Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Ancora un commento sul decreto 241/2004, “salva espulsioni”

E’ in corso il dibattito parlamentare sulla conversione in legge del Decreto legge 241 del 2004, il cosiddetto Decreto legge salva-espulsioni, quello che recependo o mostrando di recepire l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale dovrebbe riorganizzare la materia delle espulsioni e degli accompagnamenti alla frontiera e delle convalide da parte dell’autorità giudiziaria. Questo Decreto, già operativo, ha introdotto il sistema della convalida da parte delle autorità giudiziarie dei provvedimenti di espulsione e di accompagnamento forzato alla frontiera. Se questo è il contenuto del Decreto legge di cui abbiamo già dato contezza nelle precedenti puntate e che trovate anche nel sito di meltingpot.org, è interessante seguire il dibattito parlamentare sulla sua conversione in legge, dibattito che ha costituito l’occasione per discutere più in generale anche il problema del governo dei flussi migratori.
Parrebbe ovvio che non ha senso discutere solo di strumenti repressivi, quando il sistema normativo dell’apparato amministrativo che dovrebbe governare gli ingressi in Italia è un sistema che anziché prevenire la clandestinità di fatto la produce.
Si segnala un emendamento, proposto dai senatori Viviani, Maritati, Guerzoni e altri, che consentirebbe la conversione di un permesso di soggiorno per qualunque titolo (per esempio un permesso di soggiorno per turismo) in permesso per lavoro subordinato – quindi extra quote -, solo a condizione che vi sia la disponibilità alla stipula di un contratto di lavoro regolare da parte di un’azienda o di un privato datore di lavoro. Questo emendamento ha ricevuto una valutazione sostanzialmente positiva, o almeno non negativa, persino da parte di alcuni dei relatori di maggioranza quali i senatori Boscetto di Forza Italia e Bobbio di Alleanza Nazionale, anche il sottosegretario Dalì ha definito meritevole di attenzione la questione posta da Viviani e dagli altri senatori.

Nell’attuale situazione, in cui abbiamo un impianto normativo costituito dal T.U. sull’Immigrazione così come modificato dalla legge Bossi-Fini, la possibilità per chi ha un permesso di soggiorno di altro titolo, per esempio per studio o per turismo, di convertire direttamente in lavoro potrebbe costituire un elemento – se non completamente risolutivo – quantomeno che potrebbe alleggerire la produzione di clandestini sul territorio italiano.
Si potrebbero certo fare delle considerazioni critiche anche su questa proposta, perché in qualche misura si capisce che la possibilità di convertire il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato da parte di chi avesse un permesso di soggiorno ad altro titolo tenderebbe a favorire coloro che provengono dai paesi più vicini e soprattutto più amici, ossia quelli che possono arrivare in Italia senza premunirsi di un visto di ingresso per motivi di turismo. Coloro che provengono da paesi che possono beneficiare della esenzione dal visto di ingresso per turismo hanno la possibilità di arrivare più agevolmente in Italia, di ottenere un permesso di soggiorno per turismo e quindi, se passasse questo emendamento, avrebbero maggiore possibilità di convertire il permesso di soggiorno, al punto che non sarebbe più necessario applicare il regime delle quote nei loro confronti perché sarebbe evidentemente più semplice arrivare qui come turisti e poi fare direttamente qui la conversione con il datore di lavoro individuato in Italia e disponibile alla stipula del contratto.
Questo renderebbe invece la vita più difficile a chi proviene da paesi che non beneficiano dell’esenzione del visto per turismo. Se anche si volesse pensare che è sufficiente rivolgersi al Consolato Italiano per chiedere il visto di ingresso per turismo, è bene stare coi piedi per terra: la concessione del visto d’ingresso per turismo – e questo è un argomento che abbiamo affrontato già più volte in questo sportello radiofonico – da parte dei consolati italiani è un atto assolutamente discrezionale, al punto tale che la legge Bossi-Fini prevede che il provvedimento di rifiuto non debba nemmeno essere motivato. Frequentissimi, ad esempio, sono i casi di donne che qui in Italia hanno un regolare permesso di soggiorno e che stanno per dare alla luce un figlio o hanno appena partorito e che tuttavia non riescono a farsi raggiungere nemmeno dalla madre o dal papà, per avere assistenza nei primi mesi del figlio. Nemmeno in questi casi, documentabili, si riesce ad ottenere un visto d’ingresso per turismo.