavoro per sostentare le proprie famiglie.

Nello svolgimento di questa attività, queste donne sono sottoposte quotidianamente, da parte delle forze di sicurezza da ambo i lati della frontiera, a vessazioni, abusi, trattamenti inumani e degradanti e inoltre, secondo quanto denunciato dalle porteadoras più giovani, a violenze sessuali.
Tutto ciò emerge nel Rapporto realizzato dall’APDHA nel novembre 2016, “Respeto y Dignidad para las Mujeres Marroquíes que portan Mercancías en la Frontera de Marruecos y Ceuta“, realizzato all’interno della campagna “Porteadoras: La Injusticia a la Espalda“.

“L’ampiezza dei maltrattamenti e delle violazioni dei diritti umani di queste persone è inenarrabile. Nel corso del passaggio di frontiera portano tra i 60 ed i 90 chili di peso sulle proprie spalle per molte ore, non hanno acceso né ad acqua potabile né a bagni pubblici. Sono insultate, disprezzate, violentate, obbligate a mantenere le file e colpite se non dovessero farlo, il tutto per un guadagno equivalente a meno di 10 euro in media al giorno”, secondo l’Organizzazione.

La situazione è peggiorata in seguito all’apertura, lo scorso 27 febbraio, del nuovo passo di frontiera del Tarajal II. Le persone che si dedicano a questa attività sono aumentate, tuttavia risultano assenti delle migliorie effettive in materia di sicurezza umana.

I benefici per gli Stati, complici di questa barbarie, sono molteplici: “circa la metà delle esportazioni fuoriesce da Ceuta sulle spalle delle porteadoras, un’attività atipica, il cui guadagno si aggira sui 400 milioni di euro”, secondo uno studio dell’Università di Granada intitolato Estudio sobre el Régimen Económico y Fiscal de Ceuta.
Per l’APDHA, è imperativo garantire il rispetto e la dignità insieme con l’integrità fisica delle persone che svolgono quest’attività di trasporto nella Frontiera a Sud d’Europa.