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Annullamento decreto di espulsione: la mancata traduzione del decreto nella lingua del destinatario determina la nullità non sanabile del provvedimento

Corte Suprema di Cassazione, ordinanza n. 22405 del 20 settembre 2017

Una interessante decisione della Corte Suprema di Cassazione. Il caso è il seguente:

la ricorrente di nazionalità bielorussa giungeva in Italia con regolare visto turistico; in seguito si recava presso l’ufficio relazioni con il pubblico della Questura di Bari e chiedeva l’appuntamento per formalizzare la richiesta di permesso di soggiorno, ed in quella sede le veniva fissato un appuntamento per il rilascio del permesso di soggiorno; senonché, invece del permesso di soggiorno le veniva notificato il decreto di espulsione dal territorio nazionale, mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica emesso dal Prefetto di Bari.
Avverso il predetto provvedimento veniva proposto ricorso al Giudice di Pace di Bari, per i seguenti motivi:

1. Nullità del decreto di espulsione per violazione dell’art. 13, comma 7, del D.Lgs. n. 286/98, del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost., nonché per violazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.;

2. Violazione dell’art. 3, comma 1 L. n. 241/90: vizio di motivazione;

3. Violazione di legge: violazione e mancata applicazione dell’art. 13, comma 4, 5; violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 4 bis del D.Lgs. n. 286/98; violazione dell’art. 7 e dell’art. 11, comma 1 della Direttiva CE 115/2008 – disapplicazione del decreto di espulsione.

All’esito della discussione in camera di consiglio il Giudice di Pace di Bari, disattendendo i motivi di ricorso e omettendo di motivare riguardo ad una circostanza rilevante per l’accoglimento dello stesso, rigettava il ricorso.

Avverso detta decisione il ricorrente propone ricorso per Cassazione per i seguenti motivi:

1. Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c Violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 7, del D.Lgs. n. 286/98, del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost., nonché per violazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. Nullità del decreto di espulsione per mancata traduzione in lingua albanese e per omessa giustificazione;

2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13, commi 4 e 4 bis del D.Lgs. N. 286/98; difetto di motivazione;

3. Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. – Omessa valutazione di un fatto storico.

La Corte Suprema di Cassazione sezione sesta civile – 1 con l’ordinanza n. 22405/2017 del 13.03.2017 e deposita in cancelleria in data 20.09.2017 accoglieva il ricorso ritenendo fondato il primo motivo di ricorso anche alla luce della giurisprudenza di legittimità e nello specifico osserva:
la mancata traduzione del decreto nella lingua del destinatario determina la violazione dell’art. 13, comma 7 del D.Lgs. n. 286/98 con conseguente nullità non sanabile del provvedimento, anche in presenza dell’attestazione di indisponibilità del traduttore, qualora la stessa non sia sufficientemente motivata e secondo cui è nullo il provvedimento di espulsione (dello straniero trattenutosi nel territorio dello Stato illegalmente) tradotto in lingua veicolare per l’affermata irreperibilità immediata di traduttore nella lingua conosciuta dallo straniero, salvo che l’amministrazione non affermi ed il giudice ritenga plausibile, l’impossibilità di predisporre un testo nella lingua conosciuta per la sua rarità ovvero l’inidoneità di tal testo alla comunicazione della decisione in concreto assunta …. nella specie nessuna di queste circostanze ricorre e alla stregua della citata giurisprudenza la mera sottoscrizione del verbale predisposto dall’autorità di pubblica sicurezza non può attestare la conoscenza da parte della cittadina straniera della lingua italiana nè giustificare automaticamente la traduzione in una lingua veicolare in assenza di una valida motivazione circa la mancata traduzione nella lingua nazionale dello straniero“.

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Corte Suprema di Cassazione, ordinanza n. 22405 del 20 settembre 2017