Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Accertamento del diritto all’assegno per il nucleo familiare

Gli assegni familiari com’è noto vengono riconosciuti, in condizioni di parità di trattamento, anche ai lavoratori immigrati regolarmente soggiornanti in relazione ai loro familiari a carico, ma questo diritto può essere esercitato a condizione che i familiari siano già residenti in Italia; diversamente (ovvero se sono ancora residenti nel loro paese d’origine) non sarebbe possibile chiedere ed ottenere dall’Inps il versamento degli stessi (legge 23/12/1998, n. 448), a meno che non si tratti di casi in cui trovano applicazione appositi accordi internazionali in materia di sicurezza sociale (è il caso dei cittadini della Tunisia e di Capo Verde, che invece possono ottenere queste prestazioni anche per i familiari ancora residenti in patria).
Giova precisare che, invece, la disciplina applicabile alle cosiddette detrazioni fiscali per i familiari a carico è differente, considerato che si possono applicare – su richiesta del diretto interessato – anche in relazione ai familiari che ancora risiedono nel paese d’origine.

Se da un lato è pacifica (e francamente non sembra contestabile) la norma che stabilisce la sopracitata regola, dall’altro si tratta di capire che cosa intende la norma stessa per “residenza”. In effetti la Corte di Cassazione con una recente sentenza (n. 16795, depositata il 25 agosto scorso) ha preso in considerazione questo aspetto specifico, rilevando che l’assegno per il nucleo familiare spetta anche prima della formale acquisizione della residenza: infatti, c’è sempre una sfasatura (ben nota a chi deve andare in questura per il permesso di soggiorno per fare le pratiche di ricongiunzione famigliare), una lunga attesa tra il momento in cui i familiari, che hanno ottenuto l’autorizzazione alla ricongiunzione, una volta arrivati sul territorio italiano muniti di visto d’ingresso, si presentano in questura per chiedere il permesso di soggiorno e il momento in cui, invece, riescono ad ottenere concretamente il permesso di soggiorno.
Considerato che in seguito il certificato di residenza, ovvero l’iscrizione anagrafica presso il Comune dove si abita, richiede a sua volta dei tempi ulteriori di attesa e che, in ogni caso, è necessario essere in possesso del permesso di soggiorno, possiamo comprendere che nella migliore delle ipotesi passino mesi tra il momento in cui queste persone hanno il diritto di soggiornare in Italia e il momento in cui possono ottenere a tutti gli effetti la formale iscrizione anagrafica e, quindi, il certificato di residenza.
L’Inps si era attenuta ad un’interpretazione per così dire burocratica della normativa con la conseguenza che, per poter riconoscere il diritto agli assegni familiari, prendeva in considerazione soltanto il momento iniziale della residenza anagrafica dei familiari nel territorio italiano, mentre rifiutava di prendere in considerazione la regolarità del soggiorno e, quindi, la stabilità della presenza dei familiari stessi nel territorio italiano.

La questione di cui si è occupata la Corte di Cassazione nella sentenza di cui sopra, prende lo spunto da un ricorso promosso da un cittadino albanese il quale, giustamente, ha chiesto che gli assegni familiari gli fossero riconosciuti retroattivamente, ovvero dal momento dalla regolarità del soggiorno in Italia e non da quello, di molto successivo, dell’iscrizione anagrafica. In altre parole questo signore aveva perso circa un anno di assegni familiari soltanto a causa delle lentezze burocratiche dovute, in un primo tempo, alla questura competente per territorio per il rilascio del permesso di soggiorno e, successivamente, all’Ufficio Anagrafe del Comune per l’accertamento della dimora e, quindi, per l’iscrizione anagrafica a tutti gli effetti.
La Corte di Cassazione adotta invece con la sentenza in oggetto un’interpretazione estensiva, nel senso che il concetto di residenza familiare non coincide formalmente con la data di decorrenza dell’iscrizione anagrafica, ma coincide invece con il momento in cui effettivamente la famiglia si radica nel territorio italiano e ivi stabilisce la propria vita abituale. Da questa pronuncia possono derivare vantaggi notevoli, in termini economici, a chi finora ha sofferto delle lungaggini burocratiche menzionate.
Ciò non consola naturalmente rispetto alla sofferenza che rimane comunque nell’attendere mesi il rilascio del permesso di soggiorno e, poi, nell’attendere ancora mesi, come spesso accade, l’iscrizione anagrafica in funzione di accertamenti reiterati che vengono disposti da parte della polizia municipale per verificare se le persone interessate effettivamente vivono in modo stabile o abituale presso un determinato alloggio. Ma in ogni caso, almeno dal punto di vista dell’effettività del diritto all’assegno per il nucleo familiare in condizioni di parità con i cittadini italiani, possiamo dire che è stato fatto un passo avanti e che, naturalmente, spetterà ora agli interessati esercitare questo diritto.