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Appello di Amnesty International all’UE sulla violazione dei diritti umani in Libia

Intervista a Riccardo Nuri

L’Unione Europea starebbe per intensificare i rapporti di collaborazione con la Libia per quanto riguarda le questioni legate ai migranti. Amnesty International sottolinea allarmata il fatto che tutto ciò è fatto senza tener conto delle continue violazioni dei diritti umani che avvengono in quel paese.
Ne abbiamo parlato con Riccardo Nuri della sezione italiana di Amnesty International.

Quale circostanza ha fatto si che Amnesty lanciasse questo allarme sui rapporti Unione Europea-Libia?

La circostanza chiave è che il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea sta affidando alla commisione un mandato per negoziare un accordo più ampio di collaborazione tra Unione Europea e Libia. Per Amnesty questo è inopportuno, almeno nei termini in cui questa collaborazione sembra prefigurarsi, ovvero nell’assenza di alcuna considerazione sullo stato dei diritti umani in Libia.

Qual è la situazione dei diritti umani attualmente in Lbia?
Nonostante il felice esito dei sei operatori sanitari che rischiavano di essere messi a morte per il presunto avvelenamento di centinai di degenti in un ospedale di Bengasi, caso risoltosi positivamente grazie alle pressioni dei mezzi di comunicazione, dei governi, nonostante appunto l’esito positivo di tale vicenda, la situazione dei diritti umani resta grave. Resta grave da due diversi punti di vista: il primo dovuto al perdurante limite di espressione delle idee politiche, tant’è che dissidenti, giornalisti,scrittori sono perseguitati e proprio in questo periodo 12 di loro sono sotto processo; il secondo motivo è quello legato al ruolo che la Libia sta assumendo come gendarme nel Mediterraneo per trattenere od ostacolare i flussi di migranti: è chiaro che la Libia sta diventando un partner strategico nello svolgere questo compito e che per premiarla si abbassino un po’ gli standard e le pretese in materia di diritti umani che l’Unione Europea dovrebbe avere verso qualunque paese con cui intende avere accordi.

In questo quadro, importante è soprattutto il ruolo del’Italia, ruolo volto a contrastare il fenomeno della cosidetta immigrazione irregolare: cosa si intende, appunto, per immigrazione irregolare?
Quello di “immigrazione irregolare” è un termine che ormai si usa come un’etichetta da appiccicare addosso alle persone che fuggono dalla miseria, dalla guerra, dalla fame, dalla persecuzione. Non c’è, in molte parti del mondo, un modo di migrare legalmente perchè le leggi sono sempre più restrittive, e soprattutto perchè vi è un uso di un linguaggio ansiogeno, criminogeno che definisce come potenziali criminali coloro che cercano solo un posto migliore in cui vivere. Nella ricerca di un posto migliore, la Libia è diventato il punto di transito, è il punto di passaggio obbligato o almeno uno dei passsaggi obbligati per entrare nel mar Mediterraneo e per poter approdare da lì in Italia, Spagna, Malta ecc. Alla Libia è dato il compito di trattenere questi migranti in centri di detenzione. Sembra, e dico sembra perchè c’è poca trasparenza nonostante le sollecitazioni di Amnesty, che il contributo da parte dell’Italia, rivolto non solo al controllo dei flussi ma anche alla costruzione di questi centri, sia un contributo importante.

Il tenativo di bloccare questi flussi migratori non avviene più, in questi ultimi anni sulle frontiere della cosidetta Fortezza Europa ma su frontiere, per così, dire esterne. La Libia è uno di questi esempi. Cosa comporta per i migranti, per i paesi europei e soprattutto per i paesi interessati come la Libia?
La battuta è facile: occhio non vede, cuore non duole, ammesso che ci sia un cuore che dolga a qualche istituzione. L’importante è che l’opinione pubblica non veda e per fare questo è ovviamente necessario che la barriera sia portata sempre più fuori dall’Europa: per cui va bene la Libia, va bene la frontiera col Niger (anche sul punto del pattugliamento della frontiera merdionale della Libia col Niger bisogna capire qual è il ruolo dell’Italia) e questo significa nascondere le dimensioni umane oltre che reali del del problema. Amnesty lo ha sottotlineato più volte e bisogna chiedersi, a seguito di questi annunci molto ottimistici e trionfali sul minor numero di sbarchi o approdi sulle nostre coste, il motivo per cui le persone arrivano a Lampedusa ecc.
Da un lato il numero dei morti in mare: il Mediterraneo è diventato una fossa comune ormai, dall’altro perchè nel Mediterraneo non ci si riesce nemmeno a mettere piede.

Un’ultima battuta sul ruolo della Libia: cosa riceve in cambio di questa funzione di monitoraggio e controllo delle frontiere europee?
Certamente riceve un placet politico, una sorta di patente di buona condotta nel campo dei diritti umani tant’è che nel memorandum di intesa firmato a luglio e, probabilmente, nell’accordo di questi giorni sulla cooperazione non c’è stato il minimo acenno sui dirirtti umani; immaginaimo poi che l’outcome di tutte queste frequentazioni politiche degli ultimi due governi con la Libia possano anche significare un sostegno economico in risorse oltre che in assistenza e forniture di materiale per la sicurezza.

La situazione dei diriti umani in Libia rimane estremamente grave, soprattutto per i richiedenti asilo politico: quali sono le normative e le condizioni?
La normativa internazionale afferma che il diritto di asilo è un diritto fondamentale, ogni persona che fugge dalla persecuzione ha diritto di trovare asilo in un altro paese, diritto che poi spesso non viene messo in pratica. In Libia questo non avviene per due ragioni, il primo è dovuto al fatto che lo stato non ha firmato la convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato, l’altro è che l’Alto Commissariato dell’O.N.U. sui Rifugiati non ha liberttà di movimento: con questo paese noi stringiamo accordi.