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Ancora le colonne d’Ercole

Reportage da Ceuta di Christian Elia

Spagna – Ceuta – 21.5.2007

Guardando Ceuta su una carta geografica, vengono in mente gli affreschi della Cappella Sistina, dove la mano di Michelangelo Buonarroti ha dipinto, tra mille meraviglie, lo slancio tra Dio e Adamo, che protendono le braccia l’uno verso l’altro per toccarsi le mani.
La Spagna e l’Europa si slanciano così, come sotto il peso dell’Occidente, verso la penisola che si tende dalle coste dell’Africa.

070518ceuta1.jpgCeuta, la Spagna in Africa. E’ qui che il mito ha collocato le cosiddette Colonne d’Ercole, un tempo limite fisico e filosofico dell’uomo. Eppure ancora oggi, che il mito è stato sfatato, quello stretto continua a rappresentare un confine inviolabile per migliaia di africani che tentano di raggiungere l’Europa nella speranza di una vita migliore. Così lontani, eppure così vicini. Nel punto più stretto, le coste dei continenti segnano una distanza di appena 15 miglia marine, e le misure diventano infinitesimali quando si arriva a Ceuta, dove solo una rete divide Europa e Africa. Ceuta è, assieme a Melilla, un pezzo di Spagna incastonata in Africa, un’enclave rimasta della Corona spagnola nonostante la decolonizzazione.
Tutto a Ceuta parla di Spagna, con un senso d’appartenenza ostentato e un regime fiscale agevolato, dove è impossibile rendersi conto che tutt’attorno è Africa. Un tempo forse le figure velate, che camminano in fretta, avrebbero indicato un elemento di specificità, ma ormai rappresentano un tratto comune a tutta l’Europa e non si nota più alcuna differenza. Il re del Marocco Mohammed VI sembrava intenzionato a riaprire l’annosa polemica sulla sovranità della città, ma anche quella è finita nel calderone delle trattative serrate che, negli ultimi 3 anni, corrono sull’asse diplomatico Madrid – Rabat, e che ruotano tutte attorno a un grande perno: l’immigrazione clandestina.

070518ceuta2.jpgLa porta chiusa. “Per farle capire come sono cambiate le cose le faccio un esempio: dall’inizio del 2007 solo due marocchini sono riusciti a passare dall’altra parte. Negli anni scorsi la media era di 20-25 persone al giorno”. A parlare è Mohammed Bouissef Rekab, madre spagnola e padre marocchino, scrittore e docente universitario di letteratura spagnola a Ceuta e a Tetuan.
Figlio delle due culture: marocchino di nascita e formazione, ha scelto di raccontare le sue storie usando la lingua spagnola. Un ponte, un legame tra la cultura europea e quella marocchina, che percepisce i problemi dei migranti, ma che riesce a fare suo anche il punto di vista degli spagnoli. Nei suoi racconti e nei suoi romanzi ricorrono spesso i luoghi e i volti della migrazione, i sogni e le paure di coloro che lasciano la loro vita per gettarsi verso un futuro migliore. Come si può raccontare la migrazione? “Non inventando nulla, parlando solo di quello che c’è, che esiste e che nessuno può negare. Quasi tutta la letteratura sull’argomento, soprattutto in Europa, si limita alla narrazione del ‘viaggio’, spesso solo in senso fisico”, racconta Rekab seduto a un tavolino di uno dei mille bar che puntellano la turistica Ceuta, “io cerco di raccontare lo stato d’animo, le sensazioni che finiscono nel grande affare che rappresenta l’immigrazione. Nessuno parte se non è costretto, e nessun riuscirebbe a passare se non gli fosse consentito”.

070518ceuta3.jpgIl grande affare. Lo sguardo di Rekab si fa duro, dietro gli occhiali con i quali guarda distrattamente il via vai del paseo de Revellin, la grande via pedonale del centro di Ceuta. “Come può un disperato arrivare in Spagna se non ha trovato lungo il cammino una rete di complicità, di persone che per il proprio tornaconto personale si girano dall’altra parte?”, chiede lo scrittore marocchino, “ufficialmente tutti parlano di un grande problema, sia in Marocco che in Spagna, una piaga da guarire. In realtà ci guadagnano tutti. I poliziotti marocchini e i traghettatori, i poliziotti spagnoli e gli imprenditori. I sin papeles fanno comodo, perché permettono di avere manodopera a basso costo. Vede, a Ceuta la comunità spagnola e quella marocchina convivono in pace, il 30 percento della popolazione è composta da spagnoli di origine marocchina. Ma qui prospera la mafia e le connessioni con il racket dell’immigrazione clandestina sono fortissime. Conosco storie di persone che hanno pagato migliaia di euro per arrivare a Barcellona o altrove, ma come avrebbero potuto senza complicità?”.
Adesso non è più così però, l’aria sta cambiando. “La società spagnola, come tutte quelle occidentali, è caratterizzata da compartimenti stagni: ogni classe non si cura di quello che accade fino a quando non si sente minacciata”, spiega Rekab, “l’immigrazione clandestina è andata bene a tutti fino a quando ha rappresentato solo un elemento di sfruttamento economico, quindi conveniente. Poi però, nelle città spagnole, il problema dell’integrazione e della convivenza si è fatto spinoso e allora l’atteggiamento della Spagna e dell’Unione europea è cambiato. A quel punto bisognava fare qualcosa. E allora, almeno per Ceuta, il problema è stato risolto…quando si è deciso davvero di farlo”.

070518ceuta4.jpgL’enclave blindata. I migranti non hanno smesso di partire ovviamente, ma le rotte sono cambiate. I barconi si lanciano nell’oceano Atlantico salpando dalla Mauritania o dal Sahara occupato dal Marocco, ma non più da Ceuta, puntando verso le isole Canarie. Ma com’è stato risolto il ‘problema’? Cosa ha fatto cambiare atteggiamento al governo marocchino, al punto da mettere in atto una vera e propria guerra ai migranti? L’episodio più grave di questo nuovo corso, fatto di brutalità e abusi da parte della polizia marocchina, si è verificato alla fine del 2005, quando venne aperto il fuoco su un gruppo di migranti che tentava di saltare la rete che divide Ceuta dall’Africa.
Decine di migranti rimasero uccisi, non si sa ancora se dal fuoco marocchino o spagnolo. Da quel momento, Ceuta è diventata sempre più blindata. Le reti metalliche costruite attorno alla frontiera sono raddoppiate, arricchite di filo spinato. E la zona è stata militarizzata, con una presenza discreta ma massiccia di polizia e militari, che si scorgono camminare armati fino ai denti anche nelle viuzze di Ceuta, tra turisti in ciabatte e commercianti indaffarati. Questo, però, è solo l’aspetto più evidente rispetto a un livello più profondo, per vedere il quale è necessario passare la frontiera.

IMG_0248.jpgCosì lontani, così vicini. Per farlo basta recarsi in plaza de Africa, che porta nel suo nome l’unica concessione che la città fa alla sua collocazione geografica, e prendere un taxi che, in 10 minuti di corsa lungo il mare del Mediterraneo, giunge alla frontiera con il Marocco. Passati i controlli si attraversa una terra di nessuno, dove sembrano sospese migliaia di vite, affastellate le une sulle altre in un sempiterno mercato, dove vengono scambiate merci di tutti i tipi. Centinaia di donne marocchine, abbigliate con i vestiti della tradizione, portano sulle spalle balle di mercanzia colorata, mentre gli uomini sono intenti nel carico e scarico dei camioncini o in una fumata di kif. Sul ciglio delle collinette che circondano la frontiera corrono donne, uomini e bambini che si muovono frenetici nello spazio tra le due frontiere, come se in quello spazio compresso i ritmi si facessero frenetici per necessità.
Appena giunti alla frontiera marocchina si presenta una spianata di taxi per Tetuan, Tangeri o Chefchaoun, in attesa di passeggeri. Una corsa verso Tetuan costa poco più di 10 euro, ben spesi per cogliere il senso della politica spagnola verso il Marocco.

070518ceuta6.jpgIn attesa del futuro. “Tetouan vi piacerà, è una meraviglia!”, urla contento al volante Ahmed, cercando di sovrastare il volume della musica che proviene dall’autoradio della sua Mercedes anni Ottanta. “La gente del nord del Marocco è uguale agli europei: aperta e socievole. Mica come quelli del sud, chiusi e provinciali”, racconta il tassista. E’ proprio vero che esiste sempre qualcuno più a sud di te. “Noi non emigriamo, chi ce lo fa fare? Io ho la mia casetta, il mio lavoro. Qui tutto cresce in fretta, c’è piena occupazione da noi. Quelli che emigrano sono quelli del sud, che non hanno lavoro”. Poche centinaia di metri dal confine tutto cambia, la Spagna cede progressivamente il passo al Marocco, a cominciare dal generoso uso della bandiera nazionale. Un chilometro e scattano due ore di fuso orario, puntello burocratico per una differenza da rimarcare a tutti i costi.
Tutto il litorale che corre tra Ceuta e Tetouan è un enorme cantiere: migliaia di operai, stravolti dal sole a picco, costruiscono alberghi, villaggi turistici, ristoranti e piantano alberi. “Ecco, qui sorgerà un grande albergo, qui un meraviglioso hotel”, racconta Ahmed, con un brillio negli occhi che neanche gli occhiali da sole riescono a celare. Il tutto mentre guida con una mano sul volante e una sul poggiatesta del passeggero. Indica fiero cantieri che sembrano appartenergli, per l’orgoglio con il quale li racconta. “Tutta roba di prima scelta sa”, fa notare, “tutta roba europea. I fondi sono spagnoli. Grandi catene alberghiere e imprese edili, grande business, qualità occidentale. Sarà bellissimo!”. L’entusiasmo di Ahmed è contagioso, coinvolge con la sua fiducia nel futuro che scorre veloce fuori dalla macchina. E’ impercettibile la distanza che separa il suo entusiasmo per lo sviluppo della sua terra da quello per il fatto che tutto sembrerà ancora più europeo. Ed è in questi cantieri, in questi investimenti, che sta la risposta alle domande su Ceuta e su quelle Colonne d’Ercole di nuovo erette. Soldi in cambio di controllo, semplicemente un business al posto di un altro. Quelli stessi imprenditori che per anni hanno guadagnato sulla pelle dei migranti lo fanno ancora, solo in un modo differente. Con la benedizione del governo spagnolo e marocchino, che hanno entrambi da guadagnare. E il tour forsennato compiuto dal ministro degli Esteri spagnolo Moratinos in Africa negli ultimi anni, imitato peraltro dai ministri di Italia e altri paesi europei, acquista un senso nelle palme piantate dagli operai per fare ombra ai turisti fantasma che arriveranno a frotte, come assicura Ahmed mettendo su una cassetta di Adriano Celentano, convinto di far felici i suoi passeggeri europei.