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Al buio e con le porte bloccate. Quel treno spettrale che porta i profughi in Austria

Ogni giorno dalla Slovenia partono due convogli speciali

Foto: La Stampa

Niccolò Zancan, La Stampa, 20 gennaio 2016
Inviato a Jesenice (Slovenia)

Il treno speciale dei profughi arriva al binario 3 ogni sera. L’orario non è molto preciso. «Dipende da quanti sono e da quanto ci mettono a caricarli tutti», dice il capostazione. «Ma lo riconoscerete senza dubbio. Perché lo fanno fermare sempre un po’ oltre, in modo da non dare fastidio ai passeggeri degli altri treni. E poi vedrete arrivare i poliziotti. Vengono apposta per loro».

I poliziotti arrivano alle 6 di sera, posteggiano la camionetta davanti alle transenne. Dieci minuti più tardi, dalla curva dell’ultimo paese sloveno prima del confine austriaco spunta lento un convoglio spettrale. Slovenske Zeleznice, c’è scritto sulla fiancata lercia. Sta viaggiando da quattro ore. Tutte le luci sono spente, tranne quella del locomotore. Sembra vuoto. Invece è pieno di migranti. E adesso, abbassano i finestrini nel gelo. «Amico, hanno chiuso le porte. Tutte chiuse. Non possiamo scendere. Siamo bloccati. Dove siamo? Quanto manca all’Austria? Ci fanno passare?».

Ogni giorno partono due treni come questo. Due treni carichi di persone da sbolognare alla prossima frontiera d’Europa. Il primo viaggia all’alba, l’altro a tarda sera. Treni senza ritorno. Almeno nelle intenzioni di chi li ha istituiti. «Noi siamo un Paese di transito», dice con un po’ di imbarazzo lo studente pendolare Alexander Ebner, mentre aspetta un regionale in direzione opposta per Lubiana. «È raro incontrare un profugo per le nostre strade», dice. Te lo ripetono tutti: «Passano e vanno via».

Prima di arrivare qui, siamo stati al valico di Sentilj, 200 chilometri a est verso l’Ungheria. A novembre si vedevano foto impressionanti da quella frontiera. Lunghe file di profughi in cammino, scortati da soldati sloveni a cavallo, in mezzo alle coltivazioni e alle foreste di confine. Ma adesso il centro di accoglienza di Sentilj voluto dal governo – tendoni bianchi, bagni chimici, cucine da campo, 2 mila posti – è vuoto. «Non c’è neanche un migrante», dice il coordinatore Rok Kurnik. Da quando? «Dall’inizio dell’anno nuovo. Quando la politica del governo è cambiata. Da quando hanno organizzato i treni speciali per l’Austria».

Il Grande Esodo lungo la rotta balcanica è tutt’ora in corso. I passaggi sono più che dimezzati per il freddo, ma il cammino dei profughi dalla Turchia, attraverso la Grecia, in direzione Nord, non si è mai interrotto. Second Rok Kurnik sarebbero quasi 2 mila i passaggi giornalieri in Slovenia. Ma i migranti sono invisibili. E un motivo c’è. Appena superano la frontiera con la Croazia, al confine sud, vengono portati nel centro di raccolta di Dobova. Da lì, dopo un breve viaggio in pullman fino alla stazione di Brezice, caricati sui treni speciali con le porte chiuse.

Destinazione Austria

Forse questo può spiegare le dichiarazioni del cancelliere austriaco Werner Faymann, che ha minacciato di sospendere Schengen alla fine della settimana. E intanto, ha già ordinato di rafforzare i controlli ai confini proprio con Slovenia e Ungheria. «Siamo in attesa di notizie», dice il coordinatore del centro di Sentilj, Ror Kunik. «Se l’Austria dovesse chiudere a nord, anche noi potremmo fare altrettanto a sud. Deciderà il governo. Ma l’orientamento sembra questo».

Prima i profughi passavano dall’Ungheria. Poi l’Ungheria ha alzato il muro di filo spinato. Quindi anche la Slovenia ha rinforzato i propri confini nello stesso modo. E ora, questo gioco terribile a rimpallarsi i profughi, potrebbe coinvolgere l’Italia.

Il valico di Coccau è proprio qui. A 20 chilometri

Dai finestrini del convoglio spettrale rimbalzano voci e domande. «È vero che vogliono chiudere le frontiere?». «Io sono di Kobane». «Io sono di Beirut». «Io sono di Sham, Damasco». È pieno di ragazzini, mani di bambini sui vetri. Un professore di Baghdad chiede notizie sulla cancelliera Merkel: «L’unica che ci abbia trattati come esseri umani». Le donne stanno negli scompartimenti bui, intravedi cannucce colorate e succhi di frutta. «Ci hanno dato da mangiare nel campo di Dobova – spiega un ragazzo siriano – sul treno non c’è nemmeno l’acqua». «Sappiamo che la Germania non ci vuole più. La mia idea è di provare in Olanda. Cosa ne pensi?». Nessuno ha lasciato le sue impronte digitali durante il viaggio, potranno quindi chiedere asilo politico altrove. Almeno così giurano i profughi del treno speciale.

I poliziotti sloveni sono tranquilli, sono qui per controllare che nessuno scenda. E quando arriva l’ok, dopo mezz’ora, il treno riprende il suo viaggio. «Finora l’Austria li ha sempre lasciati passare», dice il capostazione. «Non so dire quanto durerà».