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da Metropoli del 28 novembre 2007

Allarme, troppi cesarei alle donne straniere

Pazienti invisibili, soprattutto nel periodo della gravidanza: effettuano pochissimi esami e, nella maggior parte dei casi, partoriscono con tagli cesarei d’urgenza per le complicazioni non diagnosticate per tempo.
Sono le donne immigrate, ‘vittime di discriminazioni’ anche nell’ambito dei trattamenti sanitari. La denuncia arriva dal rapporto ‘Servizi sanitari e discriminazioni razziali’ promosso dall’Istituto Internazionale di Scienze mediche, antropologiche e sociali (Iismas) e l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) e presentato oggi al congresso ‘Cultura, salute, migrazioni’ organizzato dall’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti (Inmp).
Il rapporto ha analizzato i dati dell’Istituto superiore di sanita’ sui parti cesarei nel 2006 insieme ai dati raccolti in tre ospedali campione nelle citta’ di Roma, Torino e Arezzo, con interviste ad operatori sanitari e distribuzione di mille questionari a infermieri e pazienti straniere. E’ emersa, si legge nell’indagine, ‘una discriminazione indiretta fortemente evidenziata dai colloqui con le donne straniere che hanno partorito in Italia’. Il dato piu’ interessante riguarda proprio i tagli cesarei d’urgenza, che raggiungono il 21,4% tra le immigrate fino a valori vicini al 100% tra le donne filippine, peruviane e provenienti dal Bangladesh.
Le motivazioni, come rivela il rapporto, ‘sono da individuarsi prevalentemente in un mancato iter terapeutico-assistenziale rispetto alle donne italiane’. Cosi’, la percentuale di straniere che effettua la prima visita oltre la dodicesima settimana di gestazione e’ del 24% (contro il 4,4% delle italiane), minore il numero di ecografie, mentre l’amniocentesi e’ effettuata solo dal 6% delle straniere. Discriminazioni sono denunciate anche nella possibilita’ di scegliere un medico donna e nell’esigenza di ricevere menu specifici. Grandi difficolta’, poi, nella comunicazione per il diverso approccio al parto. Un problema rilevante e’ inoltre la mancanza di mediatori culturali nei servizi e la ‘disuguaglianza nell’applicazione delle leggi negli ospedali’.
Un servizio sanitario nazionale ‘non discriminante e al passo coi tempi – e’ la conclusione dell’indagine – non puo’ permettere che in aree dove risiedono migliaia di stranieri regolari siano assenti servizi sociosanitari dedicati all’immigrazione, creando un’Italia a macchia di leopardo’.

Discriminare la popolazione immigrata sul fronte delle cure e dell’accesso all’assistenza sanitaria rappresenta un ‘pericolo’ per la stessa popolazione italiana, con il rischio del ritorno di malattie oggi pressoche’ debellate nel nostro Paese. A mettere in guardia e’ il presidente della Commissione Sanita’ del Senato, Ignazio Marino.
In Italia, ha sottolineato Marino, ‘esistono malattie, come ad esempio l’epatite B, che potranno essere con certezza debellate dal momento che la vaccinazione preventiva e’ estesa a tutti i bambini. Se pero’ non offriamo lo stesso tipo di garanzie anche alla popolazione immigrata, oltre 4 milioni, sicuramente – ha avvertito Marino – il virus dell’epatite B tornera’, perche’ non si ferma davanti al colore della pelle’.
In altre parole, ha concluso il presidente della Commissione Sanita’, ‘non essere generosi con lo straniero, alla fine significa non essere generosi con noi stessi’.