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Aprile 2017 – Libro bianco sull’accoglienza dei profughi in provincia di Treviso

A cura di Luigi Calesso e Said Chaibi - capogruppo di SEL-Sinistra Italiana nel Consiglio Comunale di Treviso

Foto: Talking Hands

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L’introduzione degli autori

Un fenomeno che non può essere affrontato con un “pensiero debole”.
L’accoglienza dei profughi nella città e nella provincia di Treviso è una questione che ha proprie caratteristiche peculiari ma che si inserisce all’interno di un fenomeno di vastità tale da imporre, in primo luogo, una complessiva valutazione politica e culturale, all’interno della quale si possono situare problematiche, esperienze, proposte e progetti che emergono dal nostro territorio.
Nell’affrontare la questione dell’accoglienza dei profughi è largamente diffuso nel centrosinistra l’errore di non proporre del fenomeno una visione culturalmente alternativa a quella delle destre finendo, di fatto, per avvalorarne le tesi, pur tentando di arrivare a conclusioni diverse ed escludendo derive razziste e xenofobe.
Se si muove, infatti, dal presupposto che quello dell’accoglienza dei richiedenti asilo è un problema che deve fare i conti con la crisi economica del nostro Paese e tutto ciò che ne consegue si possono anche escludere i respingimenti dei barconi ma si arriva inesorabilmente alla conclusione che si tratta di un problema di difficile soluzione, che è necessario selezionare, dividere tra “profughi” e “migranti economici” e farlo rapidamente perché non si possono rischiare grandi concentrazioni di rifugiati ed utilizzare cospicue risorse pubbliche per la loro permanenza nel nostro Paese.
E, così, si arriva inesorabilmente alle stesse conclusioni di leghisti e destri vari, pur senza condividerne toni e slogan inaccettabili perché se un fenomeno è solamente o prevalentemente problematico bisogna fare di tutto per “liberarsene”.
E, così, si consegnano alla “narrazione” delle destre anche i dubbiosi, coloro che non ne condividono gli estremismi ma che vorrebbero una lettura diversa del fenomeno, non il “pensiero debole” che invoca Il “buon senso”. Scriveva Josè Saramago nel “Memoriale del convento” riferendosi proprio al presunto “buon senso”: “È un difetto comune degli uomini di dire più facilmente quello che credono che gli altri vogliano sentire piuttosto che attenersi alla verità”.
Per sconfiggere le destre è necessario, appunto, attenersi alla verità, alla visione alternativa della questione dell’accoglienza da cui derivano conseguenze altre, scelte e comportamenti alternativi altrimenti si cade nel trabocchetto di proporre quello che verrà interpretato come una sorta di “buonismo temperato”, privo di qualsiasi credibilità e che darà nuovo fiato proprio ai peggiori xenofobi e razzisti.
A sostegno di una visione altra del fenomeno che stiamo affrontando ci sono le approfondite analisi socio-economiche che spiegano come l’equilibrio demografico e la capacità di tenuta economica dell’intera Europa (e ancor più del nostro Paese) dipendano proprio dall’innesto nel nostro tessuto sociale di immigrati stranieri in numero molto più elevato di quello dei profughi che raggiungono il nostro continente.
Ma, ancor di più, pensiamo a come sia stato osteggiato dalla metà degli anni novanta del secolo scorso il fenomeno migratorio verso l’Italia dall’Africa e dall’Europa extracomunitaria di allora. Il processo migratorio interessò largamente il nostro territorio e Gentilini fece del rifiuto “degli extracomunitari” la sua fortuna politica. Ma adesso, a due decenni di distanza, quel fenomeno si rivela per quello che era: necessario per la tenuta della economia del Nord Est e per il suo sviluppo, capace – in larghissima parte – di essere assorbito dal tessuto sociale che ne esce arricchito culturalmente.
In termini di governo dei processi migratori e di “legalità” va anche registrato che furono proprio i governi Berlusconi-Maroni a varare le sanatorie che permisero la regolarizzazione di centinaia di migliaia di immigrati “clandestini”, permettendone l’inserimento nel tessuto economico e sociale.
Dobbiamo avere ora la capacità che non abbiamo avuto allora, quella di andare oltre l’oggi per progettare il futuro ma possiamo farlo con capacità culturali “forti”, non con un “pensiero debole” che ci consegna inevitabilmente al “racconto” fascio leghista dell’”invasione” degli stranieri.
Sotto questo profilo riteniamo che l’amministrazione cittadina di Treviso abbia ben operato nel non opporsi alla presenza dei richiedenti asilo nei numerosi centri presenti sul territorio del Comune ed aderendo al progetto SPRAR, ma che non sia stata altrettanto decisa nel contrastare la “narrazione” delle destre sul piano culturale, oscillando tra la disponibilità all’accoglienza e qualche atteggiamento securitario che porta unicamente acqua al mulino delle destre.

I titoli dei capitoli

1. Le spese per l’accoglienza? Ci costano molto di più lo smog e gli incidenti stradali.

2. L’accoglienza nei grandi centri in provincia di Treviso e le sue problematiche.

3. Carte di identità ed assistenza sanitaria: speculazioni della destra e debolezza del centrosinistra.

4. Esperienze positive: lo SPRAR e Talking Hands – Con le mani mi racconto.

5. Una proposta all’amministrazione cittadina: un accordo con la per permettere al Comune le verifiche sulle condizioni di vita nei centri di accoglienza.

6. No alla riapertura dei CIE ed un percorso di inserimento per chi ottiene lo status di rifugiato.

7. Di integrazione dei profughi non può occuparsi solo il ministero dell’Interno in una logica puramente di sicurezza: cultura e scuola hanno un ruolo altrettanto importante.

8. Chiudere la ex-caserma Serena e le strutture analoghe: accoglienza diffusa subito.

Le conclusioni degli autori

In conclusione non ci resta che ribadire la necessità della chiusura delle grandi strutture di alloggio dei richiedenti asilo ed il più rapido possibile passaggio alla accoglienza diffusa in tutti i comuni ed in situazioni in cui il numero delle persone ospitate consenta il pieno rispetto dei loro diritti e l’integrazione nel tessuto sociale del territorio.
Solo in questo modo si possono coniugare le esigenze dei rifugiati e quelle dei residenti. E questo è il nostro obiettivo: una accoglienza degna per i profughi che contribuisca ad arricchire le nostre comunità civili e non ad alimentare l’imprenditoria politica della paura che specula sulla loro presenza e sui problemi legati alla loro alta concentrazione in alcuni luoghi.