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Ancora dentro il Campo di Lampedusa

I fatti smentiscono Pisanu – Sono stati respingimenti collettivi

La stessa delegazione di ieri – composta dalle senatrici Chiara Acciarini e Tana De Zulueta, insieme a Barbara Grimaudo e ad Alessandra Sciurba (Laboratorio Zeta) della Rete Antirazzista Siciliana – si presenta al cancello del CPT di Lampedusa alle 9 del mattino.
L’appuntamento col signor Scalia, responsabile della Misericordia, è stato fissato per quell’ora, ma lui non è lì. Ci sono invece, nello spiazzale tra i due cancelli d’ingresso, 110 dei migranti che la delegazione aveva incontrato il giorno precedente. Caso vuole sono tutti i francofoni, più i tre nigeriani cui Miccichè e Ilaria Sposito (Laboratorio Zeta e R.A.S.) avevano fatto fare richiesta di asilo, il minorenne individuato il giorno prima dalle attiviste della Rete Antirazzista, e un Liberiano che le stesse, insieme a Tana De Zulueta riescono a informare della possibilità di chiedere asilo, giusto un attimo prima che se lo portino via. “Ci ho provato qui dentro, ma non mi hanno ascoltato”, risponde il ragazzo. La Senatrice gli consegna un foglio con alcuni numeri di telefono tra cui quelli degli avvocati, e gli raccomanda di chiamare, una volta arrivato in qualunque posto dove ci sia un telefono.

Quasi subito i 110 vengono fatti uscire dal campo per essere imbarcati sulla nave per Porto Empedocle. La loro destinazione ultima, almeno così viene detto dai carabinieri, sarà il CPT di S. Benedetto (Agrigento).
Sono proprio “fortunati”, almeno non finiranno in Libia. Ma perché loro no e gli altri sì? È quello che la delegazione e gran parte del paese vorrebbe capire…
Prima però si vuole accertare quale sarà la sorte dei 3 nigeriani. L’ACNUR dichiara di avere inviato le loro richieste di asilo (che Ilaria e Alessandra avevano mandato via fax presso i loro uffici) tanto alla prefettura quanto alla questura di Agrigento. Chiara Acciarini chiama in entrambe le sedi istituzionali per avere delle conferme. Ripete i nomi dei tre richiedenti asilo e del minore, riceve assicurazioni. Ma domani bisognerà continuare a monitorare questa situazione. Niente di strano che passino semplicemente da un CPT all’altro.
I 110 ragazzi salutano, contenti, sollevati. Non hanno idea di dove stanno andando, ma hanno chiaro che a loro non hanno legato i polsi, e che non saliranno su un aereo militare.

L’attenzione si sposta ora su chi rimane dentro il campo. 90 persone, giusto quelle necessarie a riempire un aereo. Sono quelli che parlano solo arabo. Ieri si poteva comunicare in francese, oggi non lo capisce nessuno. Due o tre masticano qualche parola di inglese.
Vogliono sapere perché loro non sono partiti, fanno capire che la notte passata sono stati tranquilli, secondo le indicazioni date dalla delegazione duralnte l’operazione “psicosi da rivolta” messa in atto dai carabinieri, ma ora minacciano uno sciopero della fame e della sete. Vogliono uscire da lì, vogliono che le Senatrici, insieme a Barbara e Alessandra, rimangano. Due di loro vogliono semplicemente un paio di scarpe (molti sono scalzi). Chiedono informazioni sull’asilo politico. Tana torna a spiegare quali sono le motivazioni per chiederlo, sottolinea che si tratta di un diritto individuale. A quel punto alcuni migranti dichiarano di essere iracheni, altri palestinesi. Fanno capire, ancora una volta, che nessuno gli ha parlato prima della possibilità di chiedere asilo. Chiedono un recapito di Tana, lo chiedono a Barbara, ma un carabiniere si intromette dicendo che ai “trattenuti” non si possono dare numeri di telefono. Il maresciallo è costretto a dire che le Parlamentari hanno invece il diritto di farlo. Vengono così distribuite le liste dei numeri di telefono che le senatrici hanno portato con loro, inclusi quelli degli avvocati. Si spiega che tutti loro hanno diritto a un avvocato. Ne sono stupiti. Alla lista si aggiunge il numero di Alessandra, come referente del Laboratorio zeta e della Rete Antirazzista.
I fogli purtroppo non bastano per tutti. Non si possono fare fotocopie. Tana vuole lasciare ai ragazzi una matita per ricopiare i numeri, i carabinieri lo impediscono. Potrebbe diventare un’ arma…
Intanto ci si comincia a preoccupare per la salute del signor Scalia. Sono le 10:30 e ha deciso di bidonare due senatrici rendendosi irreperibile. Nessuno sa dove sia finito.

La delegazione ha così tutto il tempo di accorgersi che l’atmosfera è diversa da quella del giorno prima. Alcuni operatori della Misericordia e persino alcuni carabinieri sembrano sollevati dalla presenza delle quattro donne, ma non possono dimostrarlo in modo esplicito. Qualcuno fa capire il proprio disagio rispetto alla situazione vigente nel campo. Sguardi… frasi spezzate. Fanno trasparire che non hanno nessuna voglia di assistere di nuovo, da complici, alle scene vissute nelle giornate precedenti. Ma è chiaro che lì dentro si respira uno stato di coercizione. E una volta partita la delegazione, loro resteranno lì…

Il capitano ci tiene a sottolineare il fatto che lui non ha alcuna responsabilità relativamente all’ispezione in corso da parte delle parlamentari. Chiara Acciarini tira allora fuori dalla borsa la cosiddetta “circolare Maritati”, vigente dal 2000, recante i diritti dei migranti che dovrebbero essere esercitati all’interno dei campi, insieme alle norme minime che chi gestisce i CPT dovrebbe rispettare. Il capitano appare visibilmente scosso, man mano che procede nella lettura di un documento che dichiara di non avere mai visto prima.

Il signor Scalia fa sapere che sarà impegnato per tutta la giornata. Chiara Acciarini, sorridente, comunica al capitano che loro resteranno lì, del resto c’è un clima piacevole…
Inoltre, quei 90 migranti rimasti dentro il campo hanno paura di finire chissà dove. È stato spontaneo promettere loro di restare, e poi non si sa mai…

Si procede con un questionario rivolto al medico del centro. Chiara tira di nuovo fuori la circolare. Anche il dottore e uno degli operatori della Misericordia restano sconvolti: non avevano idea che esistessero norme simili da fare applicare in un luogo come quello.
Di fronte l’infermeria c’è un ragazzo seduto a terra sotto il sole. Appoggiato al muro è visibilmente sofferente. I carabinieri dicono che lo fa solo perché ha paura di tornare in Libia. Ma Barbara lo aveva già notato il giorno prima, con la stessa espressione, con lo stesso dolore al petto e alla schiena. Era stata lei a chiamare gli operatori, nessuno se ne era accorto prima.
Il dottore e l’infermiera dichiarano però che sono solo sintomi psicosomatici. Non verrà portato in ospedale, non gli verranno fatte radiografie. Lui sbatte ripetutamente la testa contro il cancello al quale è appoggiato. Finalmente un carabiniere si impietosisce e, alla terza volta che Alessandra glielo chiede, gli porta un cuscino. Solo dopo lunghe insistenze da parte di Barbara, il malato viene trasferito sulla barella dell’infermeria. Domani bisognerà verificare il suo stato di salute.
La delegazione si allontana dal campo per rilasciare le interviste ai giornalisti e annuncia che tornerà nel pomeriggio.
Mentre Chiara, Barbara, Tana e Alessandra sono ferme a un bar a mangiare qualcosa, arriva un’improvvisa telefonata dal campo: il signor Scalia è uscito dalle tenebre, le aspetta. Temendo che scompaia di nuovo, la delegazione si ricostituisce e si precipita al centro.

Ore 15:00

Sulla pista dell’aeroporto c’è un cargo militare che prima non c’era, si vede dallo spiazzale antistante al cancello del CPT. Le attiviste della rete e le senatrici hanno immediatamente tutte la stessa idea: vogliono portarli via, meno male che siamo rimaste qui.

Si torna dentro. Chiara Acciarini e Tana De Zulueta hanno un questionario anche per Scalia. Lui accoglie la delegazione in un ufficio pieno quasi solo di gadget del Palermo. Ilaria aveva già raccontato della sua maglietta VOLARE IN A. Il supertifoso però suda. Il suo nervosismo è visibile. Risponde a tutte le domande. Ma viene fuori, detto in sintesi, che:

– non esiste una copia della convenzione all’interno del centro.
– non esiste un regolamento interno al centro.
– i migranti possono usare lo spazzolino da denti solo se ne fanno richiesta. In tal caso vengono accompagnati a lavarsi i denti in un bagno apposito. Non gli viene consegnato alcuno spazzolino appena arrivano al campo, nonostante nella stanza ne siano accatastati a centinaia (i carabinieri li sequestrerebbero come armi contundenti).
– I materassi sono effettivamente solo quegli strati di gomma piuma rotta che la delegazione aveva avuto l’opportunità di ammirare dentro ai prefabbricati. La prefettura manda quelli e quelli vanno usati, insieme a delle copertine di lana rilasciate gentilmente dalla Tirrenia.
– esiste solo una cabina telefonica, peraltro rotta da più di dieci giorni.

La cosa più importante più importante, però, è che, riguardo all’identificazione degli “ospiti”, Scalia dichiara che una vera identificazione approfondita è possibile, vista l’emergenza in cui versa quasi sempre il campo di Lampedusa, solo una volta che i migranti raggiungono un altro centro. A Lampedusa vengono solo prese le generalità. Dichiara che, mentre erano 1.200, ovvero il 2 Ottobre, non è stato possibile consegnare loro alcuna informativa relativa ai diritti e alla possibilità di chiedere asilo politico, e che ci si è limitati a chiedere nome, cognome e provenienza e a stilare degli elenchi con l’aiuto dell’interprete.
Mostra poi il foglio di carta che viene affisso sui muri del centro, di cui si riporta fedelmente il testo (tradotto dall’inglese):

cari ospiti, ora vi trovate nel centro di prima accoglienza dell’isola di Lampedusa (Italia). Dovrete restare qui finché non verrete trasferiti in un altro centro per l’identificazione certa e dove potrete spiegare il motivo del vostro arrivo in Italia.
Durante la vostra permanenza riceverete una prima assistenza medica e potrete usufruire anche di un barbiere. Nel rispetto delle persone che verranno in questo centro dopo di voi, vi raccomandiamo di fare attenzione a tutti i materiali e alle strutture che utilizzate. Per preservare la vostra salute e quella degli altri, lavate e tenete puliti il vostro corpo e i vostri vestiti. Vi chiediamo di essere pazienti, di rispettare e di collaborare con il personale che lavora per voi durante tutta la vostra permanenza.
Per le vostre necessità o per le informazioni potete contattare tutte le persone vestite di giallo e azzurro
”.

Finalmente è nero su bianco: al CPT di Lampedusa non si effettuano identificazioni, a detta anche degli stessi operatori della Misericordia, che dicono solo che i loro interpreti, davanti a qualche carabiniere, raccolgono nomi e nazionalità. E basta. Per quanto riguarda i carabinieri, gli stessi dichiarano tutti che non è loro competenza.
1400 persone non identificate sono state caricate coi polsi legati su aerei civili e militari che le hanno deportate in Libia. Nessuna analisi della loro situazione individuale.
Qualcuno, e non sorride, dice a bassa voce che su un aereo c’erano 50 Mohammed Alì.

Segue una breve visita ai “servizi igienici” che viene da ridere solo a chiamarli così, durante la quale le Senatrici hanno appurato ciò che già si sapeva: troppa puzza, da vomitare, eppure li stanno pulendo in quel momento. Ma litri di detersivi non mandano via incrostazioni di mesi. Niente porte, neanche una. Lavandini otturati. Le docce non funzionano. 13 cessi in questo stato (8 in un prefabbricato, 5 in un altro) per 200 persone durante i periodi di normalità, e per 1.200 in giornate come quelle appena trascorse. Solo i bagni e la stanza riservate alle donne e ai bambini hanno un aspetto dignitoso. Peccato che non vengano mai utilizzati se non in rarissimi casi. Lo spazio riservato alle famiglie è stato aperto solo una volta.

Ma ora bisogna uscire fuori di lì, si tornerà domattina. Se un altro aereo deve partire si può sperare di impedirlo solo comunicando ciò che si è scoperto con certezza (in quattro si fa poco, altrimenti). Bisogna scrivere e diffondere ciò che appare finalmente certo e comprovato. Le senatrici si precipitano a dettare un comunicato stampa e una lettera aperta.
Questo il testo del comunicato diffuso agli organi di stampa, cui si raccomanda di dare massima diffusione:

Pisanu non sa quel che dice
Affermano le senatrici che stanno compiendo un’ispezione da due giorni nel centro di lampedusa.
L’identificazione certa, a cui ha fatto riferimento il ministro degli interni, non e’ avvenuta al centro di prima accoglienza di lampedusa, dove avviene solo una prima sommaria identificazione e non effettuata dall’ufficio immigrazione della questura, come viene chiarito in modo inequivocabile da un foglietto affisso su alcune pareti e armadietti del campo, dove e’ scritto: “starete qui fino a quando verrete trasferiti in un nuovo centro per l’identificazione certa e dove potrete spiegare il motivo del vostro arrivo in italia”.
E’ quindi evidente che 1400 persone sono finite in libia sulla base di un’espulsione di massa, senza essere identificate e senza avere potuto accedere alle procedure per la richiesta di asilo politico, e che pisanu non sa quello che dice.

Le senatrici Mariachiara Acciarini e Tana De Zulueta.

Nel centro rimangono ancora 90 persone non identificate.
Barbara e Alessandra vanno finalmente a dormire, finito di scrivere questo resoconto, chiedendosi: a chi servirà l’aereo che oggi era sulla pista? Cosa vedremo domani? Ancora uomini legati e trafugati di corsa? Gli stessi che ci hanno chiesto di non abbandonarli?
Sanno che tutti i compagni con cui hanno lavorato, seppure a distanza, in ogni momento di queste giornate, sentono le stesse cose…
Ilaria, Pietro e Maurizio che sono dovuti tornare,
Federica che cerca di risvegliare Milano, Fulvio che non smetterà mai di raccontarci cosa significhino i diritti degli uomini,
Franco che porterà i sindaci d’Italia a prendere una posizione chiara,
Mimma, Luca e tutti i ragazzi della Rete Antirazzista Siciliana che si incontreranno Domenica, e che non hanno nessuna intenzione di fermarsi adesso, nonostante sia così difficile.

Che questo paese reagisca. Che non succeda mai più.