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Asilo – Nel 2014 4.272 vittime dei confini

348.000 mila persone in fuga attraverso il mare. In 3.419 muoiono nel Mediterraeo

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) mette in guardia la comunità internazionale sul rischio di distogliere l’attenzione dall’impegno nel salvare vite umane. Ciò si starebbe verificando a causa del modo confuso con cui le nazioni costiere e intere regioni del mondo affrontano il crescente numero di persone che intraprendono pericolose traversate via mare in cerca di asilo o di una vita migliore.

Mentre sono in corso a Ginevra i preparativi per l’apertura, più tardi nel corso della giornata, del Dialogo dell’Alto Commissario per il 2014 – un forum annuale di discussione politica informale che quest’anno sarà dedicato alla protezione in mare – l’Alto Commissario per i Rifugiati António Guterres ha dichiarato che la priorità di alcuni governi sembra essere sempre di più quella di tenere lontani gli stranieri piuttosto che di garantire il diritto di asilo.

“Questo è un errore, e più precisamente è la reazione sbagliata in un’epoca in cui il numero di persone in fuga dalle guerre ha raggiunto livelli record”, ha affermato Guterres. “La sicurezza e la gestione dell’immigrazione sono preoccupazioni per ogni paese, ma le politiche devono essere progettate in modo che le vite umane non finiscano col diventare danni collaterali.”

La natura irregolare di queste traversate via mare rende difficile effettuare un confronto affidabile con l’anno precedente, tuttavia i dati disponibili mostrano come il 2014 sia stato un anno record. Secondo le stime delle autorità costiere e le informazioni delle interdizioni confermate ed altre attività di monitoraggio, almeno 348.000 persone nel mondo hanno tentato queste traversate dall’inizio di gennaio. Storicamente, la motivazione principale è sempre stata la ricerca di migliori opportunità economiche, ma nel 2014 il numero di richiedenti asilo coinvolti è aumentato.

L’Europa, che confina con importanti conflitti a sud (Libia), est (Ucraina) e sud-est (Siria/Iraq), è stata destinataria del numero più elevato di arrivi via mare. Anche se non tutti hanno bisogno di asilo, sono più di 207.000 le persone che hanno attraversato il Mediterraneo dall’inizio di gennaio – quasi tre volte in più rispetto al precedente picco di circa 70.000 persone nel 2011, quando la guerra civile libica era in pieno svolgimento. Nel 2014, i richiedenti asilo rappresentano la componente maggioritaria di questo tragico flusso. Il 50% circa degli arrivi è composto infatti da persone provenienti da paesi di origine dei rifugiati (principalmente Siria ed Eritrea).

Oltre al Mediterraneo, ci sono attualmente almeno altre tre rotte marittime utilizzate in via prioritaria sia dai migranti che dalle persone in fuga da conflitti o persecuzioni. Dal 1 gennaio alla fine di novembre, nella regione del Corno d’Africa 82.680 persone hanno attraversato il Golfo di Aden e il Mar Rosso nella rotta che dall’Etiopia e dalla Somalia permette di raggiungere lo Yemen o successivamente l’Arabia Saudita e i paesi del Golfo Persico. Nel sud-est asiatico, si stima che siano 54.000 le persone che hanno intrapreso queste traversate via mare nel 2014. In molti casi si tratta di persone in fuga dal Bangladesh e dal Myanmar e intenzionate a raggiungere la Tailandia, la Malesia o l’Indonesia. Nei Caraibi inoltre, sono circa 4.475 le persone che hanno preso la via del mare dal 1 gennaio al 1 dicembre di quest’anno, nella speranza di sfuggire alla povertà o in cerca di asilo.

Molte persone inoltre muoiono o cadono vittime della criminalità organizzata internazionale nel tentativo di intraprendere questi viaggi. Sono 4.272 le vittime che sono state segnalate quest’anno all’UNHCR in tutto il mondo. Tra queste, sono circa 3.419 i morti nel Mediterraneo – diventato il più letale dei tragitti. Si stima poi che 450 persone siano morte nel sud-est asiatico nel tentativo di attraversare il Golfo del Bengala. All’8 dicembre, erano circa 242 le persone morte Mar Rosso e nel Golfo di Aden, mentre sono 71 i morti e i dispersi nei Caraibi secondo quanto riportato all’inizio di dicembre. Le reti di tratta e di traffico di esseri umani nel frattempo prosperano, operando impunemente nelle aree di instabilità o di conflitto e traendo ingenti profitti dai loro disperati carichi umani.

Guterres ha affermato che, concentrandosi su elementi isolati di un problema che per sua natura è multidimensionale e transnazionale – che spesso implica percorsi che si estendono attraverso più confini e lungo migliaia di chilometri – i governi non si stanno dimostrando né in grado di arginare il fenomeno né di porre fine alla tragica morte di numerose persone lungo il percorso.

“Non si può fare ricorso a misure deterrenti per fermare una persona che è in fuga per salvarsi la vita, senza che questo comporti un ulteriore incremento dei pericoli in cui incorre”, ha detto Guterres. “Vanno affrontate le reali ragioni che stanno alla base di questi flussi, e ciò significa guardare al motivo per cui le persone fuggono, ciò che impedisce loro di cercare asilo con mezzi più sicuri, e che cosa si può fare per reprimere le reti criminali che prosperano in questo modo, proteggendo al tempo stesso le loro vittime. Significa anche avere sistemi adeguati per far fronte agli arrivi e per distinguere i veri rifugiati da coloro che non lo sono.”