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da Il Corriere Romagna del 18 maggio 2004

“Abortire per povertà”

Rimini – Al suo paese, in Africa, avrebbe avuto suo figlio che poi, magari, sarebbe morto di stenti. Non poteva fare diversamente visto che la legge religiosa che vi vige non consente l’aborto.In Italia è diverso. Sia perchè, invece, c’è una legge che consente questa scelta. Sia perchè mettere al mondo un figlio, consapevoli che poi forse non si sarà in grado di mantenerlo, qui è più che difficile.La scelta di quella donna è stata però lo stesso estremamente drammatica, come testimoniano le operatrici Ausl del consultorio di Rimini che l’hanno seguita. E soprattutto è un caso singolo, ma “simbolo” di una realtà assai più diffusa.

La percentuale di interruzioni volontarie di gravidanza su donne extracomunitarie, rispetto al totale di quelle effettuate in provincia di Rimini, aumenta anno dopo anno. Con tutta probabilità come conseguenza dell’aumento dell’immigrazione, ma anche del caro-vita, che se si fa sentire sui riminesi, a maggior ragione si fa sentire sulle famiglie di immigrati per le quali i problemi abitativi e di lavoro rischiano di essere di più.Dagli ultimi dati le interruzioni volontarie di gravidanza di donne immigrate superavano un quarto del totale, e si attestavano sul centinaio, ma soprattutto, il trend era in crescita mentre la pratica era in diminuzione tra le donne riminesi.“Non vorrei ma sono costretta a rinunciare a questo figlio. Non saprei come mantenerlo, e qui in Italia posso fare questa scelta piuttosto che fargli patire la fame”.

E’ con parole di questo tenore che la signora – il cui caso è emerso sabato mattina, nel convegno su “Salute e immigrazione” organizzato dall’Odine dei Medici ed Odontoiatri e che si è svolto a Riccione – si è espressa con le operatrici. Parole in cui si intreccia la consapevolezza di una decisione che altrimenti sarebbe negata, ma anche qui presa per bisogno, col dolore di una madre che rinuncia al proprio bambino. E’ la storia di una persona che ha scelto la via dell’immigrazione per cercare di migliorare la propria vita, e che, almeno in quella fase del proprio percorso, ha dovuto invece rinunciare a qualcosa: ad un figlio. Che al suo paese avrebbe dovuto partorire per forza, forse, solo per costringerlo a soffrire in vita