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Alla consegna il permesso è già scaduto – La storia di Olga

Riceviamo e pubblichiamo un contributo di Maria Rosaria Baldin

Olga è una badante ucraina in attesa del rilascio del primo permesso di soggiorno. Era arrivata in seguito al decreto flussi del 2006. Nel febbraio del 2007, entro otto giorni dall’ingresso come prevede la legge, si è recata in prefettura a presentare istanza di rilascio del primo permesso di soggiorno e poi in posta con la busta consegnatale dalla prefettura; dopo aver incollato nel modulo una marca da bollo da 14,62€, ha fatto la fotocopia di tutte le pagine del passaporto (anche quelle bianche), ha pagato il bollettino postale di 27,50€ necessario per ottenere il permesso di soggiorno elettronico e, dopo che l’impiegato delle poste ne ha effettuato il riconoscimento, ha potuto pagare i 30 € necessari per spedire la busta con i suoi documenti. La busta, che aveva come destinataria finale la questura di Vicenza, ha fatto una prima tappa a Roma, in un centro di smistamento dove la documentazione è stata controllata una prima volta.
Dopo diversi mesi la questura ha inviato a Olga un SMS con la data dell’appuntamento per andare a fare i “rilievi fotodattiloscopici” (le impronte digitali) e mostrare gli originali di tutta la documentazione invita a suo tempo.

Finalmente, il giorno 12 giugno 2008 – 16 mesi dopo averne fatto richiesta – Olga si è recata in questura a ritirare il suo primo permesso di soggiorno. Avere in mano il permesso, e non la sola ricevuta delle poste, dà molta più sicurezza. Infatti, anche se le circolari ministeriali garantiscono “la tutela dei diritti nelle more del rinnovo e del primo rilascio del permesso di soggiorno”, nella pratica le cose sono più complesse. Le agenzie interinali e i datori di lavoro spesso non si fidano ad assumere con la ricevuta, le scuole guida non accettano di far fare l’esame per la patente, le Asl e i comuni creano problemi per rinnovare iscrizioni sanitarie e anagrafiche; infine, chi si fida ad andare all’estero con la ricevuta? Girano voci di persone che non sono più rientrate in Italia. E allora, per tornare al paese, meglio aspettare il grande giorno della consegna del permesso; Olga ha già deciso che farà festa con le amiche. Sa già che le consegneranno un permesso valido al massimo un anno, perchè così prevede la legge. Non si aspetta però di vederselo consegnare scaduto da quasi due mesi. La data di rilascio stampata sulla card elettronica, infatti, non è il 12 giugno 2008, ma quella dell’appuntamento in prefettura nel febbraio 2007. Il permesso di Olga, sulla carta e sulle statistiche del ministero, ha una validità annuale (dal 22 febbraio 2007 al 20 maggio 2008). In realtà, avendolo ritirato il 12 giugno 2008, il permesso è già scaduto da 23 giorni. Per Olga significa andare in fretta in un patronato a chiederne il rinnovo, ripetendo tutta la trafila e sperando che non servano appuntamenti pure lì.

Questo è il sistema che, dopo aver fatto fare file in patronati, prefettura, questura e posta, dopo aver fatto pagare la modica somma di 72,12 €, è stato presentato come risolutore di tutti i problemi e le lungaggini burocratiche.
Chissà se Olga è d’accordo…

Maria Rosaria Baldin