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Alle Canarie la situazione è sempre più insostenibile

Sabato 17 aprile giornata di mobilitazione per chiedere la chiusura dei campi e il libero transito delle persone

Photo credit: Mattia Iannacone

A Tenerife, Gran Canaria, Lanzarote e Fuerteventura si sono svolte manifestazioni per denunciare le condizioni di migliaia di persone bloccate illegalmente da mesi sulla frontiera. Nonostante una sentenza dello scorso 14 aprile abbia stabilito che le persone in transito in possesso del passaporto o della richiesta di asilo possano muoversi su tutto il territorio spagnolo, la polizia continua a impedire in modo arbitrario alle persone con i documenti in regola di lasciare le isole.

Inoltre dall’inizio del Ramadàn la situazione è più complicata, soprattutto per le persone che dormono in strada e che non hanno accesso a nessun servizio. Gran Canaria è l’isola dove è maggiormente presente questo problema. La piattaforma “Somos red”, che distribuisce cibo e vestiti alle persone che hanno abbandonato i centri o che sono state espulse, segnala che sono centinaia le persone che attualmente si trovano per strada senza alcun tipo di assistenza ed esposte agli abusi della polizia. A Lanzarote la situazione è molto simile, prima dello sgombero degli hotel infatti molte persone hanno iniziato a dormire per strada per paura di essere trasferite a Fuerteventura, nel campo di El Matorral. Il pericolo più grande per queste persone è che vengano arrestate e che finiscano per venire, in un modo o nell’altro, rimpatriate.

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A Fuerteventura, da alcune settimane, il campo di El Matorral non è più l’unico centro ad ospitare le persone migranti. Infatti, in seguito alla scoperta di diversi casi di Covid-19, più di duecento persone sono state confinate sulla “Nave del Queso”, ovvero una nave industriale in cui le persone sono costrette a convivere senza poter uscire, dormendo su letti a castello uno attaccato all’altro, dove rispettare le norme anticovid è impossibile.

Ad aggravare le condizioni già precarie, lo scorso 5 aprile una carovana di 30 veicoli ha sfilato davanti al campo di El Matorral sventolando bandiere spagnole; un’azione organizzata da diversi gruppi, tra cui Vox, con l’intento di provocare le persone migranti e dimostrare la propria ostilità nei loro confronti.
A Tenerife, dopo i gravi disordini della scorsa settimana all’accampamento di Las Raíces, la tensione non è calata. Per diversi giorni la polizia ha presidiato il campo e sedato le proteste caricando e sparando proiettili di gomma.

La situazione è psicologicamente insostenibile per molte persone, sono numerosissimi gli atti di autolesionismo. La scorsa settimana due eventi in particolare hanno suscitato tensioni: il primo nella notte di lunedì, quando una persona ha minacciato di lanciarsi dalla finestra di un edificio della struttura, mentre qualche giorno fa un ragazzo ha tentato di togliersi la vita ingerendo una grande quantità di diazepan.

Si tratta di un fatto grave, non isolato, che rispecchia la frustrazione e l’esasperazione delle persone all’interno dei campi e che è stato trattato dal personale sanitario e dalla sicurezza del campo, secondo la testimonianza di un lavoratore di Accem (la ONG che gestisce Las Raíces), come un fatto di routine, con l’unica preoccupazione, di individuare i responsabili. Per questo Accem e la polizia hanno esercitato pressioni perché l’infermeria dell’accampamento (una tenda dove vengono assistite le persone a cui viene negata l’assistenza all’interno del campo – e dove non vengono distribuiti farmaci) venisse chiusa, accusata di essere la causa dei frequenti casi di intossicazione. La precarietà delle condizioni di vita a Las Raíces ha spinto già decine di persone a prendere la decisione di fare ritorno nel proprio paese.

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Oltre ai campi di Las Canteras e Las Raíces (e ai 29 centri per minori), c’è un altro centro a Tenerife che ospita persone in transito. Si tratta di un’ex carcere a Santa Cruz, dove da diversi mesi sono state trasferite le donne migranti presenti sull’isola. Insieme a loro sono ospitati nel centro ragazzi e bambini di tutte le età. Il centro è gestito dalla Croce Rossa, tuttavia le condizioni sono molto simili a quelle dei campi: cibo di scarsa qualità, mancanza di assistenza legale, insufficienza di personale sanitario. Ci sono diverse donne incinte e neonati che necessitano cure giornaliere, tuttavia l’assistenza sanitaria consiste nella visita al centro di un medico volontario una volta alla settimana. Mancano vestiti, coperte e materiale che la Croce Rossa sta tardando a fornire. Come in tutti i centri di “accoglienza” le condizioni sono precarie, l’attesa è alienante e la salute mentale rappresenta il principale dei problemi, specialmente quando si è costretti a vivere in spazi come ex stabilimenti militari o come un carcere.

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La strategia che il governo spagnolo sta utilizzando è la stessa che utilizzò nel 2006, durante la cosiddetta “crisi dei caycos”, quando circa 36 mila persone sbarcarono alle Canarie, ovvero quella di firmare nuovi accordi per il rimpatrio con i paesi di origine e di aumentare i controlli in mare grazie ai grandi fondi destinati dall’Ue a Frontex per pattugliare le frontiere europee. Nel frattempo le persone vengono bloccate sulla frontiera, ospitate in strutture senza le condizioni minime necessarie per una vita dignitosa, esposte all’arbitrarietà delle autorità e dipendenti da un sistema che le discrimina. La strategia dell’esternalizzazione della frontiera si traduce quindi in un blocco forzato delle persone in transito attraverso procedure illegali, alle quali ancora non corrisponde alcun meccanismo di controllo effettivo.

Mattia Iannacone

Mi chiamo Mattia, vengo da Novara e mi sono laureato in scienze politiche a Padova. Ho avuto diverse esperienze in frontiera come attivista in Italia, Spagna e nei Balcani. Attualmente vivo a Bologna dove studio antropologia.