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Assistenza sanitaria dei richiedenti asilo dalla Libia, lo Sportello Migranti del TPO scrive a Unar

Osservazioni sui possibili aspetti discriminatori della Circolare della Regione Emilia Romagna in materia di assistenza sanitaria ai richiedenti asilo provenienti dalla Libia

Dopo aver segnalato i profili discriminatori della Deliberazione della Giunta Regionale del 11 aprile 2011 n.487 e delle indicazioni della Regione Emilia Romagna del 15.04.2011- circolare PG/2011/96394 per l’assistenza sanitaria dei cittadini tunisini titolari del permesso di soggiorno ex art. 20, lo Sportello Migranti del TPO scrive a Unar ed al Difensore Civico Regionale per chiedere una verifica sui possibili aspetti discriminatori nell’accesso alle cure sanitarie dei migranti arrivati durante la guerra in Libia a Lampedusa e trasferiti come richiedenti asilo nelle regioni italiane, come previsto dal Piano di Accoglienza Profughi stabilito con l’accordo tra Regioni e Ministero dell’Interno.

Tra le disposizioni contenute nella Circolare Regionale su cui vengono sollevate criticità, quella di limitare la possibilità dell’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale a chi è in possesso del permesso di soggiorno per richiesta asilo o della sua ricevuta. Grave limitazione, poiché non viene considerato che allo stato attuale, almeno il 49% dei migranti inseriti nel Piano di Accoglienza presenti nella sola provincia di Bologna non ha ancora ottenuto il primo permesso per richiesta asilo; mentre il 35,4% non è ancora stato convocato per la compilazione del modulo C3 con cui si da avvio formale alla richiesta di protezione internazionale (Dati dell’Osservatorio Provinciale delle Immigrazioni della Provincia di Bologna).

Disposizioni con possibili effetti discriminatori in materia di assistenza sanitaria per richiedenti/titolari di protezione internazionale in Emilia Romagna: segnalazione

La Regione Emilia Romagna con circolare n. 215405 dell’8 settembre 2011 indirizzata alle Aziende e strutture sanitarie, ha dato, testualmente, “indicazioni per l’organizzazione di modalità omogenee e adeguate di assistenza sanitaria agli immigrati appartenenti ai popoli del Nord Africa (richiedenti asilo: art.5) per il superamento dell’emergenza umanitaria nel territorio”.
Considerato anche il prolungamento dello “stato di emergenza” disposto dal governo italiano all’inizio di ottobre, verificati i primi effetti di tali indicazioni regionali ed analizzate in connessione logica con le disposizioni relative all’assistenza spettante alle persone con permesso ex art. 20 T.U., contenute nella Deliberazione della Giunta Regionale del 11 aprile 2011 n.487 e nelle indicazioni della Regione Emilia Romagna del 15.04.2011-circolare PG/2011/96394, si ritiene opportuno segnalare i seguenti punti:

1) Si nota una notevole approssimazione nel definire i destinatari. Indicarli come “popoli del Nord Africa”, considerando la condivisa individuazione di tale area geografica, espone a rischi di discriminazione una rilevante componente dei flussi di fuga giunti in Italia nel 2011, ovvero coloro che pur avendo seguito i medesimi percorsi appartengono a popolazioni di Stati subshariani (notoriamente non dell’area nord del continente) o anche asiatiche (pakistani, bangladeshi etc).
Sarebbe opportuno precisare esplicitamente che le persone interessate da queste disposizioni sono quantomeno tutti coloro (a prescindere dall’appartenenza nazionale) che sono stati “accolti” nella cosiddetta “gestione emergenziale”, da aprile fino ad oggi.

2) La circolare afferma: “Al fine di garantire l’assistenza sanitaria, gli stranieri che hanno richiesto il permesso di soggiorno per asilo, all’atto dell’esibizione della ricevuta della Questura agli uffici delle Aziende Sanitarie, potranno ricevere l’iscrizione al SSN, con possibilità di scelta del Medico di Medicina Generale/Pediatra di libera scelta, avente validità di 6 mesi”.
Ciò è insieme irrealistico ed errato, concettualmente e giuridicamente.
E’ errato dire che “potranno ricevere l’iscrizione”: secondo l’art. 34 del T.U. Immigrazione, l’art. 42 del Regolamento attuativo e la Circolare 5/2000 del Ministero della Sanità, per i richiedenti asilo l’iscrizione al SSN è obbligatoria, non è una possibilità o una concessione episodica. La mera “possibilità” espone i soggetti indicati al rischio di discriminazione rispetto ad altri soggetti di parei condizione giuridica (richiedenti protezione internazionale esterni alla “gestione emergenza”).
La richiesta di ricevuta rilasciata dalla Questura è in larga parte irrealistica: a mesi di distanza dal loro arrivo, risulta che decine di persone, in Emilia Romagna ed in altre regioni, sono prive di permessi o ricevute, spesso nemmeno hanno potuto procedere alla verbalizzazione della richiesta su modello C3.
Nonostante quanto previsto dalla Direttiva UE sull’Accoglienza 2003/9/CE (art. 6 c. 1), ciò avviene a causa dell’abnorme sovraccarico di lavoro dei competenti Uffici delle questure o comunque per esigenze organizzative degli uffici.

Si ritiene inoltre che la richiesta di ricevuta/permesso quale condizione d’accesso all’assistenza sanitaria, confligga con un principio giuridico largamente condiviso, ossia che la presentazione della domanda di asilo possa avvenire anche in via verbale o attraverso manifestazioni comportamentali che palesino una manifestazione di volontà di chiedere la protezione internazionale da parte del richiedente, pertanto la condizione giuridica del richiedente asilo è tale anche in assenza di cedolino, ricevuta, attestato o permesso per richiesta asilo. Le prassi organizzative degli uffici che ricevono le domande e quindi la necessità di distanziare il momento della verbalizzazione e della consegna di una ricevuta o dello stesso permesso di soggiorno non cambiano la condizione del richiedente asilo, che è tale anche prima che l’amministrazione avvii il procedimento di accertamento della sua condizione. La Direttiva 2003/9/CE prevede che tutte le misure assistenziali e non solo quelle relative al vitto ed alloggio, siano attivate da subito: esse non possono essere rifiutate in assenza di ricevuta di richiesta del permesso di soggiorno poiché l’assenza di tale ricevuta non dipende dal richiedente asilo ma dalle esigenze organizzative dell’amministrazione.

E’ evidente che queste persone, ospitate in strutture individuate dallo Stato italiano tramite Protezione Civile, hanno espresso, essendo l’unica possibilità, intenzione di chiedere protezione: quindi fin dal momento di presa in carico da parte di autorità/istituzioni operanti in accordo col Ministero dell’Interno sono ad ogni effetto da considerare “richiedenti asilo”.

Riteniamo sostanzialmente infondata la richiesta di ricevuta (cedolino) o permesso per richiesta asilo come precondizione d’iscrizione al Servizio Sanitario: è evidente che ciò implicitamente equivale ad escludere una parte dei “profughi”, causando sia una mancata/parziale tutela della salute sia una possibile discriminazione tra persone con medesima condizione giuridica.
L’art. 13, c. 1 della Direttiva Accoglienza afferma che “Gli Stati membri provvedono a che i richiedenti asilo abbiano accesso alle condizioni materiali d’accoglienza nel momento in cui presentano la domanda di asilo”.

Pertanto, il sistema di accoglienza per i richiedenti asilo, incardinato sulla gestione commissariale di Protezione Civile Nazionale, avrebbe dovuto effettivamente essere organizzato in modo da garantire immediata accoglienza (in senso completo, non solo vitto e alloggio) a partire dalla manifestazione di intenzione di domandare protezione.
Anche qui, va notato che (qualora si verificasse) sarebbe inammissibile una ulteriore differenziazione di accesso ai servizi tra i richiedenti protezione interni alla “gestione emergenza” e quelli che richiedono asilo dopo esser arrivati per altri percorsi (pensiamo ad es. ai cittadini afghani). A pari condizione giuridica va garantito pari trattamento.

3) Rispetto alla durata dell’iscrizione (e del relativo tesserino) la Circolare dispone che essa sia di 6 mesi per richiedenti in possesso di ricevuta della questure e di un anno “per coloro che sono già in possesso dei permessi di soggiorno per asilo”.
Non è chiaro cosa si intenda per “permessi di soggiorno per asilo”.
Se riguardasse coloro a cui è già stato riconosciuto uno status di protezione (normalmente sul permesso di questi ultimi è apposta la dizione “asilo” o “asilo politico”), ciò costituirebbe un’ulteriore discriminazione ai danni degli accolti in “gestione emergenza”, considerando che un rifugiato (titolare di protezione) ha un permesso di soggiorno a tempo indeterminato rinnovato ogni 5 anni, mentre la protezione sussidiaria ne dura tre, prorogabili.
Dunque l’iscrizione dovrebbe avere esattamente quelle durate e non essere limitata ad un solo anno.

Si chiede pertanto di accertare i possibili aspetti discriminatori contenuti nelle disposizioni della Regione Emilia Romagna indicate nella presente segnalazione.

Sportello Migranti TPO
in collaborazione con ass. Ya Basta! Bologna
Via Casarini 17/4 Bologna