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Annullamento del decreto di espulsione: il cittadino straniero ha diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione

TAR per il Lazio, ordinanza del 17 gennaio 2017

Il travagliato caso attinente il rilascio del permesso di soggiorno in favore di un cittadino di nazionalità marocchina ha avuto inizio il 18 marzo del 2010 con la richiesta di rinnovo del proprio titolo di soggiorno.
Il decreto di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno veniva notificato all’interessato solo il primo dicembre 2015.
Nel 2012 infatti la Pubblica Amministrazione Procedente aveva emesso un arbitrario provvedimento di archiviazione dell’istanza di rinnovo, deducendo l’assenza di interesse da parte del cittadino straniero, dalla sola circostanza che non si fosse presentato alla convocazione finalizzata al deposito della documentazione inerente il proprio stato occupazionale.
Di conseguenza il Prefetto di Roma decretava l’espulsione dal territorio nazionale, e la Questura gli intimava altresì di lasciare il territorio nazionale entro sette giorni dalla notifica del provvedimento, a causa del presunto rischio di fuga-sottrazione al rimpatrio ai sensi dell’art. 13, comma 4 bis, T.U. 286/98 ss.mm..
Tale provvedimento veniva impugnato presso il Giudice di Pace competente, che avallando le motivazioni addotte dalla Pubblica Amministrazione Procedente, rigettava il ricorso del cittadino marocchino.
Nelle more l’interessato aveva altresì proposto ricorso al TAR avverso il decreto che disponeva l’archiviazione dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno e la revoca del permesso di soggiorno, con domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione del provvedimento.
In tale sede, in virtù dell’effettiva sussistenza del rapporto lavorativo dimostrata dall’interessato, il TAR Lazio ha accolto la domanda cautelare di sospensione, ordinando all’Amministrazione di procedere al riesame della posizione del ricorrente.
Nel luglio 2016, in conformità all’ordinanza del TAR, la Questura di Roma ha comunicato che avrebbe provveduto al riesame della posizione del ricorrente.
Tuttavia, essendo stata archiviata la pratica relativa all’iniziale domanda di rinnovo, il cittadino straniero ha dovuto ripresentare tutta la documentazione utile ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno.
In data 6 settembre 2016 la Questura di Roma ha rilasciato all’interessato un permesso di soggiorno per attesa occupazione, valido per un anno, come titolo idoneo per lavorare e vivere nel territorio dello Stato italiano.
La pronuncia emessa dal TAR nel caso in esame, appare conforme all’indirizzo maggioritario della giurisprudenza amministrativa.
Infatti secondo autorevole e consolidato orientamento giurisprudenziale è illegittimo il provvedimento di rifiuto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, per lavoro subordinato, motivato dalla mancata presentazione del cittadino straniero presso la Questura competente per gli adempimenti relativi all’esibizione e al deposito dei documenti attestanti la situazione occupazionale.
L’illegittimità del diniego deriva dalla mancata prova del presunto stato di irreperibilità dell’interessato e dell’effettiva ricezione della richiesta di integrazione/esibizione documentale rimasta elusa.
Inoltre nel caso in questione era ravvisabile un sostanziale e concreto interesse da parte del cittadino straniero ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno, in quanto lo stesso concretamente prestava la propria attività lavorativa come badante.
Al riguardo inoltre si osserva che le prestazioni lavorative, legittimanti il diritto ad ottenere il rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno, non devono essere necessariamente continuative.
Infatti la ragionevole applicazione del requisito di reddito durante il periodo di validità dei permessi di soggiorno non prescrive al contempo una regola di assoluta ed ininterrotta continuità di un certo livello di reddito “fisso”.
Sussiste quindi la possibilità della richiesta di un permesso di soggiorno per “attesa occupazione” idoneo ad essere convertito successivamente in un permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
Tali soluzioni normative e giurisprudenziali appaiono idonee al fine di adeguare e conciliare i diritti fondamentali dei cittadini stranieri con il mercato del lavoro.

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TAR per il Lazio, ordinanza del 17 gennaio 2017