Un gommone giunto al largo di Lampedusa, proveniente dalla Libia, con 72 persone a bordo, 28 donne e 44 uomini è stato riconsegnato dalle autorità italiane ad una motovedetta a comando libico. Sembrerebbe, in base alle prime notizie, che si tratti di respingimenti effettuati grazie all’intervento delle pattuglie congiunte italo-libiche, sulle motovedette con bandiera libica, regalate a Gheddafi dall’Italia nello scorso mese di maggio. E appena pochi giorni fa un altro respingimento collettivo in acque internazionali si era verificato tra l’Algeria e la Sardegna, sotto la supervisione del Dipartimento immigrazione del Ministero dell’Interno.
Nella giornata del 19 giugno il Consiglio dei capi di Stato e di governo dell’Unione ha approvato per la prima volta delle Conclusioni in cui si sollecitano il Consiglio e il Parlamento a “stringere i tempi per l’apertura di un Ufficio europeo per il diritto d’asilo”. Nel documento si parla anche di “un maggiore ricorso a voli comuni per i rimpatri, di un rafforzamento dei controlli alle frontiere coordinati da Frontex”, l’agenzia europea delle frontiere, e di “nuove e chiare regole d’ingaggio per il pattugliamento congiunto, come per lo sbarco delle persone salvate”. Nessun impegno concreto però per la distribuzione degli enormi costi che le pratiche di respingimento stanno comportando. Un ennesimo fallimento per il governo italiano, sempre più isolato in Europa anche per le pratiche di respingimento arbitrario verso i paesi di transito. Il piano europeo di emergenza sull’immigrazione, richiesto da Berlusconi, sarà messo all’ordine del giorno del Consiglio Europeo solo nel prossimo mese di ottobre. Cosa succederà per tutta l’estate ai migranti bloccati e respinti nelle acque del canale di Sicilia ?
Mentre la Commissione Europea e la Presidenza Francese dell’Unione annunciano in questi giorni un piano di azione che dovrà portare ad un sistema europeo comune di asilo, con l’obiettivo di aumentare il livello di protezione garantita alle persone che fuggono dai loro Paesi di origine a causa di persecuzioni, guerra, violenza, l’Italia viola il divieto di espulsioni collettive previsto dalla Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Mentre in Europa si fa strada la convinzione che il primato di sicurezza, di controllo rafforzato delle frontiere e la chiusura nei confronti dei migranti dovranno essere bilanciati da una maggiore apertura, almeno per chi arriva nei nostri territori in disperata ricerca di protezione, l’Italia continua ad attuare intese infami con i dittatori dei paesi di transito, respingendo verso la Libia e l’Algeria centinaia di migranti che avrebbero diritto ad essere ammessi nel nostro territorio per necessità di soccorso, come previsto dall’art. 10 del testo Unico sull’immigrazione, prima che la loro posizione personale sia vagliata dalle autorità di polizia.
Secondo le vergognose affermazioni delle autorità italiane nessuno degli immigrati respinti verso la Libia il 19 giugno avrebbe presentato richiesta di asilo, come se non fosse universalmente noto che oltre il settanta per cento dei migranti giunti via mare in Italia lo scorso anno sono risultati richiedenti asilo. Sono stati respinti in Libia, ancora una volta, malgrado le condanne unanimi delle agenzie internazionali e delle associazioni umanitarie, anche donne vittime di abusi e minori, soggetti verso i quali gli stati hanno doveri di protezione che vanno ben oltre la proposizione di una domanda di asilo.
In questo modo l’Italia riconferma di volere restringere in modo sostanziale il diritto di chiedere e di ottenere asilo. Vogliamo ricordare che in Italia non si è verificato in tutti questi anni un uso strumentale dell’asilo. Appena il dieci per cento degli immigrati che entrano irregolarmente in Italia ogni anno arriva via mare, dai paesi del nord-africa. I richiedenti asilo in Italia nel 2007 sono stati circa 14.000, e nel 2008 circa 30.000, ai quali in quasi il 60% dei casi è stato riconosciuta formalmente la necessità di protezione internazionale. Non si vede, quindi, alcuna necessità di restringere l’accesso alle frontiere marittime ed alla procedura dei richiedenti asilo. Non si affrontano le vere emergenze: quella per cui, ancora in questi ultimi mesi, centinaia di cittadini stranieri sono annegati durante l’attraversamento del Canale di Sicilia, ricordiamo, la maggioranza di questi proveniva dalla Somalia e dall’Eritrea paesi devastati da regimi dittatoriali e da guerre disastrose.
Nessuna paura dunque per una invasione che non c’è, che solo Gheddafi può evocare per continuare ad incassare i frutti di un ricatto che porta avanti da anni a livello internazionale sulla pelle dei migranti, una paura che viene strumentalizzata per respingere sommariamente e per abbassare i diritti e le garanzie dei rifugiati.
Occorre aprire urgentemente canali straordinari di accesso legale, affinché i migranti bloccati in Libia ed in altri paesi di transito, nei quali non può essere fatto valere il diritto di protezione internazionale, possano arrivare in Italia e in altri Paesi europei in modo regolare e protetto, garantendo così la loro sicurezza e la loro vita. Vanno impediti al più presto i respingimenti collettivi, come quelli che l’Italia sta effettuando verso la Libia e verso l’Algeria. Non si potrà certo nascondere la urgenza dell’ingresso in Europa dei potenziali richiedenti asilo bloccati in Libia, con soluzioni impraticabili nell’immediato, come la ipotesi di riconoscere l’asilo extra-territoriale. In Libia mancano le garanzie minime, procedurali e sostanziali, per il riconoscimento effettivo del diritto di asilo, e le domande di protezione internazionale che in Europa verrebbero accolte in base alla normativa comunitaria, finirebbero irrimediabilmente respinte se presentate in Libia, anche se la Libia aderisse alla Convenzione di Ginevra.
Ma al di là dei potenziali richiedenti asilo vanno garantiti i diritti fondamentali di tutti gli immigrati irregolari bloccati nei paesi di transito. Per questa ragione occorre riaprire al più presto i canali di ingesso regolare, bloccati nell’ultimo anno dal governo Berlusconi, e soprattutto, garantire il diritto alla vita ed il pieno rispetto del divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti previsto dalla Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo e dalla Convenzione contro la tortura, adottata dalle Nazioni Unite. La prossima occasione del G 8 a L’Aquila dovrà costituire occasione di una grande mobilitazione per denunciare le politiche di respingimento del governo italiano e la continua violazione dei diritti dei richiedenti asilo.