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Assegni familiari per familiari di lavoratori comunitari (e neocomunitari) residenti all’estero

E’ opportuno chiarire i riferimenti normativi e la prassi da seguire per l’erogazione ai cittadini comunitari – e quindi anche ai cittadini rumeni e bulgari- degli assegni familiari per i familiari residenti all’estero.
Naturalmente, per familiari del lavoratore comunitario si intendono sia i familiari che, a loro volta, siano cittadini comunitari e sia i familiari extracomunitari analiticamente indicati dall’art.3, comma 3, del D.P.R.54/2002 (è peraltro imminente l’ampliamento della schiera dei familiari cui si estende lo status giuridico comunitario, in base alla Direttiva 2004/38/CE, il cui termine per il recepimento negli ordinamenti nazionali è già scaduto).
I riferimenti normativi sono il Capitolo 7 del Regolamento CEE n. 1408/71 e successive modifiche, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della comunità, ed il Regolamento CEE n. 574/72, che stabilisce le modalità di applicazione del Regolamento CEE 1408/71 e successive modificazioni ed integrazioni.

In particolare, l’art. 73 Reg. CEE n. 1408/71 stabilisce quanto segue: Lavoratori subordinati o autonomi i cui familiari risiedono in uno Stato membro diverso dallo Stato competente. Il lavoratore subordinato o autonomo soggetto alla legislazione di uno Stato membro ha diritto, per i familiari residenti nel territorio di un altro Stato membro, alle prestazioni familiari previste dalla legislazione del primo Stato, come se risiedessero nel territorio di questo, fatte salve le disposizioni dell’allegato VI.
L’art. 86 Reg. CEE n. 574/72, applicazione dell’art. 73 Reg. CEE n. 1408/71, dispone quindi che “Per beneficiare delle prestazioni familiari in conformità dell’articolo 73 del regolamento, il lavoratore subordinato è tenuto a presentare una domanda all’istituzione competente, se del caso tramite il datore di lavoro. 2. Il lavoratore subordinato è tenuto a produrre, a corredo della domanda, un certificato relativo ai familiari che hanno la loro residenza nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui si trova l’istituzione competente. Tale certificato è rilasciato dalle autorità competenti in materia di stato civile del paese di residenza di tali familiari, o dall’istituzione del loro luogo di residenza competente in materia di assicurazione malattia oppure da un’altra istituzione designata dall’autorità competente dello Stato membro nel cui territorio essi risiedono. Il certificato deve essere rinnovato ogni anno.”

La ratio di tale normativa è ben esplicitata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, secondo la quale, sebbene i regolamenti in materia di previdenza sociale dei lavoratori migranti non abbiano istituito un regime comune di previdenza sociale, bensì lascino sussistere differenze tra i regimi previdenziali degli stati membri e, di conseguenza, nei diritti delle persone ivi occupate (Caso Caisse de Compensation des Allocations Familiales des Regions de Charleroi et de Namur C. Cosimo Laterza -12 Giugno 1980 – Causa 733/79), tuttavia, allo scopo di garantire ai lavoratori la libera circolazione nella comunità, la normativa comunitaria deve evitare di aggiungere ulteriori disparità a quelle già derivanti dalla mancata armonizzazione delle legislazioni nazionali. Secondo la Corte, infatti, il principio della parità di trattamento vieta non solo le discriminazioni palesi, basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi forma dissimulata di discriminazione che, mediante l’applicazione di altri criteri di distinzione, conduca di fatto allo stesso risultato: è il caso appunto del criterio della residenza dei familiari grazie al quale la normativa comunitaria determina le norme da applicarsi agli assegni familiari del lavoratore migrante (Caso Pinna c. Caisse d’allocations familiales de la Savie – causa 41/84 del 15 gennaio 1986).

Sul punto la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea è pacifica. Si segnala, a titolo esemplificativo, il caso Bronzino (sentenza 22 febbraio 1990 – Bronzino contro Kindergeldkasse Nuernberg – causa 228/88), inerente la questione interpretativa sollevata nell’ambito di una controversia avente ad oggetto il rifiuto della Kindergeldkasse (cassa assegni familiari, in prosieguo) di concedere al signor Bronzino, lavoratore italiano impiegato nella Repubblica Federale di Germania, la prestazione prevista dall’ art . 2, n . 4, del Bundeskindergeldgesetz (legge federale sugli assegni familiari per i figli a carico, in prosieguo “BKGG “), per i figli Rosa, Nunzia e Vincenzo residenti in Ercolano (Italia), dove erano iscritti come disoccupati ed alla ricerca di lavoro presso il competente ufficio di collocamento. Il rifiuto della cassa si basa sulla circostanza che i figli del Bronzino non si trovavano, sul territorio dove si applica la BKGG, a disposizione dell’ ufficio del lavoro in quanto disoccupati, condizione per la concessione di assegni per figli a carico disoccupati che abbiano compiuto il sedicesimo anno d’età, ma non ancora il ventunesimo (si veda ora, per quanto attiene la soppressione del limite di età dei ventun’anni, quanto disposto dalla Direttiva n. 2004/38/CE, non ancora formalmente recepita nell’ordinamento nazionale nonostante la scadenza del termine all’uopo previsto). La Corte statuì che l’ art . 73 del regolamento CEE n . 1408/71, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’ interno della Comunità, dev’essere interpretato nel senso che, qualora la normativa dello Stato membro erogatore di determinati assegni familiari esiga, come presupposto per la loro concessione, che il familiare del lavoratore si tenga a disposizione, come disoccupato, dell’ufficio del lavoro del territorio in cui si applica detta normativa, il presupposto deve considerarsi soddisfatto qualora il membro della famiglia si tenga a disposizione, come disoccupato, dell’ ufficio del lavoro dello Stato membro in cui risiede.

La normativa di cui sopra si applica anche ai cittadini rumeni e bulgari a decorrere dal 1° gennaio 2007, così come dichiarato dalla Comunicazione INPS del 29.01.2007 ed ancor più precisamente dalla Comunicazione INPS n. 3261 del 5 febbraio 2007.

Pertanto, il lavoratore dipendente cittadino rumeno che intenda chiedere gli assegni familiari per i familiari residenti in Romania, dovrà presentare alla sede I.N.P.S. competente per territorio il modello ANF.42 compilato con i dati dei familiari per cui sussistono i requisiti corredato dalla seguente documentazione: stato di famiglia in Italia, stato di famiglia del luogo di origine e certificato di residenza tradotti e legalizzati (nel caso della Romania, è sufficiente l’Apostille in luogo della legalizzazione).
Il mod. ANF.42, di cui si allega copia, è la domanda di riconoscimento del diritto ad includere determinati familiari nel nucleo familiare, tra cui i familiari di cittadini italiani o stranieri residenti all’estero. In particolare, in segnala che nel caso di lavoratore rumeno o bulgaro, la “decorrenza” che dovrà essere indicata nel modulo è il 1° gennaio 2007.
In seguito, l’INPS rilascerà al lavoratore il mod. ANF.43 da consegnare al datore di lavoro insieme al ANF.DIP (se trattasi di lavoratore dipendente).
Tutti i moduli sono facilmente scaricabili dal sito www.inps.it alla sezione “moduli”.

Avv. Marco Paggi