Rahmat è scappato dall’Afghanistan attraverso i campi profughi iraniani restando senza mangiare e bere per giorni, Andra ha conosciuto il manganello della polizia pakistana finché non ha pagato per la sua libertà, Muhamat è sfuggito alle autorità turche affidandosi a organizzazioni mafiose che gli hanno portato via tutto quello che aveva. Tutti loro hanno rischiato di morire almeno una volta nel tentativo di raggiungere l’Italia: chiudendosi nel container dei camion o provando a viaggiare appesi con le mani ai semiassi dei tir che partono dalla Turchia. Qualcuno di loro ha viaggiato per tre anni di seguito senza mai fermarsi di fronte a nulla. Fino a quando la polizia di frontiera del porto di Venezia, di Ancona o di Bari non lo ha respinto. Ma Rahmat, Andra, Muhamat e almeno altri trenta migranti in Europa ci sono arrivati lo stesso.
Ci sono arrivati con quarantaquattro pagine di memorie che raccontano le loro storie. I migranti, le cui testimonianze sono state raccolte a febbraio dagli esponenti della rete umanitaria Tuttiidirittiumanipertutti (che mette insieme diverse associazioni e enti tra cui Razzismo Stop e il Comune di Venezia) nel porto di Patrasso, dicono di essere stati respinti alla frontiera italiana senza che venisse loro concesso il diritto di avere un interprete per spiegare la loro situazione.
Secondo le memorie poi, alcuni dei respinti avrebbero avuto meno di 18 anni al momento dell’espulsione quando la legge italiana obbliga invece all’accoglimento. La Corte ha dichiarato ammissibile il ricorso a nome di 35 migranti depositato dagli avvocati veneziani Alessandra Ballerini e Luca Mandro che hanno chiesto la condanna dell’Italia e della Grecia per prassi illecita in materia di immigrazione. Per il momento i giudici europei si sono limitati a inviare al governo italiano la richiesta di produrre una memoria difensiva per descrivere come avvengono effettivamente i respingimenti lungo la costa adriatica e in particolare in quello di Venezia.
«A noi non risulta che nessuno dei migranti che hanno fatto l’esposto alla Corte europea sia mai passato per Venezia – ribatte il comandante della polizia aeroportuale veneziana Antonio Campanale – o se sono passati di qui hanno dato un nome diverso e non hanno certo chiesto asilo sennò avremmo attivato la procedura corrispondente. La maggior parte dei migranti che arriva al porto non vuole rimanere in Italia perché vuole raggiungere i parenti in Germania o in Norvegia e se richiedono l’asilo nel nostro paese poi restano bloccati. Escludo inoltre che siano stati respinti senza registrazione. Quello di cui sono certo è che nei primi mesi del 2009 i migranti sono diminuiti dell’ 80% grazie al fatto che abbiamo smantellato la rete criminale che li portava in Italia».
D’altro canto, nonostante la richiesta della Corte europea il ministero degli Interni non ha ancora contattato le questure: «I tempi burocratici sono abbastanza lunghi – spiega l’avvocato Luca Mandro – ma il solo fatto che il ricorso sia stato accolto significa che nei porti qualcosa non va. Non è la prima volta che vengono fatti ricorsi di questo tipo, ma sono sempre stati dichiarati inammissibili. Se non è stato rigettato è perché la situazione è grave». La faccenda ovviamente non riguarda solo il porto di Venezia, ma, a partire dalla mancanza di interpreti nei porti, i nodi sono molti come prova anche l’intervento di ieri del Consiglio europeo che ha criticato i respingimenti in Libia effettuati dal governo italiano. «Non è possibile avere in ogni porto italiano un interprete per ciascuna delle migliaia di lingue parlate nel mondo – ribatte il candidato presidente alla Provincia per Lega e Pdl Francesca Zaccariotto – Mi sembra assurdo che chi non rispetta le regole, arrivando come clandestino e probabilmente anche sotto falso nome, si appelli a cavilli burocratici. I clandestini vanno respinti e la polizia portuale ha solo svolto il proprio dovere. Da presidente della Provincia farò pressioni sulle compagnie marittime, non possono fare finta di nulla e devono intervenire».
D’altro canto anche per l’attuale presidente della Provincia e candidato del Pd Davide Zoggia: «E’ giusto che gli accessi degli stranieri siano in qualche modo regolamentati anche per fermare la criminalità organizzata che sfrutta queste persone. Ma per aiutare questa gente servono interventi a livello internazionale e la Provincia da sola può fare ben poco. Quello che era possibile per fare politiche di integrazione e di mediazione linguistica è stato fatto. Noi ci battiamo contro gli spot del governo e cerchiamo di sostenere le forze dell’ordine perché abbiano i mezzi e gli uomini sufficienti per fare il loro lavoro e garantire la sicurezza».
Alessio Antonini