Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Speciale cittadinanza su Il Manifesto del 22 maggio 2013

Amira e le altre: “Non vogliamo essere invisibili”

di Davide Carnemolla, Progetto Melting Pot Europa

Foto di Angelo Aprile

Non c’è luogo migliore della scuola per toccare con mano la distanza che divide il dibattito in corso sullo ius soli dalla realtà di migliaia di giovani privati del diritto a divenire cittadini. “Vogliamo gli stessi diritti! Lo dobbiamo urlare, dobbiamo lottare e soprattutto aver fiducia che tutto questo possa cambiare!”. Così esordisce Ingrid, studentessa brasiliana da molti anni in Italia. “Negare la cittadinanza – dice – vuol dire rendere invisibile un essere umano”. I pregiudizi la fanno stare male e per lei rappresentano un virus che colpisce molte persone. Poi ci sono Amira e Malek, sono nate in Italia da genitori tunisini ed hanno avuto la cittadinanza l’anno scorso. Pensano che il nostro paese sia ancora indietro sulla questione dei diritti. Avere la cittadinanza per loro non significa solo poter dire io sono italiana ma vivere e crescere in un paese in cui si hanno gli stessi diritti dei propri coetanei: “molti hanno paura degli italiani neri o degli italiani che hanno un’origine diversa ma noi chiediamo solo di poter vivere normalmente”. Islam invece è nata in Tunisia ma è arrivata qui quando aveva 3 mesi. “Ho aperto gli occhi in Tunisia ma ho scoperto tutto il resto qui” – dice. “Io penso di meritarmi la cittadinanza così come tutti quelli che nascono o crescono in Italia. E spero che queste parole possano servire a tutti quelli come me che non hanno ancora un documento”. Amira, Islam e Malek fanno parte del gruppo “Occhio ai media” di Ferrara che analizza il linguaggio dell’informazione per svelare e rivelare il razzismo di cui è intriso. Poi incontriamo Ndack, una ragazza nata in Senegal e cresciuta in Italia, da anni attiva per il diritto allo studio ed i diritti dei migranti. Per lei la cittadinanza è “il primo passo per riprenderci quello di cui ci stiamo privando e cioè il diritto ad esprimerci nel senso più ampio. Ed è necessario riconoscerla non solo a chi è nato qui, ma anche a chi ha compiuto o sta compiendo i propri studi in Italia”. Ed ancora Maria che vive in Trentino e studia a Verona. Per lei – nata in Italia da genitori marocchini – ottenere la cittadinanza è stata un’odissea burocratica. “Appena compiamo diciotto anni dobbiamo subito fare la richiesta di cittadinanza altrimenti non possiamo ottenerla e poi per averla spesso si aspettano anni”. A parlare per ultima è Shaden, una ragazza italo-palestinese che organizza a Venezia iniziative in favore dei diritti dei palestinesi. Senza lo ius soli – dice – “si rimane relegati ad una classe inferiore, si resta cittadini di serie B”. E aggiunge: “bisognerebbe cercare di aprire le menti verso nuove prospettive, verso orizzonti che contemplino l’idea di un mondo che non conosca limiti e confini”.
Alla fine l’impressione che ci rimane è che il mondo di cui sta parlando non sia molto diverso da quello che tutte queste ragazze stanno provando a costruire.