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Accontentarsi delle briciole?

Varata dal Consiglio dei Ministri la proposta di riforma della legge Bossi-Fini

La Bossi-Fini è acqua passata, anche se per vedere approvato il disegno di legge delega presentato lo scorso martedì dal Consiglio del Ministri, dovremo attendere almeno un altro anno.
Quella legge era entrata in crisi da tempo sotto le spinte delle migrazioni globali e grazie alle lotte che in questi anni l’hanno destrutturata, e l’annuncio del Consiglio dei Ministri rivela la necessità di codificare diversamente una situazione ormai incontenibile, più che la volontà illuminata di affrontare i fenomeni della mobilità con un approccio che guarda ai diritti di cittadinanza.
Lasciarsi alle spalle quella legge disumana era doveroso, più problematico però sembra capire come non permettere che la sua ombra si allunghi sulle nuove proposte.
Sappiamo cosa lasciamo, almeno a parole, ma non sembra altrettanto chiaro verso dove ci porterà la nuova proposta.
Meglio, sappiamo sicuramente che, al nome dei due paladini delle identità padana e italiana, si sostituiranno quelli degli attuali ministri di centro-sinistra, a ricordarci che il Governo oggi è un altro.
Certo, davanti ad una legge come la Bossi-Fini, che ha fatto conoscere al nostro paese gli anni più bui delle politiche di governo dei flussi migratori, tutto sembra una ventata d’aria.
C’è da chiedersi come, dal punto di vista materiale, il “revival” di alcuni pezzi della vecchia Turco-Napolitano, che avevano spianato la strada alla legge targata centro-destra, possa davvero migliorare le condizioni di chi, migrando, approda in Italia.
C’è da chiederselo perché i campi Rom che continuano a bruciare qua e là, i muri e i fossati che prendono forma intorno ai migranti, i ricatti del mercato del lavoro, ed i recenti fatti di Via Paolo Sarpi, a Milano, non sono scritti in nessuna legge, ma sono solchi incisi più profondamente nelle politiche complessive di gestione delle migrazioni, e non basterà una ventata d’aria a cancellarli.
L’agenzia Frontex, il progetto di cooperazione per la sorveglianza delle frontiere, ed i cpt, tirati a nuovo, sono ancora lì a ricordarci che i confini dell’Europa si allargano o si spostano, ma rimangono sempre ben marcati, e che l’istituto della detenzione amministrativa rimane uno dei perni centrali nell’affrontare una delle grandi narrazioni del nostro tempo: la mobilità globale.
Non di meno, rimane nebulosa tutta la questione che riguarda la normativa per i rifugiati ed i richiedenti asilo: l’Italia su questo è da tempo in una situazione di stallo, e a fare chiarezza non ci aiuta certo la nuova proposta.

Alcune delle novità più sbandierate, che secondo i Ministri Amato e Ferrero renderebbero la legge “più civile” sono in realtà eredità recuperate dalla Bossi-Fini o vecchie carcasse ripescate dalla Turco-Napolitano, che ci vengono ripresentate pesantemente amputate.
Neppure un accenno ad una sanatoria, che rimane una questione politicamente scorretta, nonostante alcune valutazioni pienamente condivisibili affermassero, finalmente, che a produrre la clandestinità sono le leggi e non un generico desiderio di illegalità dei migranti.

Sponsor, uffici di collocamento nei consolati, ruolo dei comuni, i tre anni di programmazione dei flussi, non sono novità, come avevamo già ampiamente affermato davanti alle prime dichiarazioni ufficiose di alcuni mesi fa.

Lo è invece l’abolizione della perversa procedura del contratto di soggiorno, che mette fine, speriamo, all’infernale iter dell’assunzione a scatola chiusa dall’estero.

Insieme al rivalutato ruolo dei comuni nella gestione delle procedure relative ai permessi di soggiorno – punto sul quale sarà necessario prestare attenzione rispetto ai modi e alle possibilità di diventare effettivo – e all’abolizione del contratto di soggiorno, spicca la proposta dell’auto-sponsorizzazione, che è però lì a ricordarci che tutto, e questa è una delle conferme più pesanti, continuerà comunque a svolgersi all’interno del meccanismo delle quote.
Non sembra quindi scalfirsi l’idea che vede il concetto di immigrato-lavoratore, vincere su quella di immigrato-cittadino.

Se pensavamo di poterci dimenticare delle leggi precedenti, ci pensano Amato e Ferrero a ricordarci la cruda realtà.
I passi in avanti sono ovviamente preziosi, anche se speravamo di non doverci accontentare delle briciole, inoltre, tutte queste proposte, annunciate più volte lungo la legislatura di questo governo, usciranno, con tutta probabilità, ancor più ridimensionate dal dibattito parlamentare.

L’ennesimo annuncio della nuova proposta, è stato inoltre accompagnato dalla diffusione della Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione, e da due direttive che riguardano, una la chiusura di alcuni Centri di permanenza temporanea, l’altra, la possibilità d’ingresso, per i giornalisti, in queste strutture.
Se queste ultime sono da accogliere come passaggi positivi quanto necessari, la stesura della Carta dei valori suona come un’enunciazione che non fa i conti con le difficoltà poste in essere dalle norme che disciplinano l’ingresso ed il soggiorno, primo vero ostacolo all’integrazione.
A proposito – per quel che riguarda le direttive – sempre la Turco-Napolitano prevedeva, per i giornalisti, la possibilità, previa autorizzazione del Prefetto, di accedere alle strutture di detenzione: al tempo non fu firmato neppure un permesso.
Sembra insomma di giocare il secondo tempo di una partita truccata: mentre il primo è stato affrontato in maniera a dir poco esuberante, ora sono l’equilibrio e il calcolo a farla da padroni, ma il risultato è viziato dalla logica securitaria, e dalle esigenze di flessibilità del mercato del lavoro.
A dirla proprio tutta, ed è la realtà della vita degli immigrati a raccontarcelo, nulla di buono sembra attenderci.

Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa