Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 10 agosto 2003

Ai confini di Sandro Mezzadra

Non c’è dubbio. E’ «un passo avanti importante verso una politica comune europea in materia di immigrazione», come scriveva ieri la Repubblica. Prende il nome di Nettuno, antica divinità la cui giurisdizione si estendeva su quei mari che proprio le politiche migratorie europee, negli ultimi anni, hanno trasformato in cimiteri. Per quel che se ne sa, si compone essenzialmente di due proposte il piano elaborato dal ministero degli interni italiano per contrastare l’«immigrazione clandestina». L’obiettivo appare cristallino: rimuovere ogni ostacolo, tecnico e giuridico, al funzionamento di una macchina integrata delle espulsioni che costituisca l’altra faccia della gestione comune dei «confini esterni» dell’Unione europea. I voli stipati di «espellendi» potranno fare scalo in due o più paesi membri, completando il loro carico e ottemperando ai criteri di economicità dei trasporti. Convogli ferroviari, magari dotati di confortevoli vagoni piombati, autobus di linea nonché «autoveicoli in servizio di polizia non provvisti di contrassegni distintivi di polizia» potranno attraversare i confini dei paesi membri dell’Unione, grazie a speciali «visti di transito», con il loro carico di umanità in eccesso, da depositare poco oltre il più vicino «confine esterno».

Non sono poche le perplessità specifiche sollevate dai testi, a cominciare dalle competenze e dalle responsabilità di quegli agenti di scorta, in abiti civili e senza armi durante il transito in un paese terzo, che tuttavia, se la proposta italiana sarà approvata, potranno svolgere «un’azione ragionevole e proporzionata» per contrastare i tentativi di fuga dei migranti deportati. Ma il problema è più generale.

Il «piano Nettuno», si diceva, è certamente un «passo avanti», ma lo è in una direzione ben tracciata e consolidata.

Da anni ormai, svaporata la breve illusione di libertà dell’89, è in gestazione una politica migratoria europea che punta alla fortificazione dei confini e all’affinamento dei dispositivi di espulsione. Questa politica, nel cui solco si sono moltiplicati gli spazi di detenzione amministrativa, è solo apparentemente rivolta a una questione «marginale»: in realtà ha un rilievo fondante, materialmente costituzionale, per la definizione del modello di cittadinanza che si sta delineando in Europa. Annichilisce letteralmente la libertà e i diritti di tanti migranti, ma è un’arma puntata contro tutti gli uomini e tutte le donne che sognano un’Europa finalmente sottratta alle logiche della politica di potenza, dello stato nazionale e dei suoi meccanismi identitari – troppo spesso divenuti genocidari. Mentre sulla carta d’Europa minacciano di disegnarsi nuovamente le rotte dei vagoni piombati, sono altri i percorsi a cui quegli uomini e quelle donne guardano, in cerca di speranza: ad esempio quelli dei migranti che in questo scorcio d’estate hanno saltato le reti e le recinzioni dei centri di detenzione di Bari Palese e di Torino, affermando senza mezzi termini il proprio diritto di fuga.