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Accoglimento provvedimento avverso il respingimento alla frontiera per ritenuta pericolosità sociale

Corte di Cassazione Civile, ordinanza n. 18133 del 21 luglio 2017

Il caso riguarda un cittadino albanese che lavora come autista presso una ditta che effettua trasporti internazionali in tutta Europa.

In data 25.11.2014, durante il transito dal porto di Bari, veniva fermato e respinto alla frontiera con provvedimento di respingimento della Polizia di Frontiera di Bari recante la seguente motivazione: “è considerato pericoloso per l’ordine pubblico …..” con il contestuale commento “condanna DPR 309/90 art. 73, comma 1 (stupefacenti)in data 08.02.2011 – Corte D’Appello Genova”.

Avverso il predetto provvedimento veniva proposto ricorso al Giudice di Pace di Bari, con atto depositato in cancelleria il 23/01/2015, per i seguenti motivi:

  • 1. Violazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 3 comma 4 L. 241/90 e dell’art. 3 D.P.R. 394/1999. Sussistenza della giurisdizione del Giudice di Pace di Bari.;
  • 2. Nullità del decreto di respingimento per insufficiente ovvero inesistente motivazione: violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n 241/90. Violazione e mancata applicazione dell’art. 47 della legge n. 354/1975.;
  • 3. Violazione del Regolamento UE N. 1091/2010 sulla libera circolazione dei cittadini albanesi. Violazione del diritto all’esercizio della propria attività lavorativa.

In merito alla ritenuta pericolosità sociale, nel ricorso si evidenziava che in data 1.10.2014 il Tribunale di Sorveglianza di Torino aveva dichiarato in favore del ricorrente l’estinzione della pena detentiva e di ogni altro effetto penale per esito positivo dell’affidamento in prova ai sensi dell’art. 47 L. 354/1975, ed all’uopo si depositava il casellario giudiziale.

Inoltre, si faceva altresì presente, che il ricorrente, munito di regolare passaporto biometrico, a bordo del suo camion, aveva già fatto ingresso in zona Schengen dalla frontiera italiana, nella specie quella del Porto di Bari, non meno di tre volte al mese ed all‘occorrenza aveva posto in visione il certificato del casellario del quale era sprovvisto solo il giorno del respingimento.

All’udienza di trattazione del 03/02/2015 questa difesa, al fine di provare gli ingressi del ricorrente in territorio Schengen, avvenuti antecedentemente al provvedimento di respingimento, depositava, previa esibizione degli originali, copia dei dischi cronotachigrafi attestanti il percorso compiuto dallo stesso anche nel territorio italiano.

In data 10/06/2015 il Giudice di Pace di Bari disattendendo i motivi di ricorso e omettendo di motivare riguardo ad una circostanza rilevante per l’accoglimento dello stesso, rigettava il ricorso ritenendolo inammissibile per difetto di interesse.

Avverso questa decisione veniva proposto nei termini ricorso per cassazione per i seguenti motivi Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c Violazione e falsa applicazione dell’art. 113 Cost.; Violazione dell’art. 13 del Regolamento CE n. 562/2006; Violazione e falsa applicazione degli artt. 100 cod. proc. civ.;

nella specie si osservava che la decisione era ingiusta perché ove si ritenesse esatto l’assunto secondo cui “il respingimento, quale atto autoritativo ad effetto immediato, produce un risultato di fatto con l’accompagnamento immediato alla frontiera senza divieto di reingresso e segnalazione SIS” per il soggetto respinto non sussisterebbe mai nessun interesse ad agire e, conseguentemente, sarebbe vanificato e violato il suo diritto al ricorso giurisdizionale previsto dall’art. 113 Cost. secondo cui “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa” e dall’art. 13 comma 3 del Regolamento CE n. 562/2006 il quale dispone che “Le persone respinte hanno il diritto di presentare ricorso. I ricorsi sono disciplinati conformemente alla legislazione nazionale. Al cittadino di paese terzo sono altresì consegnate indicazioni scritte riguardanti punti di contatto in grado di fornire informazioni su rappresentanti competenti ad agire per conto del cittadino di paese terzo a norma della legislazione nazionale“.

Pertanto, osservava questo difensore, lo straniero respinto non solo ha il diritto fare ricorso per chiedere una sentenza che accerti l’illegittimità del provvedimento di respingimento ma ha anche il diritto di chiedere allo Stato membro che abbia operato il respingimento di operare le relative rettifiche sul passaporto o visto d’ingresso nonché di cancellare le iscrizioni dal registro detenute dalle autorità ove il provvedimento di respingimento risulti illegittimo.

Quanto al merito, avendo il giudice dichiarato inammissibilità per difetto di interesse ad agire, non si svolgevano censure in ossequio alla decisione delle S.U. “Non è ammissibile per difetto di interesse l’impugnazione rivolta avverso la statuizione nel merito contenuta in una sentenza di inammissibilità, in quanto tale statuizione ad abundantiam è da considerarsi priva di efficacia perché proveniente da un giudice che si è già spogliato della potestas iudicandi per effetto della pronuncia di inammissibilità in rito” (Cass. Sez. Un. 3840/2007).

Con ordinanza n. 18133/2017 in data 21.07.2017, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso cassando la decisione di primo grado con rinvio al altro giudice perché:
… il respingimento alla frontiera è si un atto istantaneo ma esso, quando (come nella specie) non sia giustificato da ragioni transeunti, ma da spiegazioni in qualche modo collegate allo status della persona (nella specie: la sua asserita pericolosità sociale) dispiega effetti permanenti, risolvendosi, – la sua successiva reiterazione – in una mera riedizione già poste alla base della sua prima adozione, così che è pienamente sussistente l’interesse ad impugnare tale atto, fonte di successiva reiterazione…“.

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Corte di Cassazione Civile, ordinanza n. 18133 del 21 luglio 2017