Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Piccolo di Trieste del 27 febbraio 2008

Anche Amnesty chiede a Lubiana giustizia per i «cancellati»

Rinviata al 6 marzo per i concomitanti funerali di Drnovsek la manifestazione dei 18mila rimasti senza diritti civili

Lubiana. I «cancellati», sedici anni dopo, sono una questione ancora irrisolta. Con una serie di prese di posizione da parte delle forze politiche e delle organizzazioni che operano in difesa dei diritti umani, è stato ricordato ieri l’anniversario del provvedimento amministrativo con cui il 26 febbraio del 1992 il ministero degli Interni sloveno eliminò dall’anagrafe dei residenti 18.000 persone, native delle altre Repubbliche ex jugoslave, la cui «colpa» all’epoca era semplicemente quella di non aver chiesto per tempo la cittadinanza slovena (come altre 175.000 persone originarie della ex Federativa, ndr.) e di non aver regolato lo status in Slovenia come cittadini stranieri.
Per molti dei «cancellati» fu l’inizio di un autentico calvario: restarono senza lavoro, persero il diritto alla pensione, intere famiglie furono costrette a dividersi.
Oggi, a sedici anni di distanza, sono ancora in attesa di giustizia. Molti di loro hanno nel frattempo risolto il problema concreto della residenza, ma quel diritto negato nel febbraio del 1992, nonostante tutta una serie di pronunciamenti della Corte costituzionale slovena – che ha dichiarato illegale l’allora delibera del ministero Interni – non gli è stato ancora riconosciuto.
Per i democratici, il partito del premier, la soluzione migliore resta sempre l’approvazione di una legge costituzionale. I torti individuali, se sono stati commessi, vanno riparati, ha ribadito ieri il deputato del Partito democratico Branko Grims, ma non è accettabile una restituzione collettiva del diritto di residenza a tutti coloro che lo hanno perso nel 1992, tra cui – a giudizio del deputato – c’erano anche persone contrarie all’indipendenza e addirittura chi ha partecipato all’attacco armato contro la Slovenia.
Insistere sulla legge costituzionale, secondo l’Accademia liberale (Società di studio della democrazia politica e del liberalismo, ndr.), significa in realtà evitare di risolvere il problema. Si dovrebbe semplicemente rispettare le due sentenze della Corte costituzionale piuttosto che negare la violazione dei diritti umani commessa con quel provvedimento amministrativo.
Sulla vicenda si è pronunciata ieri anche Amnesty International. Dall’ufficio di Bruxelles dell’organizzazione è giunto un comunicato nel quale si invita il governo sloveno ad affrontare il problema nel modo giusto. Una così prolungata violazione dei diritti umani di un numero così alto di persone è un’ombra – afferma Amnesty – sul Paese presidente di turno dell’Unione europea.
Il governo sloveno deve riconoscere e rimediare a questa violazione, ha ribadito l’Associazione dei cancellati, che ha preparato per questa settimana tutta una serie di appuntamenti per ricordare l’ingiustizia subita nel 1992. L’appuntamento centrale è stato però rinviato al 6 marzo per il concomitante lutto nazionale per la morte dell’ex presidente della repubblica Janez Drnovsek.